Basstation, foto di Alessio Ortu

È tutta scena! – Teo Mannu Basstation

Simone La CroceÈ tutta scena!, Interviste

, una delle realtà di clubbing più attive nell’isola, festeggia nel 2024 i vent’anni di attività. L’ideatore è Teo Mannu, che negli ultimi decenni si è dedicato, inevitabilmente, anche a tante altre attività, in Sardegna ma anche fuori dall’isola, tra cui fotografia, visual art, editoria, film, organizzazione di eventi, produzione, educazione e formazione. Il suo background spazia quindi tra le discipline più disparate e i suoi trascorsi lo hanno visto incontrare e raffrontarsi con tante diverse realtà che in un modo o nell’altro hanno a che fare con il mondo della musica. Lo abbiamo raggiunto per farci raccontare le sue esperienze – tra cui ovviamente Basstation, ma anche Futura Tech Music, Safer Night Goals Cagliari, In Memory of the Future, Neo.Stone Jazz – e chiedergli il suo punto di vista su alcune questioni, per noi sempre cogenti, come i rapporti tra i diversi stakeholders del mondo del clubbing, quindi organizzatori di eventi, musicisti, locali e amministrazioni pubbliche, e come essi a loro volta si rapportano con la città, gli spazi e il pubblico.

Ciao Teo, ti abbiamo presentato nell’introduzione, ma, considerato il tuo background, vorremmo sentire una tua versione dei fatti. Per iniziare ti chiederei di raccontare cosa hai fatto finora e di cosa di occupi in questo momento.

Inizio ringraziandovi per lo spazio. Sa Scena si tinge di clubbing, sono contento.

Dal 2004 mi occupo a tempo pieno di Basstation, promuovendo la cultura da club e la musica techno in varie forme. Come accade spesso negli ambienti DIY, sono stato felicemente obbligato all’auto-formazione nel settore musicale e poi a professionalizzarmi. Così man mano mi sono ritrovato a lavorare anche per altre produzioni, artisti, etichette. E un mestiere in tasca.

In queste settimane festeggiamo il ventennale mentre lavoro a un seguito che divide le attività di Basstation tra la Sardegna e l’estero in maniera ancora più massiva rispetto a oggi. Intorno alla techno poi mi sono occupato di fotografia, visual art, editoria, sociale, spingendomi fino alla produzione dello short film “Mamba Negra – The Sound and Fury of Sâo Paolo”. Mi preme rappresentare un mondo ricco di codici.

Tra gli eventi, attualmente mi occupo di Neo.Stone Jazz, con il musicista Saffronkeira (Atti D’arte) e Alessio Caria (Casa Caria), che è stata anche l’occasione del nostro incrocio. Con la sua ideatrice Grand River, un’artista italo-olandese di fama internazionale, curo anche un’etichetta di musica sperimentale che si chiama One Instrument, il cuore dell’iniziativa è evidenziata subito dal nome. Negli ultimi due anni, infine, ho dedicato tanto del mio tempo allo sviluppo di Futura Tech Music, una nuova realtà nel mondo del Terzo settore, fondata con tre socie, che intende portare avanti attività educative e formative.

Basstation live a Campidarte – Foto di Francesco Deiana

Non poca carne al fuoco, insomma. Tra le righe di questa rubrica abbiamo avuto modo di dare spazio, per fortuna, anche a progetti formativi in ambito musicale. Quindi direi di partire da quest’ultima iniziativa. Dicci qualcosa di più.

È uno dei progetti più importanti che vedo davanti a me al momento, uno snodo con il resto dei progetti che seguo nell’ambito della produzione. È nato con la certezza che la musica elettronica possa creare innovazione, non solo culturalmente o a livello tecnologico, ma anche a livello sociale. Le attività educative e formative saranno economicamente accessibili a tutt*. Al momento siamo concentrat* su bambini e adolescenti e saremo ospiti del Centro Culturale Lazzaretto S.Elia. Vogliamo democratizzare l’accesso alle tecnologie e trasmettere il potenziale artistico che nascondono rispetto alla musica. Far convivere l’idea di un progetto altamente performativo e d’ispirazione imprenditoriale con una missione sociale, è l’obiettivo che intendiamo sviluppare gradualmente nei prossimi anni.

