Si aprirà il primo settembre, nella storica Piazza del Nuraghe di Sant’Anna Arresi, la trentatreesima edizione di Ai Confini tra Sardegna e Jazz.
Il festival è, a livello internazionale, uno dei più importanti per quanto riguarda l’incarnazione dello spirito più libero e rivoluzionario del jazz e non solo.
Un festival che non si limita a essere una semplice rassegna di artisti, ma che vuole creare linguaggi e strade innovative con la proposta di progetti molte volte originali e comunque non mainstream.
È organizzato dall’Associazione Punta Giara e il contesto in cui si svolge è magico. La storia della piazza con il Nuraghe Arresi incastonato tra due chiese è suggestiva, ed è spettacolare la vista della valle di Porto Pino con il suo mare, molte volte con la luna e i suoi riflessi ad arricchire lo sfondo.
Trentatrè anni che hanno visto passare per la “periferia dell’impero” (citando un’intervista al Direttore Artistico e creatore del festival Basilio Sulis) gli artisti jazz che più di tutti hanno costruito il sound moderno.

Gli inizi
Dopo un primo anno di rodaggio con Don Cherry, il festival da subito diventa un punto fermo con un concetto e una missione: divulgare le sperimentazioni sonore e libere del jazz, facendo diventare punto di riferimento un piccolo paesino su un isola lontana dai centri della musica.
Già il programma della seconda edizione, nel 1986, poteva vantare in cartellone nientemeno che il leggendario Hermeto Pascoal, ma anche il quintetto di Paul Motian con Bill Frisell alla chitarra e Joe Lovano al sax, poi Tullio de Piscopo, Antonello Salis e altri.
La terza edizione, nel 1987, non è stata da meno: il sestetto di Special Edition per Jack Dejohnette, l’Art Ensemble of Chicago con Lester Bowie e gli altri artisti dell’AEoC che spaziano per diversi concerti all’interno del festival, poi il trio di Billy Cobham, Tullio de Piscopo e Don Moye, Enzo Favata con Roscoe Mitchell. È stato anche l’anno di un giovanissimo Paolo Fresu che l’anno dopo lancerà il suo Time in Jazz e sarà proiettato verso una carriera eccezionale.
Indimenticabile il 1988, l’anno di Dizzy Gillespie, una delle figure più importanti e storiche del jazz mondiale, classe 1917, inventore del be-bop e precursore del jazz contemporaneo. Il contorno è di tutto rispetto: Courtney Pine, Mike Westbrook e altri non meno importanti..
Dopo Gillespie si potrebbe dire di aver raggiunto un apice, ma si riesce a stupire ancora, nel 1989, con Chick Corea, tra i più importanti pianisti jazz viventi, e con le immaginifiche visioni cosmiche della Sun Ra Orchestra. Non da meno l’attivismo politico di Touré Kunda e la pièce di Franca Rame, moglie di Dario Fo, che impressiona con i suoi racconti sul rapimento e le violenze subite.
I primi anni novanta
La sesta edizione vede tra i protagonisti Steve Grossman, Antony Braxton e altri act, ma, nel 1991, durante la sesta edizione arriva un mostro sacro come Max Roach, forse il più grande batterista jazz di tutti i tempi e Ginger Baker, drummer dei Cream, nei primi passi del suo trio con Charlie Haden e Bill Frisell. Ad arricchire l’edizione, gli Oregon e Steve Lacy.
Se il ’91 è l’edizione che celebra le percussioni, il 1992 è invece incentrato sulla chitarra con i massimi esponenti mondiali: John McLaughlin, Mike Stern, Pat Metheny e Scott Henderson. Davvero il gotha a livello globale. Importante anche la partecipazione di Jack Bruce, bassista nei Cream di Clapton.
Al di Meola, Paco de Lucia, Chico and the Gypsies sono i nomi di punta per un’edizione orientata verso le sonorità latine e spagnoleggianti. Nel 1993 partecipò al festival anche Dee Dee Bridgewater, in quegli anni molto popolare in Italia con le sue partecipazioni ai precedenti Festival di Sanremo.
