Vittorio Pitzalis - Andrea Giacomini - Talkin' Blues - - interviste - Cagliari Blues Radio Station - Simone Murru - 2020 - Sa Scena - 5 aprile 2020

Talkin’ Blues – Intervista a Vittorio Pitzalis

Simone MurruInterviste

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Un’appassionante chiacchierata con il bluesman cagliaritano per la rubrica , in collaborazione con

Intervista di Simone Murru

Vittorio Pitzalis, classe 1960, inizia a strimpellare la chitarra all’età di cinque anni. Scopre e si appassiona al nel 1978. Questo lo spinge a studiare, suonare e cantare quel genere.

Nel ‘93 forma il suo primo power trio, The Blues Worshippers, con cui nel 1994 vince la terza edizione di Narcao Blues, l’anno dopo vince il festival Ai Confini Tra Sardegna e Jazz di Sant’Anna Arresi, nel quale apre il concerto di Bo Diddley. Nel 1996, grazie a questa vittoria, partecipa alla sedicesima edizione di Pistoia Blues Festival rappresentando la Sardegna. Anno 2000, al Molo Ichnusa apre il concerto di Robert Plant, ex leader dei Led Zeppelin, e nel 2017 arriva il suo primo disco dal titolo Jimi James, prodotto dalla M.G.J.R. Records Jane-Studio di Cagliari, vince il Premio Mario Cervo, come uno dei quattro migliori dischi del 2017 in Sardegna e il Plettro D’autore alla carriera consegnatogli da Antonio Sardu su un’idea dell’orafo Nanni Rocca al Teatro Massimo, il 18 novembre 2017, in occasione della presentazione del disco.

Nel 2018 a luglio vince il DELTABLUES di Rovigo che gli permette di raggiungere gli U.S.A. e rappresentare l’Italia nel 35° International Blues Challenge di Memphis nel Tennessee.

Come e quando è nata la tua passione per la musica e il blues?

Credo di essermi appassionato alla musica nel 1965. I miei fratelli mi bombardavano di Beatles e Rolling Stones quindi era destino che dovessi imparare a suonare qualcosa. Mentre come è nato il mio amore nei confronti del Blues, non te lo saprei dire. Ma quando me lo ricordo benissimo: 1978, tra marzo e aprile durante una delle tante “vele” a scuola, andammo a casa di un mio amico e durante i soliti cazzeggi post-studio lui mise un audio-cassetta con dentro un brano di Eric Clapton, I Can’t Hold Out! Uno “slow” bellissimo. Nei credits, però, il brano non era a nome Clapton ma bensì era attribuito a un tale che si chiamava Elmore James. Ho cercato quel brano con i pochi mezzi che avevo al periodo, ma quando lo sentii la prima volta, forse a Radio Alter, una radio libera alternativa in completa monofonia di Cagliari, fu uno uno shock e fu così che vidi la “Luce”.

Vittorio Pitzalis - Francesca Ardau - intervista - Simone Murru - 2020 - Talkin' Blues - Sa Scena Sarda
Foto di Francesca Ardau

C’è qualcuno in particolare a cui ti sei ispirato quando hai iniziato a suonare?

Iniziai a suonare la chitarra – una vecchia classica Catania con corde in acciaio – nel 1965 grazie alle incursioni in camera da pranzo per vedere il mio brother con i suoi compagni di gruppo suonare il beat. Ma nel 1970, io, che ero patito della P.F.M., scoprii grazie a mio fratello un chitarrista che mi cambiò la vita: lui era Jimi Hendrix. Sentii il brano Machine Gun: era come sentire un suono extraterrestre, mi sconvolse le poche teorie che avevo faticosamente imparato alla chitarra. Hendrix fu senza dubbio la mia ispirazione.

Parlaci del tuo disco.

Jimi James è il mio primo lavoro, nato quasi per caso grazie alla determinazione del mio produttore Michelegiuseppe Rovelli. Un sogno. Senza di lui e senza la mia compagna Big Mom non ce l’avrei mai fatta. Un disco molto intimo, che mi piace un casino, come è piaciuto alle tantissime persone che lo hanno acquistato. Ha dei suoni strepitosi grazie a Marti Jane Robertson, l’ingegnere del suono.

