È tutta scena - Caterina Scano e Giuseppe Carta - Alta Fedeltà - intervista - Luca Garau - 2022 - 31 dicembre 2022

È tutta scena! – Caterina Scano e Giuseppe Carta – Alta Fedeltà

Luca GarauÈ tutta scena!, Interviste

“Non è una missione, sia chiaro” eppure da ascoltatori e narratori, siamo pienamente convinti che  ogni negozio di musica sia un presidio di resistenza, non tanto alle continue innovazioni che il mercato musicale riserva, quanto più alla velocità del quotidiano. Perdere minuti a sfogliare gli scaffali è, oltre che una presa di posizione, un’attestazione di valore alla musica, che come un buon libro o un buon vino, merita tutto il tempo necessario.

Abbiamo fatto una chiacchierata con Caterina Scano e di , storico negozio di dischi del capoluogo, parlando di queste e di altre sciocchezze.

Parliamo prima di tutto di storia: come nasce e come si evolve Alta Fedeltà?

Caterina: «Nei primi anni ‘90, appena ventenne, ho cominciato a lavorare alla Discoteca, angolo tra Via Dante e Via Cimarosa, uno dei tanti negozi di dischi della Cagliari di quei tempi. La musica si ascoltava alla radio oppure nei supporti fisici, il vinile era ormai in declino, ma il CD era invece in ascesa. Avevamo un assortimento profondissimo e tanto personale. Con l’apertura dei primi centri commerciali e quando è spuntato l’mp3 tanti negozi storici hanno accusato il colpo e cominciato a chiudere i battenti. 

Io invece nel 2003 ho deciso di aprire Alta Fedeltà: un negozio molto piccolo, per i tempi, che però manteneva l’impostazione generalista della Discoteca. Per anni e anni ho lavorato con Mariano Murgia, che aveva tantissima esperienza nei negozi pre-Internet. Avevamo un catalogo eclettico: da sempre specializzati in jazz, nel rock classico e nel pop, siamo riusciti a portare ottima musica brasiliana e tanto rnb. Negli ultimi anni il mercato si è finalmente rivitalizzato e io sono orgogliosa di avere tenuto duro durante i periodi più difficili e di aver continuato a credere nel valore del negozio di dischi. Per quindici anni abbiamo avuto in prevalenza CD, adesso abbiamo tantissimi vinili e anche giradischi. Al catalogo storico si è affiancato il rap e l’elettronica in cento declinazioni diverse. Mi aiuta Giuseppe, che ha una storia e una sensibilità musicale diversa dalla mia».

È tutta scena - Caterina Sapano e Mariano Murgia - Alta Fedeltà - intervista - Luca Garau - 2022 - Sa Scena - 31 dicembre 2022
Caterina e Mariano Murgia – Credits Giuseppe Carta

E arriviamo al presente, soprattutto alla collaborazione con Oreri dalla quale è nato un vostro report mensile stampato. Ce ne parli?

Giuseppe: «Luca e Andrea di Oreri sono miei amici, insieme abbiamo fondato un’associazione ecologista e scriviamo una fanzine chiamata La Strada. Ci occupiamo di ecologia e di diritto alla città. L’idea che ci accomuna è che bisogna uscire dai telefoni, coltivare relazioni comunitarie e riscoprire il piacere della lentezza. 

Il catalogo mensile, su carta, ha proprio questa funzione: sollecitare conversazioni faccia a faccia e far entrare Alta Fedeltà nelle tasche di tutti. Lo trovi in negozio ma anche nei bar, nei ristoranti e nelle librerie. È prima di tutto un invito a venire a trovarci ma è anche un’estensione del negozio e di quanto facciamo in negozio: vale a dire consigliare musica nuova e guidare una clientela spesso onnivora in un mercato ormai iper-frammentato. Poi vabbè, sul catalogo mettiamo le playlist per Spotify perché ci piace pure  l’idea di far suonare i vostri telefoni meglio di un algoritmo.

Oltre ai cataloghi, con Oreri stiamo portando avanti un altro progetto al quale tengo moltissimo. Si chiama Alta Infedeltà, ed è una serie di 12 illustrazioni sulla musica realizzate da artisti che vivono a Cagliari. Il gruppo degli artisti è molto ben assortito – non li nomino ma è il meglio della scena e quasi tutti sono nostri clienti. Tutte le illustrazioni sono stampate in tiratura limitata da Oreri, in Marina. La serie è fatta per festeggiare il ventesimo anno di attività del negozio ed è un tributo alla musica, ai musicisti e agli ascoltatori, tra cui tutti noi. Facciamo tutto a Cagliari e questo è un altro modo per fare comunità».

