Telephant - I'm a Quicksand - La Mansarda - Bandcamp - ascolti - 2020 - Sa Scena Sarda

I’m a Quicksand – Telephant

Luca GarauMusica, Recensioni

Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. La legge di Lavoisier, che tanto ha svelato riguardo l'evoluzione dell'universo, dal big bang a oggi, può essere presa in prestito per raccontare ciò che ciclicamente accade nelle realtà musicali più circoscritte: a cascata, da Louisville, al jazzcore romano, fino alla Sardegna.

I sono una fulgida dimostrazione empirica del teorema: tutti atomi di precedenti e affermate formazioni – June, Piramide di Sangue, Takoma, Golfclvb – si sono rimescolati per formare un nuovo elemento che in I'm a Quicksand ha trovato la sua forma, per il momento, definita. Il risultato è un album genuinamente pop, o meglio alt-pop, per utilizzare anche qui l'ossimoro che la stampa di settore ha riservato a gente come of Montreal, Belle & Sebastian, Shins.

We've been working on our first album (I'm a quicksand) since Autumn 2018”. E così il disco ha visto le stampe il 20 novembre 2020, al termine di una lunga gestazione, cosa rara di questi tempi, durante la quale i quattro hanno svolto un egregio lavoro di definizione dei dettagli fino a sfornare il prodotto immaginato e voluto. Si riscontra infatti una puntale concordanza tra idea e azione raggiunta attraverso la composizione e la rifinitura dei pezzi, che pur nella loro disomogeneità stilistica, assicurano tensione costante all'intera tracklist. Si spazia, con giudizio, ma si spazia: dai synth sfacciatamente 80 di Everyday, alla chitarra ipercompressa di It's hard, che strizza l'occhio a Byrne, fino ai suoni quasi 808 di Love is a Place. Va detto che, oltre a melodia e arrangiamenti, ciò che traspare è la dedizione nella fase di postproduzione. In questo, oltre al gusto dei quattro, c'è probabilmente la mano di Gambula, che poggiati gli strumenti e adagiatosi dietro al banco, ha dato il meglio di sé, forte, anche, dell'esperienza maturata in altri lavori (Pussy Stomp, Moongaze, Ahead/Astern). L'overdub sulle voci di Mirco Pilloni, la scelta del colore più adatto ai ritardi, il panpot che, attraverso tecniche e scelte prese in prestito dall'elettronica, diventa anch'esso strumento: tutto si è svolto con un'attenzione quasi manichea al dettaglio che fa sempre piacere. E non meno incisiva è stata l'impronta data dal master, affidato al Bigsnuff Studio di Berlino e a Nene Baratto (Movie Star Junkies) che già in passato è apparso nei crediti di diversi album cardine della scena alternativa nostrana (Love Boat, Rippers, Vanvera).

Forte della sinergia raggiunta tra estro compositivo e tecnica di produzione, I'm a Quicksand è, senza timore di smentita, un disco maturo nella sua interezza: scapigliato e scanzonato nel mood, ma decisamente razionale nel suo confezionamento. 

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