Nel 1994 Arlo Guthrie, figlio di Wooody, e Bob Geldof, anima del Live Aid. Il festival cresce, diventa sempre più importante e si fa sempre più fulcro di idee, che vanno dall’avanguardia alla tradizione, dalle novità ai classici, fino alla storia: Max Roach e Chick Corea insieme, incredibili! Poi John Scofield, il gospel di Willie Johnson, il coro sardo Janas di Seneghe, le voci bulgare, ancora Dee Dee Bridgewater e altri. Un mix di cose talmente diverse da loro da spaesare ma farne, nel 1995, una delle edizioni più interessanti.
Verso il nuovo millennio
Comunque non che il 1996 fosse meno avvincente, con due presenze questa volta più pop come Ivano Fossati, Noa e la nostra Elena Ledda, ma che poi proponeva grandissimi tra i grandi come Michel Petrucciani, Herbie Hancook e Joshua Redman, le devastazioni soniche come quelle della band industrial di San Diego in California, i Crash Worship e uno dei gruppi noise più cattivi nel mondo, i newyorkesi Unsane.
Il 1997, oltre al richiamo mediatico di Paolo Conte e alla riproposta di vari artisti e progetti che avevano già calcato il palco di Piazza del Nuraghe, vede l’esibizione di Trilok Gurtu, indiano, tra i più grandi percussionisti viventi.
Il 1998 è l’anno di uno dei musicisti simbolo del genere di riferimento di Ai confini Tra Sardegna e Jazz, Ornette Coleman, in quintetto, ma anche dei Masada di John Zorn, Richard Galliano con Antonello Salis, Willy Russo’s Chicago Jazz Ensemble che con Michel Petrucciani dedicano uno spettacolare concerto a Duke Ellington, poi Steve Lacy, il Coro di Bitti, Paolo Angeli, Gary Peacock.
1999: Don Byron in quartetto con ospite Bill Frisell, Emergency Quartet con John Zorn e Marc Ribot ospite, Larry Goldings, poi Enrico Rava con diversi tributi a Chet Backer in compagnia di Paolo Fresu, Richard Galliano,Vittorio Franchini (giornalista musicale tra i più importanti).
Gli inizi del duemila
Come già nel ‘98 e nel ‘99 anche nella quattordicesima edizione si da molto spazio alle launeddas, cercando di inserirle in un contesto musicale più ampio rispetto alla sua tradizionale collocazione. Randy Brecker con il compianto Bob Berg, la cantante siberiana Sainkho Namtchylak, la Sun Ra Orchestra, orfana del suo leader, la pianista statunitense, Carla Bley e il grande Arto Lindsay.
Il 2001 vede come centro focale Pat Metheny e la sua chitarra. Intorno a lui Enrico Rava, Billy Cobham, Massimo Ferra. Il festival è diviso in tre parti.
Il 2002, dopo lo sconvolgimento del mondo a causa dei controversi attacchi alle Torri Gemelle a New York, è un anno difficile per tutti e il jazz suona ancora più forte, vibrante: Matthew Shipp, David S. Ware, Bob Mintzer, David Murray e soprattutto la figura del pianista americano Mal Waldron (che morì qualche mese dopo). Anche questa rassegna fu divisa in due parti, una dedicata al free jazz e dintorni vero e proprio e una parte, denominata “Le ali della solidarietà”, con protagonisti sempre di qualità di più immediato ascolto: Sarah Jane Morris, Dee Dee Bridgewater, Josè Feliciano, Don Moye con Baba Sissoko, Corda set Cannas.
Stesso discorso nel 2003 con Miriam Makeba come richiamo e il resto diviso tra le più grandi personalità del jazz mondiale. Dall’incontro tra l’elettronica di Dj Spooky e il pianista free Mattew Shipp, a Cecyl Taylor e Dave Holland, il contrabbassista nel periodo elettrico di Miles Davis e Trilok Gurtu.
Eric Dolphy, uno dei grandi, polistrumentista di fiati, scomparso nel 1964, è il destinatario della dedica del festival del 2004, diciannovesima edizione. Roy Paci, con il suo progetto jazz-core Corleone, Miroslav Vitous dei Weather Report, Hamid Drake, una leggenda, e ancora Matthew Ship, ormai di casa nel Sulcis.
