I giudici del TAR hanno annullato la procedura a sportello utilizzata per la concessione dei contributi per spettacoli e cultura per l’annualità 2020. Ciò che ancora persiste è l’assenza di visione strategica per un settore che, invece, dovrebbe essere centrale.
Editoriale di Luca Garau e Mauro Piredda
Il rapporto tra la cultura e le istituzioni si arricchisce di nuovi elementi. Questioni che, sebbene non facciano parte della programmazione giornalistica di Sa Scena, non possono essere ignorate da parte di chi si occupa di musica in Sardegna e intende porsi il problema di come questa possa essere meglio fruita. Questioni che ci spiegano il “come” viene percepita la cultura dai palazzi e il “come” la prima debba relazionarsi con i secondi. Sono infatti trascorsi pochi giorni da quando i giudici amministrativi del TAR Sardegna hanno annullato i provvedimenti regionali sulla concessione dei contributi destinati alle manifestazioni culturali tramite il crudelissimo procedimento “a sportello”. Il famigerato “click day”. Tutto questo nel pieno dello scontro tra Salmo e Fedez sul concerto a Olbia. Un botta e risposta i cui strascichi, ben lungi da culminare in un dissing in barre, sono anch’essi oggetto di attenzione di altre aule, questa volta quelle tempiesi della Procura. Help!
Che è successo? A seguito dell’azione di alcuni ricorrenti (su tutti il Time in Jazz, assieme ad altri grossi festival), i giudici del TAR hanno annullato i provvedimenti impugnati, in particolare la delibera 48/2 emanata dalla Giunta Regionale il 25 settembre dello scorso anno e gli atti conseguenti. Questa deliberazione aveva modificato la precedente 41/21, approvata ad agosto – appena un mese prima –, attivando così una procedura cronologica che, data l’impugnazione citata, è stata attuata illegittimamente.
Ma cosa era stato individuato inizialmente, con la delibera di agosto? La Giunta, con la 41/21, aveva definito le tipologie di interventi, i cartelloni tematici e la ripartizione dello stanziamento tra questi, i criteri di ammissibilità e di rendicontazione, nonché “la griglia di valutazione” delle manifestazioni pubbliche di grande interesse turistico per l’annualità 2020. Prevista quindi, per lo meno in un primo momento, una valutazione delle richieste basata su criteri oggettivi rispondenti alle finalità della Legge Regionale n.7 del 1955, la quale all’art. 1 lett. “c”, intende premiare le iniziative che creano «importanti ricadute positive in termini economici e di generare flussi turistici sui territori interessati». Con la delibera 48/2 del 25 settembre tutto questo è stato “superato” dalla decisione di ricorrere al click day, modificando radicalmente il sistema di attribuzione dei finanziamenti. Di conseguenza, a dicembre, il budget era già stato interamente assegnato ai partecipanti che avevano presentato la domanda nella fascia oraria (cronologica) compresa tra le ore 8.00.00 e le 8.00.02. Ma è nelle motivazioni della legge del ‘55 (semplici e lineari) che il Tar ha dato ragione ai ricorrenti.
Sa Scena non è una rivista giuridica e la cronistoria è stata svolta per assolvere al dovere di cronaca. Quello che è importante ribadire in queste righe è che, al netto dei profili di legittimità o illegittimità dei provvedimenti, il vero punto critico della vicenda è nel merito. L’attivazione di un procedimento con criterio cronologico è la dimostrazione ennesima del concetto che le istituzioni hanno del mondo dello spettacolo, della cultura e dell’intrattenimento. Significa non solo non aver capito il peso e il ruolo strategico del settore, ma non aver nemmeno preso in considerazione la possibilità che questo possa rappresentare un’occasione per uno sviluppo sostenibile e di qualità. Il procedimento a sportello è solo la punta dell’iceberg, perché le risorse da ripartire riescono ad accontentare solo parte della platea e spettacoli e intrattenimento musicale sono messi all’interno di un unico calderone assieme ad eventi di tipo diverso. Ciò è sintomo di una gestione quantomeno anacronistica che preferisce relegare festival, eventi, rassegne ecc, al ruolo di questuanti a cui dare la mancia per sentirsi a posto con la coscienza.
In un tale contesto di scarsità di risorse e di programmazione, è facile che si scateni la cosiddetta guerra tra poveri e gli attori del settore si trovino in un’assurda competizione l’uno contro l’altro. Le responsabilità di questa situazione sono ben riconducibili e sarebbe auspicabile per la cosiddetta scena un fronte unitario che si assuma il compito di rivendicare non la sopravvivenza, ma il ruolo centrale che il settore culturale e dell’intrattenimento deve avere.