Il mio progetto attuale? Certo, c’è, ma chiedete al COVID-19 (risata, ndr).

Quanto ha venduto “Jimi James”?

Disco più disco meno, 800 copie.

Vittorio Pitzalis - Francesca Ardau - intervista - Simone Murru - 2020 - Talkin' Blues - Sa Scena Sarda
Foto di Francesca Ardau

Clicca sulla copertina di Jimi James per ascoltare il disco su Spotify

Quale canzone del tuo repertorio consideri più rappresentativa e perchè?

Dovrei citarne almeno tre. Una è I See The Dawn In Mississippi, perché poter vedere l’alba in America e, in questo caso, a Memphis è stato per me sempre un sogno, divenuto realtà nel gennaio del 2019. L’altra è Jimi James perché la morte di Jimi, il mio adorato gatto, e tutta la storia che è ricamata attorno a lui mi ha fatto davvero soffrire. In fine direi Big Mom Alby perche Lei è stata ed è ancora la mia speranza, la mia positività, la mia rinascita, la mia salvezza. Il mio tutto!

A proposito di Memphis, ci parli della tua esperienza negli U.S.A.

Memphis. Vivo ancora intensamente quel sogno – narrato in I See The Dawn In Mississippi, scritta nel 1994 – poi realizzato. Proverò a raccontare come tutto è nato. Nell’aprile 2018 con il mio produttore decidemmo di spedire un paio di miei brani tratti da Jimi James a qualche festival Blues. Nessuno ci diede attenzione e come ultimo tentativo proposi di contattare anche il DeltaBlues di Rovigo, presso il quale mi esibii dodici anni prima, Senza pretese né velleità alcune, com’è mio solito.

Invece, prima ci avvisarono che i brani erano piaciuti ed erano entrati in semifinale, poi che avevo raggiunto la finale. A luglio andai a Rovigo per la finale e trovai un’accoglienza che credevo fosse riservata solo alle star internazionali. Ritrovai tra i quattro artisti in finale un mio “mito” che conobbi proprio dodici anni prima: Mauro Ferrarese, un chitarrista con i fiocchi. Gli dissi: “Con te in gara non ho speranze”. Ma non mi importava, ero tra i quattro migliori in Italia, almeno per il 2018. E invece? Vinsi a mani basse e senza l’aiuto di nessuno. Dopo il mio set mi si avvicinò un tipo grosso, vestito di nero, con occhiali e baffi folti che mi disse a fine esibizione: “Tranquillo, tu hai vinto, fidati” e aggiunse “Sei un vero uomo di Blues”. Quell’uomo è Enzo Valsecchi, per gli amici Orso, con il quale siamo ancora in contatto. La certezza della vittoria la ebbi la domenica dopo e fu Williboy Taxi (ndr. frontman dei Dirty Hands) ad avvisarmi che avevo vinto Rovigo mentre cominciarono subito ad arrivare al telefono tantissimi messaggi di auguri.

Il premio? Rappresentare l’Italia al 35° I.B.C. (International Blues Challenge Di Memphis Tennessee). America, ragazzi, A-ME-RI-CA! Aspettavo questo momento da quarant’anni!

Così partimmo in aereo il 18 gennaio del 2019 intorno alle sette del mattino da Cagliari con il mio produttore Michele Rovelli, Marti Jane Robertson e la mia compagna-badante Alby. Una paura indescrivibile. Dopo diciassette ore circa di volo e quattro aerei diversi, arrivammo intorno alle ventitrè circa a Memphis in una nottata di pioggia. In aeroporto il Blues suonava a volume giusto. WOW, indescrivibile! Arrivammo a casa, a Memphis centro, verso l’una di sabato mattina. Toccare l’acqua del Mississippi è stato di un eccitante inenarrabile. La mia produzione strinse anche un accordo con la RED ROSE Productions di Flavio Ibba, noto produttore Sardo ormai stabilizzato a Milano, per la produzione e realizzazione delle riprese inerenti il live, il backstage dei concerti e di un documentario dove racconto la mia vita. Ci tengo a ringraziare la RED ROSE per lo sforzo immenso, considerati i costi, e per avermi fatto conoscere Andrea Jako Giacomini che ha curato la realizzazione delle riprese. Durante le riprese di una scena sulla riva del fiume, Michele fece la diretta su facebook e da tutta Italia arrivarono ancora messaggi di auguri e complimenti, soprattutto dalla Sardegna, io non ressi e con il dobro tra le mani, sulla riva del Mississippi cominciai a piangere rendendomi conto di quanta gente mi volesse tanto bene e mi stimasse.

