Per È tutta scena, Mauro Piredda e Simone La Croce hanno raggiunto Davide Corriga Sanna, sindaco del Comune di Bauladu e promotore di una lunga serie di progetti partecipativi in ambito culturale e musicale, come il ‘Du Festival e Ananti de sa Ziminera. Nell’intervista si parla di problematiche dei piccoli centri, della loro capacità di farsi comunità e di creare le condizioni per agevolare e sostenere il fermento culturale anche lontano dai grandi centri urbani.
Intervista di Mauro Piredda e Simone La Croce

I Comuni sono gli enti più prossimi al cittadino e alle comunità ma al tempo stesso il loro livello di autonomia è determinato da scelte politiche sovralocali. Tra bilanci da far quadrare e altre difficoltà che chi amministra un territorio conosce, come può un piccolo centro come Bauladu organizzare nel tempo eventi come Ananti de sa Ziminera e, per rimanere in tema musicale, il ‘Du Festival?
A fare la differenza sono state la passione e la determinazione. E la volontà di migliorarsi di anno in anno. L’amministrazione comunale, consapevole del ruolo di straordinaria importanza rivestito dai festival culturali (letterari, musicali, cinematografici) sul piano della crescita e dell’innovazione sociale, nonché in termini di coesione, ha scelto di sostenere il notevole fermento che – a partire dalla costituzione della Consulta Giovani – si è venuto a creare nel paese. A dieci anni di distanza non possiamo che essere pienamente soddisfatti del lavoro svolto. L’impatto sociale è stato rilevante. Oltre alla ricaduta economica, i festival culturali hanno contribuito allo sviluppo di competenze tra i giovani coinvolti e a rafforzare l’immagine e l’identità culturale del paese.
La Consulta giovanile di Bauladu è stata una delle prime, sul territorio regionale, a essere molto attive già una dozzina di anni fa. Oggi quello stesso piccolo comune è amministrato in maniera innovativa ed è stato in grado di portare avanti iniziative complesse e onerose. In che misura questi due fenomeni sono collegati? Dare veri spazi di manovra ai giovani, consentirgli di amministrare in qualche modo la cosa pubblica, può contribuire a renderli degli adulti più consapevoli e degli amministratori più capaci?
Si tratta di fenomeni strettamente collegati. Molto spesso chi a vent’anni sceglie di partecipare attivamente alle attività di una consulta giovanile, a trent’anni prosegue in maniera quasi “naturale” il suo percorso di impegno in favore della comunità tra le fila di un’amministrazione comunale e/o di altri circuiti lavorativi o associativi. Costruire percorsi di partecipazione – come le consulte giovanili – permette di attivare intelligenze ed entusiasmi che diversamente potrebbero rimanere inespressi o cercare terreni fertili lontano da casa. In questo senso possiamo affermare con certezza che le consulte giovanili sono capaci di accelerare e/o innescare processi di cambiamento di un territorio, ridisegnando il futuro delle comunità.

A Bauladu è attiva da circa 15 anni anche una scuola civica di musica (intercomunale), segno che evidentemente l’attenzione per la musica è forte anche tra i più giovani. Gli eventi musicali che si sono susseguiti negli anni, hanno stimolato la voglia di musica da parte dei ragazzi più giovani?
Le iniziative adottate hanno sicuramente stimolato la voglia di musica nei/nelle ragazzi/e più giovani. Non solo nello studio e nella pratica dell’utilizzo di uno strumento, ma anche nella ricerca musicale, nell’apertura alla conoscenza di nuovi stili e generi, nel vivere l’esperienza di altri concerti e iniziative culturali in altri territori. Alla curiosità in ambito strettamente compositivo si è inoltre sviluppato un forte interesse nelle professioni che ruotano attorno alla musica e agli eventi culturali (dalla gestione amministrativa alla logistica, dalla comunicazione agli aspetti tecnici, fino all’ospitalità). A Bauladu negli ultimi quindici anni la musica è stata una vera e propria palestra formativa.
Con questi progetti, con queste idee, si riesce a fare comunità? E in che misura la partecipazione diretta della comunità influenza la riuscita e la ripetibilità di certi progetti?
Spesso si parla di comunità con molta approssimazione. Una realtà, per quanto piccola, è composta da una pluralità di individui che difficilmente agiscono come un unico uomo in favore o contro qualcosa. È fondamentale che un progetto culturale abbia una comunità di riferimento, ma dev’essere una comunità di tipo elettivo, di persone che scelgono di fare parte di un’esperienza (a prescindere da dove risiedono o dal fatto che rappresentino la totalità delle persone che vivono un determinato luogo). Spesso il riconoscimento di una parte dei compaesani arriva solo successivamente a quello ottenuto da parte di un pubblico “esterno”. A Bauladu (meno di 700 abitanti), dopo anni di attività culturale, riusciamo a coinvolgere oltre 120 residenti nell’organizzazione del festival musicale. Credo si tratti di uno dei riconoscimenti più importanti avuti dal paese relativamente al lavoro svolto. La partecipazione attiva alle iniziative culturali contribuisce a formare cittadini maggiormente predisposti al cambiamento. In altre parole, una partecipazione attiva agli eventi culturali produce comunità di cittadini maggiormente innovative: questo elemento costituisce nel medio-lungo periodo la più importante ricaduta dei festival nei territori.

