Il Festival sulle bocche di tutti

Simone La CroceEditoriali

Si è dibattuto non poco in redazione prima di prendere la decisione di pubblicare un editoriale riguardo il tentato annullamento del festival “Musica sulle Bocche”. Sarebbe il primo per Sa Scena Sarda e, nonostante la delicatezza dell’argomento, la voglia di dire la nostra ha prevalso. Non certo per prendere posizione rispetto a questo o quell’altro soggetto coinvolto. Piuttosto per rimarcare come eventi del genere meritino maggiore rispetto e debbano in tutti i modi essere preservati da certe querelle, comunque inevitabili.

Enzo Favata è un musicista che non ha nulla da dimostrare a nessuno e a lui va riconosciuto il merito di portare avanti da quasi vent’anni un festival tra i più significativi in Sardegna.

Un festival che ha permesso di assistere alle esibizioni di artisti del calibro di Micheal Nyman, Omar Sosa, Chico Freeman e Nils Petter Molvær, oltre ai migliori jazzisti della scena italiana. E come uomo non ha mai temuto di prendere posizione, anche in contesti non sempre facili e forse non sempre con la delicatezza che occorrerebbe in certi casi.

Quello che è successo con il flautista israeliano Eyal Lerner è stato ampiamente descritto sulle principali testate nazionali. Il musicista si è candidato fuori tempo massimo e Favata gli ha risposto, privatamente, che il festival non lo avrebbe comunque ospitato, viste le politiche di Israele a Gaza e nei territori occupati. Lerner ha reso pubbliche le loro conversazioni, accusandolo di antisemitismo e i giornali tutti si sono accodati alle accuse e ai loro toni. Lui si è subito ampiamente scusato, dando anche generose spiegazioni non necessarie. Ma ormai la bomba era stata sganciata. Il sindaco di Santa Teresa di Gallura, Stefano Pisciottu – eletto con una lista civica di centrosinistra – ha deciso di tagliare i 40.000 € stanziati e di annullarlo definitivamente, negando la possibilità a tutti i fruitori del festival, diretti e indiretti, di godere delle incredibili location che hanno dato lustro e splendore alla manifestazione in tutti questi anni.

La diatriba richiama il rumoroso recente scambio di opinioni sulla questione israeliana, tra Roger Waters e Nick Cave. I due hanno saputo portare alla luce, da punti di vista differenti, aspetti peculiari, sulla questione, e generici, sulla possibilità di criticare in maniera ferma le scelte sociali e politiche di qualsivoglia autorità oppressiva, preservando il diritto delle persone di fruire e godere comunque della musica senza per forza doverne subire le conseguenze.

Certo, Enzo Favata non è Roger Waters e le motivazioni messe sul piatto da Pisciottu non sono quelle addotte da Nick Cave. Resta però il fatto che la questione sia rimasta irrisolta, preferendo continuare a guardare il dito e ignorando del tutto la luna.

Le scuse porte da Favata saranno state pure impacciate ma di certo sono state tempestive, pubbliche e difficilmente opinabili: il suo background di uomo di musica e di cultura non ne mette in dubbio la sincerità. Tutto gli si può imputare tranne la discriminazione di qualsivoglia natura verso chiunque, in particolare altri musicisti.

Questo non è potuto sfuggire certo ai giornalisti, che ben conoscono il sassofonista algherese, i quali però non si sono tirati indietro quando si è trattato di chiamare in causa con forza l’antisemitismo, come spesso succede quando ci si schiera contro certe politiche israeliane. Come non poteva sfuggire agli amministratori locali che hanno visto lavorare bene Favata in tutti questi anni e fare tanto anche per le loro comunità. Tutti però pare abbiano deciso di rincorrere la scelta meno impopolare, drammaticamente a discapito di una tra le nostre più belle manifestazioni, inclusiva, destagionalizzata, misurata e con validissimi contenuti musicali.

E a discapito di quelle migliaia di appassionati che ogni anno assistono pacificamente al festival e che gli consentono di continuare a svolgersi. In tutto ciò, come spesso accade in queste situazioni, ci si dimentica completamente di loro. Che in fondo siamo noi tutti.