Com’è stato suonare a Memphis? Ci racconti com’è andato il concorso?

Feci solo tre concerti tutti nei locali di Beale Street, la principale via del Blues in città, non superai i quarti di finale ma finalmente ero riuscito a confrontarmi con il resto del mondo. Ebbi comunque delle belle conferme: alcune mi furono dette dai giudici dell’I.B.C.: “Totale padronanza dello strumento, voce bellissima” e “Tu sei davvero un suonatore di Blues. Peccato per il tuo nervosismo.” Piansi, senza farmene accorgere. Una rivincita verso me stesso e verso quei pochi che mi aveva sempre denigrato. Due cose mi cambiarono completamente la vita: aver inciso tre brani del mio disco alla Sun Records, uno dei tre studi di incisione più famosi al mondo, e poi – WOW! – Graceland, l’impero di Elvis Presley, e per quanto sino a quel momento i miei idoli nel rock ‘n’ roll erano Chuck Berry e Jerry Lee Lewis, dopo quasi tre ore di visita alla sua casa e al suo museo mi innamorai artisticamente di Elvis che mi batte il cuore ancora adesso mentre ne parlo.

In conclusione Memphis è stata un’esperienza indimenticabile, intensa, emozionante che auguro di provare a qualsiasi musicista che abbia un minimo di obiettivo nel Blues e in generale a tutti gli altri.

Rientrammo se ben ricordo il 29 gennaio a Cagliari. Dopo altre quindici ore circa di voli. A proposito, ”jet lag”, piacere di averti conosciuto!

Foto di Jane Studio

Come nascono i tuoi pezzi?

Dico sempre che non sono un songwriter con i fiocchi, anzi. Non ho un processo creativo particolare. Una canzone può nascere in un giorno o in un’ora o in un mese, dipende da tanti fattori e soprattutto dal mio umore. Non ho scadenze da rispettare, voglio solo tranquillità e/o un particolare “clic” nella testa.

Ci parli di un tuo brano speciale?

Si. JIMI JAMES!!! Nacque qualche giorno dopo la morte di Jimi James, il mio adorato gatto, il 19 marzo del 2013 La morte di Jimi mi sconvolse cosi tanto che giurai a me stesso che avrei scritto una canzone per lui. La feci sentire al mio Produttore nel tardo 2016. Ero convintissimo me la scartasse. E invece…

Che legame c’è con la tua storia e il Blues?

Ho sempre sostenuto che c’è un legame tra me e i suonatori di Blues degli anni venti, trenta, quaranta. Come tantissimi Bluesmen del periodo non mi posso permettere di programmare un futuro e devo vivere alla giornata. Credo sia molto facile spacciarsi per Bluesman per il solo gusto di suonare il Blues: il suonatore di Blues è quello che la notte prima va a letto e dice “Bene, oggi è andata, domani si vedrà”.

Facile parlare di sofferenza e poi tornare a casa al caldo con un pasto già pronto e un posto di lavoro sicuro.

Per me non è proprio così. Son spesso stato criticato per questo mio pensiero. Frasi idiote tipo “Mica è colpa mia se sei nella merda!” credo diano l’idea dell’ignoranza e facciano emergere quel senso di razzismo nei confronti di una persona che per varie cause se la passa male. Ci si faccia un’esame di coscienza oppure si può anche stare zitti. Ci sono stati migliaia di Bluesmen come me, anzi anche molto peggio di me, per condizione sociale.

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Vittorio Pitzalis – foto di Andrea Giacomini

Quali sono i tuoi gruppi di riferimento?

Cream, Led Zeppelin, Rolling Stones, Black Sabbath, soprattutto The Jimi Hendrix Experience, mentre in Italia ero un fan accanito del Bennato degli anni settanta.

Il tuo miglior concerto?