Quali altri soggetti è riuscita a coinvolgere l’amministrazione per portare avanti questi progetti? In che modo l’apporto di soggetti anche molto diversi fra loro, può contribuire alla riuscita di un progetto ambizioso anche in piccole comunità?
Ogni anno sono innumerevoli le collaborazioni che riusciamo ad attivare per la realizzazione dei festival: istituzioni, università, associazioni del terzo settore, partner locali e internazionali. Di recente, in occasione della stesura di un libro sui primi dieci anni di attività della Consulta Giovani, abbiamo realizzato che in dieci anni di attività sono state attivate oltre duecento collaborazioni differenti.
Questi meccanismi virtuosi si possono replicare in tutta l’isola? La Corona de Logu (consorzio di amministratori indipendentisti al quale appartieni) ha nella propria agenda la questione musicale in Sardegna come motore di crescita culturale ed economica?
Purtroppo attualmente da parte delle istituzioni “regionali” manca un’idea di insieme della cultura in Sardegna. Manca una strategia, manca un coordinamento, manca una visione. Basterebbe prendere d’esempio quanto di buono è stato realizzato in altre realtà anche vicine alla nostra, come la Catalogna e la Puglia. La Corona de Logu agisce su ambito locale, con iniziative nei singoli consigli comunali, e ritiene che la cultura sia la radice da cui tutti nasciamo, la lente attraverso la quale noi stessi conosciamo il mondo e ci esprimiamo, la base su cui poggia ogni nostro progetto per il futuro. La cultura è il presupposto della nostra libertà e della nostra indipendenza di individui e comunità.

La vostra è un’amministrazione impegnata anche sul fronte della lingua sarda con progetti e azioni di comunicazione istituzionale. Auspicate anche una riappropriazione linguistica da parte della scena musicale sarda? E come bisognerebbe arrivarci?
Oggi il Comune di Bauladu è l’unico ente locale dell’Isola che pubblica ufficialmente gli atti amministrativi della giunta e del consiglio comunale in formato bilingue (sardo e italiano), sul modello di quanto accade già da diverse decine di anni nella Provincia Autonoma di Bolzano. Si tratta di un progetto sperimentale attivato nel 2018 in collaborazione con l’Universitat Autònoma de Barcelona. Nei prossimi mesi presenteremo inoltre un nuovo progetto per la cartellonistica urbana e turistica trilingue. Credo che ognuno (enti locali, imprese, privati cittadini, settore culturale, etc) debba fare la sua parte. Compresa la scena musicale sarda e le istituzioni che dovrebbero sostenerla. Esistono diversi modelli che si potrebbero replicare, uno su tutti è quello di Puglia Sounds (che, tra le varie linee di intervento, tutela e promuove anche le produzioni in salentino). Credo che potrebbe rappresentare un modello valido anche per la Sardegna.
Cosa ti sentiresti di consigliare a un neo sindaco volenteroso di adoperarsi per la propria comunità sul piano culturale e musicale?
Gli direi che non esiste investimento più vantaggioso e gratificante che l’investimento culturale. E che più la progettazione culturale sarà partecipata, maggiormente potrà mettere radici forti nel territorio.