Arriviamo ora a Basstation, sicuramente tra i tuoi progetti più importanti. Come dicevi quest’anno compie vent’anni e per celebrare questo traguardo il 19 ottobre partirà dall’Anyway di Cagliari un tour che che toccherà Milano (il 26/10 al Tempio del Futuro Perduto), Berlino (il 02/11 al Tresor) e Porto (il 09/11 al Gare). C’è una ragione dietro la scelta di queste tappe?

Si direi che non è per niente casuale. Anyway Club è lo stesso spazio dove Basstation è cresciuta, il Micro Klub, di cui ero anche co-gestore al tempo. Milano è la città in Italia dove ho realizzato più eventi già dal 2009, sempre come Basstation, e dove continuo annualmente con una residenza al Tempio del Futuro, sempre con gli stessi amici di allora. Il Tresor a Berlino è il primo club techno internazionale dove ho messo piede appena maggiorenne, un’istituzione storica, sia come locale notturno che come etichetta. Lì è scoccato l’amore per questo lavoro e la voglia di portare tutto ciò in Sardegna. Un riferimento di ieri come oggi, anche come professionista. Non avevo mai visto niente del genere, non so come sia arrivato a coincidere tutto questo, ma sta accadendo, e sono felice che il cerchio si chiuda in questo modo. L’evento berlinese continuerà all’OHM, stessa proprietà del Tresor, dove da alcuni anni co-produco insieme a Claudio PRC la label-night della sua etichetta.

Basstation live al Mood Club – Foto di Enrico Madau

L’organizzazione ha anche un’interessante pagina Bandcamp, che descrivete come un archivio sonoro pensato per lasciare traccia degli artisti coinvolti negli eventi, per diffondere il materiale al pubblico di Basstation e supportare i producer, in quanto “music constitutes the beating heart of our activities”. Un’iniziativa, almeno in apparenza, tanto semplice quanto efficace. Ce ne puoi parlare?

Ho creato un format mensile che si chiama Select, dove coinvolgo i nostri artisti e le nostre artiste resident con la realizzazione di una playlist che riflette il suono del nostro dancefloor. Siamo abituat* a sentire tanti podcast, ma spesso è difficile intercettare ogni singolo disco in un mix. Select è dedicato a chi vuole fare ricerca e singoli ascolti ed è un ulteriore modo per fare diggin, scoprire artisti, etichette, e, per chi è nuov*, anche tutti i nostri dj-residents. Inoltre è interessante creare un archivio sonoro che rimanga nel tempo, un riferimento che, tra le altre cose, supporta produttori, produttrici e l’intera filiera attraverso l’acquisto di tutta la musica che viene inclusa.

Tra le varie cose Basstation si è fatta anche no-profit con il progetto Basstation Social Music che, in collaborazione con “Safer Night Goals”, sta cercando di promuovere anche nei suoi eventi una club culture più sicura, sana e inclusiva. Immagino sia una delle prime iniziative in tal senso su suolo sardo, riflesso di una tendenza ormai internazionale di mitigazione del danno e di gestione dei conflitti e del confronto (a sostegno della quale avete anche prodotto IN MEMORY OF THE FUTURE, compilation in memoria di Donald Scalas, meglio noto come Mezmeric, producer vicino a Basstation scomparso lo scorso anno). Questo genere di iniziative stanno dando i loro frutti?