2005 – 2009
Il 2005 è l’anno della fenomenale Shibusa Shirazu Orchestra, direttamente dal Giappone, con i suoi ritmi, allegria e un drago volante, ma anche di Anthony Braxton, Evan Parker, di Roscoe Mitchell e della Burnt Sugar Arkestra di Greg Tate. Ry Cooder e il sound cubano di Buena Vista Social Club, orfani dell’appena scomparso Compay Segundo, è invece il nome più grosso nel cartellone 2006. Certo non il solo, Stewart Copeland, dei Police, alla batteria ne La notte della Taranta, e Steve Coleman, senza dimenticare l’omaggio a Hendrix della World Saxophone Orchestra, in un festival senza base (non la prima volta, successe anche nel 1997 e nel 2000) ma sparsa in altre location nei vari paesi sulcitani.
Se il 2007 è la stagione di Butch Morris e della sua Nublu Orchestra, oltre che dei due mega show della Shibusa Shibaru Orchestra, il festival, rientrato nella sua casa abituale, fa emergere quella che è per me una delle migliori artiste sarde attuali, Rossella Faa, con alla chitarra il maestro Giacomo Deiana.

Cherry-co
Arriva il mio anno, quello che ho amato di più e il primo che ho visto interamente. Dedicato all’apripista di tutta quest’avventura, Don Cherry, morto nel 1995 a Malaga, in Spagna, ha visto esibirsi i figli del trombettista, Neneh (protagonista di successi mondiali come 7 Seconds, Woman, Raw Like Sushi) ed Eagle Eye (Save Tonight) e il meno famoso David Ornette.
All’interno della chiesa che sta di fianco al nuraghe poi, è stata allestita una mostra della moglie, Moki, anche lei scomparsa pochi anni dopo. Certamente uno dei momenti musicali che, perosonalmente, mi hanno toccato di più e che ancora ricordo con emozione. Le opere di Moki sono fenomenali, dei collage psichedelici. Se poi l’esibizione di Nenè Vasconscelos and Friends è stata fenomenale, come quella di Trilok Gurtu d’altronde, quella della famiglia Cherry, Cherryco, è stato uno degli apici emotivi della mia esperienza musicale. Ad aprire il concerto un grandissimo Alberto Balia.
Il 2009 è orientato verso il sound di Chicago, e vede tra i protagonisti Stanley Jordan e la sua chitarra ma anche” resident” come Butch Morris, Mattew Shipp e Roscoe Mitchell.
Albert, Jaco, Gil
Quarant’anni al 2010 che Albert Ayler ci ha lasciato. Uno dei simboli del free jazz più estremo, forse uno degli artisti preferiti dal direttore artistico Basilio. Come non cogliere l’occasione per cucire un festival su questo personaggio, morto forse suicida, con suoi sodali come Bob Few e Milford Graves. Un’anteprima che spazia oltre il jazz: Stephen O’Malley del gruppo drone metal Sunn O))), con Bobby Previte e Massimo Pupillo degli Zu, gruppo hardcore jazz che subito dopo incendierà Piazza del Nuraghe col suo live Carboniferus con una special guest d’eccezione come Peter Brotzmann. E oltre alla potenza ayleriana si respira un’aria di lotta ai diritti dei neri d’America con l’esibizione di Archie Shepp e con la celebrazione del quarantesimo anniversario di We Insist! Freedom Suite di Max Roach. Altri nomi di rilievo David Murray e la fenomenale Conduction 192 di Butch Morris.
Le dediche continuano anche nel 2011 con “JacoJamJazz” che ricorda il grande bassista fusion statunitense Jaco Pastorius con una kermesse dei più grandi bassisti mondiali. Victor Bailey dei Weather Report, Michael Manrig, Jeff Berlin, Tony Levin. Impossibile non citare poi il sound canterburiano dei Soft Machine, anche se orfani di tutti i suoi originali elementi compreso Robert Wyatt, poi Mike Stern, Pat Mastellotto dei King Crimson e l’Exploding Star Orchestra di Rob Mazurek.