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I cataloghi di Alta Fedeltà in collaborazione con Oreri – Credits Facebook

Adesso veniamo al vinile. La vostra realtà può testimoniare l’andamento del mercato del vinile e soprattutto la sua “rinascita”. Quali sono le tue impressioni dall’altro lato del bancone?

Caterina: «Il vinile ha cominciato a riprendere quota sei o sette anni fa, almeno qui in negozio. All’inizio sembrava un fenomeno marginale ed effimero, soprattutto per la nostra clientela storica, così abbiamo avuto qualche incertezza nell’investirci spazio e risorse. La richiesta è stata però talmente forte che appena possibile l’abbiamo assecondata. In questo momento in negozio abbiamo più vinili che CD, anche perché ci arriva tanto usato di qualità. Devo però sottolineare che, così come il vinile che sembrava morto e invece morto poi non era, pure il CD gode di ottima salute. L’interesse per il CD non è mai scomparso, anzi, costa meno del vinile e alcuni titoli hanno una migliore reperibilità. Siamo felicissimi di avere in negozio sia CD che vinili».

Giuseppe: «Alcuni ascoltatori che amano il suono del CD bollano il ritorno del vinile come una moda sciocca. Io credo invece che la spinta verso il vinile nasca soprattutto dal desiderio di avere esperienze sensoriali appaganti, in un’epoca in cui si fa tutto di fretta e male. 

C’è un paradosso: se è vero che lo streaming soddisfa la maggioranza degli ascoltatori e toglie mercato ai negozi, è altrettanto vero che proprio lo streaming ha creato le premesse per il ritorno del vinile. Primo, perché ha avvicinato musica che un tempo era lontanissima, creando ascoltatori sempre più maturi. Un appassionato cresciuto negli ultimi vent’anni ha orizzonti musicali ampi e variegati: in negozio riesce a dare corpo a questi orizzonti. Secondo, perché quella dello streaming è un’esperienza mediocre. Il vinile piace perché ha una materialità che nello streaming è interdetta: la copertina è grande, il disco va messo sul piatto e pulito, ti devi sedere sulla poltrona e rialzarti per girarlo dopo un quarto d’ora, e così via, e in più ti crei una collezione di oggetti belli. 

Senza dubbio il vinile garantisce quest’esperienza corporea molto meglio del CD, e qui sta il suo vantaggio. Il rituale e la tattilità del vinile, per molti, è più importante del suono in sé. Non c’è niente di male, lo trovo anzi più che comprensibile. Tra tutte le mode, ne ho viste di sicuro di peggiori».

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Interno Alta Fedeltà – Credits Giuseppe Carta

E la clientela? Nei vostri profili social spesso rappresentate giovanissimi che fanno incetta di vinili. Ci confermi che anch’essa ha subito un’evoluzione?

Caterina: «I giovanissimi costituiscono da sempre una parte fondamentale della clientela dei negozi di dischi. Di sicuro negli ultimi anni entrano in negozio sempre più spesso, in parte perché è tornato il desiderio di comprare musica sui supporti fisici e in parte perché il catalogo del negozio accoglie molta musica che gli piace. Nei social ho mostrato quando comprano rock classico ma è soltanto per comunicare con chi pensa che la musica sia finita negli anni ‘80: come dire, “ecco, vedete che non sono degli alieni?”. In realtà comprano di tutto, rap e pop ma anche jazz e punk, nuovo e vecchio. Alcuni sono davvero competentissimi! Inutile dire che vendere dischi ai ragazzini mi emoziona tantissimo, un po’ perché mi ci rivedo e un po’ perché ho figli di quell’età e mi piace quello che ascoltano. Comunque abbiamo clienti davvero di tutte le età».

Spesso si tende a visualizzare il disco in vinile come un prodotto di nicchia, d’essai. Eppure anche le grandi produzioni del pop e del mainstream stampano su quel formato. Questa commistione esiste anche nel pubblico di acquirenti? nel senso, l’acquirente tipo è solo l’appassionato o il vinile sta prendendo piede anche tra il pubblico generalista?

