Luca Marcia - Malignis Cauponibus - Alessio Cabras - Talkin' Blues - interviste - Cagliari Blues Radio Station - Simone Murru - 2021 - Sa Scena - 8 maggio 2021

Talkin’ Blues – Intervista a Malignis Cauponibus

Simone Murru Interviste

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Il bluesman sparadese si racconta ai microfoni di per la rubrica Talkin' Blues

Intervista di

Cagliari, prima periferia verso nord, primo mattino, tra la campagna e le aziende che hanno invaso la piana dietro lo stagno, la zona industriale. Il Bar Taverna ha riaperto da poche ore. Gli avventori entrano decisi e poco silenziosi, vogliono far sentire e condividere il peso della loro giornata di lavoro. Hanno finito il turno di notte. Passi strascicati, borse da lavoro lasciate cadere come un atto di liberazione, per terra, appena fuori dalla porta. Rumori di catene e chiavi, lo sciacquone del bagno alla turca in continua perdita, una telefonata in sottofondo, le notizie e le sigle della radio si alternano alla musica di sottofondo, quella di A Pathos. Un cliente sulla porta conta il resto in monete, non si dà pace e tortura le sue tasche. Le mosche giocano tra i granelli di zucchero caduti sul tavolo e volano via. Il barista taverniere non lavorerà o servirà più nessuno per la prossima ora. Luca si siede con me, dà le spalle al suo mondo, al suo lavoro e mi racconta della sua musica, del suo blues, i suoi progetti, prima di risistemare la sala e iniziare una nuova giornata.

Luca Marcia - Malignis Cauponibus - Carla Lisci - Talkin' Blues - interviste - Cagliari Blues Radio Station - Simone Murru - 2021 - Sa Scena - 8 maggio 2021
Malignis Cauponibus – foto di Carla Lisci

Come e quando inizia il tuo blues?

Tutti i miei primi ascolti musicali sono stati guidati dalle audiocassette che portava a casa mio fratello maggiore. Ascoltavo un po' di tutto, ma di blues nessuna traccia. A 12 anni ho percepito il bisogno di ascoltare i messaggi sociali forti che ho subito trovato nel punk. Più avanti, nella ricerca ostinata dell'”urlo di libertà”, ho ascoltato il rock derivato dal blues e, come nella ricostruzione e nella discesa di un albero genealogico, l'avvicinamento al genere è stato abbastanza facile, risalendo agli autori delle canzoni di Yardbirds o dei Rolling Stones, tra i tanti.

Come nasce Malignis Cauponibus? Cosa racconta? Cosa sogna?

Nel 2015, conclusa l'avventura di una folk band cantautorale che avevo costituito, i Bétuas, proposi a Giacomo Salis, un mio vecchio amico, di partecipare al contest “Sound4Social”. Abbiamo portato due brani fortemente ispirati da Tom Waits, ma cantati in sardo, unica lingua “ca mi intendu, ca arrannesciu a iscriri”, vincendo il contest. L'isola mi stava stretta e ho deciso di partire. È stato un periodo in cui ho collezionato pensieri, canzoni e sogni e dove ho allenato lo storytelling, le accordature bizzarre, ho comprato e rivenduto chitarre quasi in ogni città visitata. Quando sono rientrato nel 2019, ho sentito la necessità di riassumere tutto questo nell'album A-Pathos sotto il nome di Malignis Cauponibus. Gran parte dei contenuti del disco provengono da un piccolo spettacolo intitolato “Ti sbatto in Sardegna”, sperimentato in precedenza in giro per l'Italia. Nel disco mescolo recitazione e rumoristica e demolisco la struttura classica del blues, con uno stile “abrasivo”. La realizzazione del disco è stata possibile grazie alla strepitosa collaborazione di Massimo Loriga, Andrea Schirru, Gerardo Ferrara, Lorenzo Imbimbo, Stefano Minnei e Michele Deidda. 

Malignis Cauponibus è un personaggio storico? Qual è il suo ruolo? perché hai scelto questo nome?

Ho creato mentalmente delle figure  di vecchi tavernieri (cauponibus) o di barman dei nostri tempi, che tentano di raggirare il cliente sul resto o sulle ordinazioni, riportandole in musica nel tentativo di imbrogliare malignamente (malignis) l'ascoltatore, proponendogli canzoni strutturate in maniera non convenzionale. 

Su quale progetto ti stai concentrando maggiormente?

Ho approfondito la scrittura creativa in sardo e ho sviluppato la necessità di distinguere il lavoro musicale su due linee: una cantautoriale, che percorrerò come solista, e un'altra, più corale, con la band, i Malignis Cauponibus. Prevedo quindi di pubblicare a breve qualcosa come solista, un progetto sperimentale basato su idee disseppellite dal periodo precedente e successivo alla pubblicazione di A Pathos.

Quale canzone del tuo repertorio consideri più rappresentativa e perchè?

Druci mama”scritta per Reyhaneh Jabbari, la donna iraniana giustiziata per essersi difesa dal suo stupratore. Ho riadattato in sardo le parole della sua ultima lettera e la sua storia.

C'è una canzone o un brano che avresti voluto scrivere?

In the Colosseum” di Tom Waits.

