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Urzulei

Daniele MeiLive report

Le impronte di Gillai
Il report del live del 25 Aprile al Raduno Internazionale di Speleologia

A cura di

Dal 25 al 28 aprile, si è svolto a Urzulei, all’interno del Raduno Internazionale di Speleologia Impronte, il festival musicale Le impronte di Gillai.

Gli organizzatori, con la direzione artistica del collettivo Gillai, hanno scelto di intrattenere gli ospiti con diverse proposte musicali regionali di qualità.

I concerti sono stati la ciliegina sulla torta di un evento che ha visto la presenza, nel territorio del Supramonte urzulese, di speleologi provenienti da tutto il mondo. Un connubio quanto mai audace che è andato ben oltre l’usanza che vede troppo spesso il folklore come unico modo per intrattenere i forestieri.

Arrivare a Urzulei non è proprio una passeggiata, ma ne vale la pena. Piccolo, accogliente, circondato da boschi e con un vasto patrimonio di bellezze naturali appare come un luogo in cui il tempo si è fermato nel momento giusto e dove abitualmente regnano il silenzio e il rumore del vento.

I concerti del 25 aprile sono iniziati intorno alle 19 con .

La delicatezza dei suoni dell’artista di Palau sposa perfettamente la potenza comunicativa di una musica creata con uno strumento unico, la chitarra sarda preparata, che incuriosisce per la sua complessità e per il suo unire chitarra baritono, violoncello e batteria.

Ideato dallo stesso Angeli, questo strumento innovativo ha stregato artisti del calibro di Pat Metheny. La rielaborazione in chiave sperimentale di alcune composizioni dei Radiohead è estremamente piacevole all’ascolto.

I brani, a volte riconoscibili altre volte meno, sono celati tra le note delle lunghe suite e rappresentano il rifiuto dichiarato della forma canzone. I motivi abbracciano il jazz e li avvicinano sia alla classica e, nei ritmi, a certa elettronica, passando prepotentemente attraverso la tradizione sarda con anche dei canti di antica provenienza.

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Lo Speleobar

Con il buio l’evento si sposta: non più all’aperto, tra le rondini che volano e i profumi di primavera, ma al chiuso dello Speleobar, una tensostruttura degna dell’Oktober Fest.

Gli Shakin’ Apes suonano il loro rock and roll che arriva direttamente da mostri sacri come Gene Vincent, Chuck Berry e sua maestà Elvis Presley. La band sassarese sciorina tutto il repertorio dell’ultimo disco Enjoy The Show alternandolo con qualche cover. Salvatore Luzzu e compagni – camicie rosse old style – hanno messo su un live ben calibrato, compatto e con il giusto tiro che ha scaldato e divertito il pubblico facendolo ballare per tutto il concerto.

Arrivano poi i King Howl, dei giganti per il rock isolano, giustamente in fascia protetta. Prendono il blues dalle origini e lo forgiano con incudine e martello ottenendo un pesante hard rock dal sapore granitico. Il groove della sezione ritmica incalza e supporta la magistrale interpretazione della chitarra di Marco Antagonista che insieme al canto vigoroso ma pulito di fanno salire la tensione sino al delirio finale di On The Road Again degli indimenticabili Canned Heat. Una spettacolare chiusura che ha portato direttamente al dj set di Palitrottu che ci ha lasciato un buon sapore per il viaggio di ritorno.

L’evento Impronte è durato quattro giorni tra escursioni, convegni e altre iniziative legate al mondo della speleologia. Il festival musicale al suo interno è stato caratterizzato, nei giorni precedenti e successivi, anche da altri concerti importanti tra i quali gli immancabili Don Leone, ormai una piacevole certezza, e Arrogalla con il suo dub dal sapore di Sardegna.

“Ad averne” eventi così. La mancanza di situazioni e location nel quale la musica elettrica possa esprimersi liberamente e al massimo del suo potenziale, con suoni e volumi dignitosi è sicuramente uno dei temi caldi che verranno affrontati presto su queste pagine.