Giuseppe: «Premetto che alcuni dischi costano troppo, soprattutto le produzioni mainstream. Personalmente non ne posso più delle riedizioni delle riedizioni, con ammennicoli di cui pochi sentono il bisogno. Posso comunque testimoniare che il vinile non è affatto un prodotto di nicchia, o almeno non più. Torniamo sempre lì: i vinili sono belli e appagano più sensi assieme, non solo l’udito. Il piacere estetico fortunatamente è democratico: possibile che ascoltatori più o meno dedicati abbiano motivazioni diverse, ma credo che le preferenze sui formati siano dettate piuttosto da altri fattori – spazio in casa, capacità di spesa, attitudine al possesso, e così via. Di sicuro la sorpresa davanti al vinile, del tipo “esistono ancora?!?”, la senti sempre meno. Il vinile sta entrando in un sacco di case, a prescindere da genere, età e classe. Veicola un sacco di musica diversa».

Caterina: «Tra l’altro tanti ascoltatori incalliti preferiscono il CD».

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Il negozio di dischi è ancora quel luogo di dialogo, di scambio e di conoscenza o il cliente è ormai solo acquirente?

Caterina: «Come sarebbe a dire “ancora”? Il negozio di dischi è sempre più un luogo di scambio e conoscenza! Alta Fedeltà offre una selezione molto ristretta di una categoria merceologica ormai infinita, la musica. Noi interpretiamo i desideri dei nostri clienti e proviamo ad anticiparli. Ci piace raccontare la musica che amiamo e dare consigli ai clienti, a quelli fedeli così come a quelli occasionali, ma non smettiamo mai di imparare da loro. La relazione col pubblico è l’aspetto più importante del nostro lavoro ed è anche quello più gratificante. Poter dialogare e guardarsi in faccia è il vero vantaggio rispetto al commercio online, che per noi è una vera tristezza. Se il negozio è aperto da vent’anni è proprio grazie alle relazioni che si sono create con i clienti, una comunità che si rinnova continuamente e ci sostiene in mille modi. Lavorare a volte è faticoso ma io continuo a divertirmi sempre moltissimo».

Giuseppe: «Dall’alba dei tempi esiste questa figura mitologica che è il negoziante di dischi scostante. L’ho sempre trovata una figura ridicola, a essere generosi: nemmeno da ragazzino ho mai capito perché mai se la tirassero. In negozio da noi si rispetta lo spazio del cliente ma si è sempre disponibili (o quasi). Un contatto umano poi c’è sempre, e la ragione molto banale è che sia io che Caterina amiamo la gente e ci divertiamo a stare in negozio. Una cosa che invece mi secca, se devo essere sincero, sono le telefonate e gli ordini per telefono: venite in negozio a dare un’occhiata a quel che abbiamo, per piacere, saremo felici di trovare assieme a voi quel che vi si addice».

Che rapporti avete con i musicisti del capoluogo? Sono vostri clienti? Portano da voi le loro produzioni?

Caterina: «Dipende. Non è automatico che un musicista ascolti tanta musica o la compri, anzi. Alcuni musicisti sono clienti fedelissimi, altri passano in negozio con meno frequenza, altri ancora li vedi soltanto quando portano qui i loro lavori. Mi piace avere le produzioni dei musicisti locali e ne ho sempre avute. Il mio amore per la musica e per la Sardegna si esprime anche con quel che faccio in negozio».

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I nuovi arrivi da Alta Fedeltà – Credits Facebook

Qual è il rapporto con i colleghi? Penso a Potente, ma in una realtà piccola come quella isolana, anche a Nuoro e Sassari

Caterina: «Sono felice che il numero di negozi in Sardegna cresca. Siamo pochi ma buoni, siamo sempre di più e sempre meglio. Direi che i nostri rapporti sono decisamente cordiali. Molti dei nostri clienti comprano in altri negozi: abbiamo cataloghi diversi e localizzazioni diverse, ed è giusto così. Oltre ai negozi sardi, Alta Fedeltà fa parte di una rete di negozianti di dischi indipendenti estremamente articolata, da Milano a Lecce, e con tanti di loro abbiamo ormai relazioni di amicizia. Non si fa questo lavoro per diventare ricchi ma per amore per la musica. Non è una missione, sia chiaro, ma il senso di quel che facciamo quotidianamente va trovato soprattutto nel rapporto coi clienti e nella loro soddisfazione. A volte però la vocazione vacilla ed è necessario scambiarsi opinioni e consigli. Sono convinta che il livello medio dei negozi, in Sardegna e fuori, stia migliorando sensibilmente e questo non può che portare tutti a lavorare meglio».