Qual'è il tuo gruppo o musicista di riferimento Internazionale?

Marc Ribot.

Qual è il tuo concerto che ha lasciato il segno a livello emotivo o professionale di cui vuoi raccontare?

Vivevo in Irlanda, avevo da poco raggiunto il livello di inglese necessario per sopravvivere. Con il gestore di un pub avevo concordato un concerto, Non avendo a disposizione i sottotitoli, mi disse una cosa che capii così: “Va bene il blues, ma poi spostati nel western-country”. Tra una mia canzone in sardo, qualche brano di Johnny Cash e Frankie Laine ho pensato comunque di cavarmela. Superata la prima mezz'ora, il proprietario mi si è avvicinato per ribadire: “Troppo blues, ora gira tutto sul country, gli avventori del locale non si trovano bene”. L'atmosfera mi ha riportato alle sensazioni della scena del film The Blues Brothers, quando la band insiste con il blues in un locale country e diventa oggetto di fischi e lancio di bottiglie da parte del pubblico, sino al compromesso con “Themes from Rawhide”. Ho ripreso il concerto con un mio brano, “Impicau”, riadattato al momento in stile country e ho giocato così tutte le mie carte. Ho concluso la serata al bancone con il gestore e con la consapevolezza di voler sentire la mia musica e di non suonare per compiacere il pubblico.

Quali sono i migliori concerti che hai visto?

Bunuel, il progetto di Capovilla con Iriondo e Franz Valente, visti a Fontanafredda nel 2018. I Red Fang alla CuevaRock nel 2015: credo mi stiano sanguinando ancora le orecchie. E ricordo, come fosse ieri, Joe Bonamassa nel 2007, Eric Burdon nel 2009, entrambi al Narcao Blues Festival.

Il blues riesce a interpretare i tuoi tempi e quelli del posto in cui vivi?

Il blues è anima, qualcosa che spesso associo al rapporto tra uomo e natura. Percorrendo una qualsiasi strada rurale dell'Isola o lavorando in campagna, è difficile non sentirsi intrisi di blues e lasciarsi trasportare dal lamento cantato da Blind Willie Johnson e Son House. La Sardegna e l'umore dei sardi sono terreno fertile per questo genere che ben si sposa con la continua ricerca di riscatto e che si domanda costantemente quale sia la sua strada. Infine nel blues trovo le risposte alle mie domande sulle disuguaglianze e sul riscatto sociale.

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Malignis Cauponibus – foto di Lieven Loots

Chi apprezzi di più tra i sardi e tra gli artisti nazionali?

Francesco Piu, capace di esaltare ogni nota e ogni passaggio delle sue composizioni. River of Gennargentu, per la spontaneità e la profondità delle sue canzoni. Matteo Leone per il suo percorso di ricerca artistica. Nel panorama del blues nazionale, invece, ho avuto modo di apprezzare e conoscere il bresciano Cek Franceschetti.

Qual è il disco o il musicista che ha maggiormente influenzato la tua produzione?

Tutti gli album di Tom Waits, a partire da Swordfishtrombones in poi. Poi Ennio Morricone, le sue opere e i suoi paesaggi sonori sono scolpiti nella mia memoria.

Hai dei consigli musicali per i nostri lettori?

Oltre il blues, consiglio l'album “Kiwanuka” del britannico Michael Kiwanuka, prettamente soul funk, e il progetto Marc Ribot's Ceramic Dog. Consiglio, per approfondimenti e spunti di ricerca sulla materia, il documentario di Diego Pani The Search”, il magazine inglese “Blues Matters”, scoperto di recente dopo la loro recensione del mio lavoro, e il libro di Sara BaoVoodoo Blues”. Il misterioso caso di Robert Johnson”.

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Malignis Cauponibus – foto di Carla Lisci

La musica rappresenta il tuo unico lavoro?

Mi piacerebbe molto, ma purtroppo non è così. Questo desiderio, difficile da realizzare, fa tremendamente parte del mio blues.

Cantautore, voce e chitarre nasce nel 1989. Accumula esperienza tra alcune delle band più curiose e disparate, tra folk, garage-punk e rock. Il suo primo progetto cantautoriale viene concepito tra il 2007 e il 2008 con il nome Bètuas (bisaccia). Nel 2015 forma il duo Malignis Cauponibus (Tavernieri imbroglioni) che vince il Premio Sound4Social con due canzoni registrate insieme a Giacomo Salis. Il progetto ben presto naufraga tra i crocicchi delle strade fuori Sardegna come progetto cantautoriale. E' proprio fuori l'isola che intraprende la via della sperimentazione di testi, voce e chitarra  tra locali e club in Brasile, Slovenia e Friuli. Il disco A-Pathos di Malignis Cauponibus, autoprodotto, esce nelle piattaforme digitali nell'Ottobre 2019, oggi è disponibile in cd. Il progetto nell'agosto 2020, ha guadagnato un riconoscimento dall Isola Tobia Label durante il Premio per la canzone di qualità, “Botteghe d'Autore”. Al momento l'artista si occupa della sperimentazione noise e delle sue relazioni con la struttura della canzone.

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Malignis Cauponibus – foto di Alessio Cabras