Per esigenze lavorative, Basstation Social Music ha cessato di esistere dopo Safer Night Goals Cagliari, ma come Basstation continuo a lavorare sul concetto della riduzione del danno sotto molti punti di vista, dall’utilizzo delle sostanze all’inclusione. Inizialmente ho voluto dare un segnale, in una seconda fase ho sviluppato l’esperienza internamente ai nostri eventi e al momento collaboro con gli spazi con i quali lavoro, per realizzare anche solo piccoli cambiamenti e per costruire, man mano, un’esperienza con più conoscenza, più sostenibile per tutti. In generale, su Cagliari, è un tema abbastanza nuovo in club/disco/pub. Avviare una discussione e cominciare ad apportare dei cambiamenti credo sia stato già un ottimo risultato. Abbiamo messo su la prima security non maschile, dato indicazioni sulle sostanze, attivato un numero per segnalare abusi a una psicologa volontaria e intensificato pratiche e comunicazione. La strada è lunga, non lo nascondo, ma spero che sempre più persone si attivino in merito.

Basstation live all’Anyway Club – Foto di Fabrizio Dessì

Inevitabilmente nelle vostre produzioni compaiono tanti nomi di spicco della scena elettronica isolana (Claudio PRC, TVS, WTTM, Andrea Cossu), che hanno trovato spazio anche nelle pagine di Sa Scena. Raccontaci un po’ com’è l’ambiente del clubbing in Sardegna. In che rapporti sono i vari soggetti coinvolti (organizzatori, producer, locali, istituzioni)?

Sarò sintetico e preciso perché ci sarebbe tanto da dire. I club sono davvero alla canna del gas. La Sardegna è ricca di grandi eventi ormai e di chiringuitos, in cui è facile cadere nell’imitazione del clubbing, ma nella maggior parte dei casi è puro intrattenimento, come una qualsiasi festa di musica dance. Il clubbing è tanto altro, penso di averlo già lasciato intendere con le risposte precedenti. C’è spazio per tutto, ma è giusto evidenziare le differenze.

La nostra storia è fatta di musica, artist*, dj e produttori e produttrici che hanno trovato in Basstation un modo per crescere e coltivare la propria passione qui in Sardegna, ma che spesso devono trasferirsi altrove per poter lavorare ed essere considerat* come professionist*, e non animatori o animatrici notturn*.

E come sono invece i rapporti di Basstation con loro?

Al momento, a livello locale, Basstation ha rapporti solo con chi sposa una certa visione del clubbing, della musica e del mercato. Dopo anni di tentativi nel far comprendere una linea comune ho chiuso con i compromessi.

Con le istituzioni non va benissimo. Salvo rari casi, non c’è interesse a supportare e permettere eventi notturni di musica dance, tutto viene appellato come “rave” in maniera negativa. Purtroppo ho avuto molto spesso pessime esperienze, con Assessorati alla Cultura che fanno classifiche tra alta e bassa cultura, tra eventi culturalmente importanti e non, scambiando l’intrattenimento generalista con il clubbing. I festival per alcuni sono grandi discoteche. Una visione abbastanza riduttiva per poter dare un giudizio o un permesso. Eppure con Basstation sempre piacevolmente sconfinato, collaborando con realtà del mondo performativo, teatrale, con il mondo rock indipendente, proprio per il respiro, ampio, che ha sempre rappresentato questo progetto.

Quando ci siamo sentiti la prima volta abbiamo parlato di una scarsa attenzione della stampa e dei media in generale al mondo del clubbing sardo. Qual è la tua percezione?

Credo siano scelte editoriali dettate dall’interesse dei media stessi. Non è una colpa, è una scelta.

Basstation Live al Tundu Open Air – Foto di Enrico Madau

Credi ci sia anche una diversa risposta del pubblico in questi ultimi anni rispetto, che so, agli anni in cui Basstation ha preso piede? Cosa ti sembra sia cambiato?