Credo il concerto a Occhiobello (Rovigo) lo scorso anno. Quarantacinque minuti da incorniciare, ero in completa trance e diedi tutto me stesso rendendomi ancora più conto che da solo potevo fare ciò che volevo, quando volevo e come volevo, senza nessuno che mi tenesse per le redini. E il pubblico questo lo capì molto bene.

Quali, invece, i migliori concerti da spettatore?

1976, Palazzetto dello Sport di Cagliari. Gli Area: spettacolari, incredibili, stratosferici.

Cosa stai ascoltando in questo periodo?

Ascolto molto Blues ma anche tanto Rock, Punk, molto Jazz, il Country-Rock. Ascolto tutto tranne l’Italiano. In questo momento non mi trasmette nulla, almeno questa è la sensazione.

Collabori con diversi progetti, quale ci vuoi raccontare?

Senza dubbio quello con un Bluesman cagliaritano che si chiama William Rossi, meglio noto come Willi Boy Taxi.

Mi piace l’idea che ha del Blues e come suona l’armonica. Ci completiamo a vicenda. E poi non nasconde il suo rispetto profondo per me. Tutto ciò mantiene vivo e virtuoso il nostro progetto.

C’è un disco che ti ha cambiato la vita?

Electric Ladyland di Jimi Hendrix, e anche Led Zeppelin 1. Blues-Rock allo stato puro, ma Jimi è Jimi.

Ci parli del tuo pubblico o di qualche episodio in particolare che ha coinvolto il tuo pubblico?

Il mio pubblico è il pubblico di tutti, credo. Quando sono in forma e il pubblico si fa coinvolgere da me è inebriante. Poi, anche se ciò forse c’entra poco, una volta una donna si presentò sotto il palco a fine concerto e mi porse due rose rosse. Indimenticabile.

Hai dei consigli musicali per i nostri lettori?

Ascoltate, ascoltate, ascoltate e solo successivamente potrete giudicare, apprezzare o criticare.

Consigli libri o riviste blues?

Di sicuro consiglio a tutti il libro di Roberto Menabò Rollin’ And Tumblin’ (Vite affogate nel Blues) di Arcana Editore, mentre per le riviste consiglio Il Blues – trimestrale di musica e cultura Blues, che ora si trova solo in digitale e non più cartaceo purtroppo.

Foto di Jane Studio

La musica rappresenta il tuo unico lavoro?

Se di lavoro si può parlare allora si, faccio solo questo.

Come immagini il blues del futuro?

Non ne ho idea. Per conto mio più passa il tempo e più mi piace il Blues delle origini, elettrico e/o acustico che sia. Non so se sia il caso di provare a sventrare le radici per vedere se c’è da far qualcosa di nuovo. Del resto, non ce lo ha ordinato il medico di farlo. Ma chi vuole lo può fare, io senz’altro no. Sarò sempre fedele agli insegnamenti di Robert Johnson, Charlie Patton, Elmore James, Gary Davis, Lightnin’ Hopkins, Muddy Waters, i tre King e tanti altri.

Un musicista da consigliare, italiano e internazionale?

Un musicista italiano? Ne suggerisco tre: Fabio Treves, Fabrizio Poggi e Francesco Piu ma meriterebbero almeno altri venti artisti. Un musicista locale? Non ne ho idea, anche se vorrei davvero risentire Sammy Marchisio di Sassari. A livello internazionale chi se non “Mr. Slowhand”, Eric Clapton?

Foto di Jane Studio

Saluta i nostri lettori e invitali ad ascoltare la tua musica.

Se non avete ancora il disco, potete ascoltarlo su Spotify, mi risulta che sia ancora là. Per acquistarlo invece potete entrare sul sito janestudio.it. Altrimenti posso venderlo io personalmente ma ora bisogna chiedere il permesso a COVID-19. Un abbraccio a tutti, e come sempre Lunga Vita Al Blues! by Black Victor.

Grazie a e “Lunga vita a te e al Blues“!

Simone Murru, Cagliari Blues Radio Station

Foto di copertina e foto 4 di Andrea Jako Giacomini
Foto 1 e foto 2 (Copertina del disco Jimi James) di Francesca Ardau
Foto 3, foto 5 e foto 6 di Jane Studio