Angus Bit – NOBA

Simone La CroceMusica, Recensioni

I musicisti in questi tempi sono sempre più chiamati a stupire. Nuovi suoni, nuove voci, nuove forme espressive o compositive. Una corsa al colpo di scena che genera frenesia, tanto nelle aspettative della critica quanto in quelle del pubblico. Nicolò Angius, ormai noto alla nostra piccola fetta di pubblico, la sua parte di stupore l’ha generata. Prima con Grasshopper, ormai sei anni fa, poi con Jazz Things and Other Stuff e Aria, il suo ultimo lavoro del 2023. Lo ha sempre fatto andando a armeggiare in un passato noto ma non necessariamente accessibile. Oltre a essere stato bravo a renderlo tale, Nicolò è stato anche capace di attualizzarlo. E forse sta qui la sua cifra.

Oggi esce con questo nuovo lavoro, NOBA, e ancora una volta tenta di titillare a suo modo l’interesse di chi ne ha seguito la parabola artistica fino a questo punto. Ci riprova pescando nel conosciuto, sorprendendo con discrezione senza inventare niente, semplicemente mettendo insieme un disco elettronico corposo, strumentale, senza sample altrui e interamente suonato. In questo, sì, un cambio deciso nel suo modo di comporre ed eseguire i brani, che si rifletterà in maniera radicale nella dimensione live. L’immaginario è quello urban del trip-hop anni novanta, le atmosfere non sono quelle piovigginose del Somerset, ma, as usual, quelle a lui familiari: la cameretta dove lo ha composto e suonato, le campagne assolate, le strade del paese, i vicoli ventosi della città. “NOBA è meravigliarsi per l’ordinario, per le parole, per gli scambi e gli incontri oltre gli schermi, per i paesaggi che avvolgono con i loro suoni” dice lui stesso. Concetto che nel disco si traduce in una narrazione comprensibile – in quanto nata proprio da ciò che Nicolò conosce meglio – ma non scontata, che abbandona gli elementi della tradizione ripresi in Aria per far spazio a un sound più internazionale: downtempo, suoni Lo-Fi, field recording, glitch, chicche varie, poco cantato e linee strumentali morbide, robuste e mai aggressive. Il tutto è impreziosito dalla collaborazione di Riccardo Spada, suo sodale nel nuovo progetto Feruja, e dall’ormai onnipresente Sebo che ne ha curato le grafiche. 

NOBA è un disco fatto bene, solido e variegato. Quasi cinquanta minuti di musica chillosa di fascia più o meno cardiaca – 80-120 bpm per capirci – e, dettaglio non secondario, è anche autoprodotto, autofinanziato e indipendente. Un disco alla vecchia verrebbe da dire, da camera e fatto in camera, che trova la propria dimensione nella sua totalità. Un lavoro da ascoltare dall’inizio alla fine che ben poco ha della fugacità liquida che caratterizza tante, troppe, recenti produzioni e che dimostra come sia sempre possibile fare buona musica senza necessariamente inseguire il sensazionalismo a tutti i costi.

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