Spesso quando dico che non abbiamo mai avuto una continuità così numerosa come oggi, la gente storce il naso. Negli ultimi anni ci sono stati meno eventi, ma più partecipazione a ogni appuntamento. Mancherebbe un festival dance, ma la sola idea di ritornare nella Miniera di Guspini, come fu con Stay Up Festival quindici anni fa, ha creato subito malumori nell’amministrazione. Peccato perchè i nostri artisti vorrebbero esibirsi anche in grandi eventi nella propria terra, come accade nel resto del mondo, dove vengono ben accolti e rispettati. La musica elettronica oggi è molto più mainstream, il riflesso sugli eventi per me è visibile, anche se musicalmente siamo abbastanza lontani dal gusto comune. Le sonorità techno che proponiamo tra deep e ipnotico tengono alla larga il pubblico generalista e riusciamo quindi a preservare l’animo dei nostri eventi.

Basstation ha inevitabilmente collaborato con i club del capoluogo, ultimo in ordine di tempo l’Anyway, forse un po’ l’attuale fulcro del clubbing cittadino. Come lo vedi il rapporto tra i club e la città?

E’ forse l’unica grass-roots musicale a Cagliari per ciò che concerne la dance elettronica, dove la musica è al centro. Purtroppo è uno spazio contenuto che a volte non accontenta proprio tutti per questo aspetto, ma è l’unico modo per fare clubbing oggi a Cagliari, anche se solo d’inverno. Fortunatamente però c’è e ringrazio chi ci scommette con il suo lavoro. Nel tempo ho sentito un sacco di lamentele per tanti posti che oggi non ci sono più, gli stessi che quando vengono a mancare vengono glorificati. A volte invece bisognerebbe valorizzare di più ciò che si ha intorno.

La città in generale non ha interesse nello sviluppo dei club. Spesso sono visti solo come portatori di problemi. Niente di diverso dal resto delle risto-città nel mondo. Ma in questi vent’anni da promoter, e molti di più da frequentatore, posso dire che il valore dei club, misurabile ad esempio in relazioni, accessibilità e opportunità lavorativa, è poco percepito sia dalla cittadinanza che dalle amministrazioni. Invece è di estrema importanza, ad esempio, per le comunità artistiche o quelle marginali. Purtroppo non tutto è visibile dall’esterno e lo comprendo. L’estate per esempio sta diventando un incubo. Ne approfitto per segnalare che a Cagliari non esistono spazi per la musica in genere, e soprattutto per realtà come le nostre che hanno numeri contenuti, ma tanti artisti dietro che devono avere le stesse possibilità dei musicisti classici.

WAS live al Neo.Stone Jazz – Foto di Fabrizio Dessì

E infatti non a caso per riuscire a mettere su un evento ti sei dovuto spostare fuori dai confini cittadini. Sei anche uno dei produttori di Neo.stone Jazz, festival ormai alla terza edizione che si tiene al nuraghe Su Mulinu di Villanovafranca. E che da sempre, come quest’anno, cattura la nostra attenzione per la proposta fuori dai soliti schemi. Com’è andata questa edizione?

Neo.stone Jazz è un appuntamento annuale di musica live che fonde principalmente elettronica, jazz e ambient, nato con l’intento di offrire un’esperienza musicale innovativa in luoghi ricchi di storia, con uno sguardo proiettato verso un futuro inesplorato, attraverso il potere della musica.Questa è stata un’edizione molto più ricca di artisti rispetto agli anni precedenti, con la stessa qualità che ha avuto il progetto fin dall’inizio. Ogni anno è una scommessa, ci rendiamo conto quanto sia difficile ma anche importante far crescere un evento di questo genere, in una realtà rurale come la Marmilla, senza grandi nomi, dove per musica elettronica non è previsto per forza l’aspetto del ballo. Ti devi fermare ad ascoltare. Di jazz spesso rimane solo l’attitudine, risucchiato da altri generi e sonorità, derivazioni che il pubblico in genere non è abituato a sentire. Anche questa volta qualcuno ha detto che non c’era il jazz! Insomma, è andato tutto benissimo, Neo.Stone Jazz ha confuso ancora una volta!