Sempre Rob Mazurek, la sua tromba, e i Sao Paolo Undergroud a celebrare, nel 2012, Gil Evans, con un cartellone che vede dopo oltre un quarto di secolo Hermeto Pascoal nuovamente a Sant’Anna Arresi, poi il grande chitarrista Gary Lucas, Kip Hanrah e Horacio “el Negro” Hernandez.
Gli Anni Di Rob Mazurek e Mats Gustafsson
Avvicinandoci sempre più all’attualità, nell’edizione intitolata a Sun Ra, si mette un tassello sulle sonorità più futuristiche. A Partire dagli Heliocentrics, che a Sun Ra devono il nome, che insieme a Mulatu Astatke, sono acclamati dalla critica in tutto il globo per il bellissimo disco Ispiration Information del 2009. A incrementare l’interesse verso altre sonorità Joshua Abrams (Tortoise, Godspeed You! Black Emperor, The Roots, Bonnie “Prince Billy), i Talibam! e ancora i Sao Paolo Underground del sempre presente Rob Mazurek.
Il 2014 è l’anno invernale, il festival lascia agosto e settembre per sbocciare a dicembre e gennaio, durante le festività natalizie. Il programma è sempre validissimo: un folto numero di artisti regionali come Musica Ex Machina, la Snake Platform di Daniele Ledda, Elena Ledda, Riccardo Lay, i Kandirù e il Coro di Bitti. Come artisti nazionali e internazionali abbiamo invece, nuovamente, i Talibam!, poi i Quintorigo con John de Leo, i Bandakadabra con la loro divertente marching band, Peter Evans, Dorian Wood.
Anche il 2015 è stato per me un’edizione da ricordare, con la grande Fire!Orchestra di Mats Gustafsson, reduce dal successo internazionale di Enter e in procinto di registrare Ritual. Venti musicisti sul palco a creare un concerto indimenticabile. Prima di loro Wildbird and Peacedrums, altra formazione svedese, progetto della cantante Mariam Wallentin e di suo marito batterista Andreas Werlin. Alta intensità e presenza. Non da meno il contorno, che ricorda, nella trentesima edizione, con affetto uno dei più grandi, Butch Morris, legatissimo al festival sulcitano.
We Insist!
Il 2016 sperimenta non lontanissimo, ma altrove, tra le gesta rock fuori dalle righe di Frank Zappa, con la solita competenza e originalità che ha contraddistinto le scelte del festival arresino. Daniele Sepe, William Parker, la Megalodon Collective, il Summit Quartet di Mats Gustafsson, Ken Vandemark, Hamid Drake e Luc Ex, Rob Mazurek, Peter Brotzmann, Cooper Moore.
L’ultima edizione, lo scorso anno, ha visto il tributo dell’Associazione Punta Giara alla potenza musicale e politica di We Insist! Freedom Now Suite. Di conseguenza Max Roach, interpretato dalla Burn Sugar di Greg Tate, poi i Lean Left, originale sulla scia del Summit Quartet che si ripropone con uno sfacciato Live in Sant’Anna Arresi. Poi artisti del calibro di Kassa Overall, Kool A.d. dei Das Racist, Joe Chambers, Marilyn Mazur, David Virelles.
Sant’Anna Arresi comunque non è solamente il festival in se. Intorno ad esso girano seminari internazionali, come quello dedicato a Marcello Melis, mostre, percorsi enogastronomici e dedicati alla scoperta del territorio e anche delle vere e proprie produzioni discografiche come quella del Summit Quartet, Butch Morris, Exploding Star Orchestra e tante altre e anche letterarie con libri dedicati alle launeddas a Eric Dolphy e a Miles Davis. Di spessore anche il dvd del 1989 che immortala l’esibizione della Sun Ra Orchestra in Piazza del Nuraghe.
Quest’anno il festival si svolge dall’1 al 9 settembre e, oltre il palco principale, ha alcune date nel comune di Masainas, nella spiaggia di Is Solinas e in quello di San Giovanni Suergiu, nella borgata di Palmas.