Paolo Succu – foto di Emiliano Cocco

Talkin’ Blues – Intervista a Paolo Succu

Simone MurruInterviste

Le casse dell’home studio di sputano decise un sound di alta qualità e ti avvolgono con un affettuoso abbraccio, portando le note del blues mediterraneo su un palco sgangherato ai margini del Mississippi. Di colpo mi ritrovo in una dimensione del tutto avulsa dalle cose di ogni giorno e tra dischi, riviste e fotografie iniziamo questa intervista per Talkin’ Blues!

Ciao Paolo grazie della pazienza e di averci dedicato un pò del tuo tempo nel bel mezzo della stagione estiva. Ci fai un riassunto della tua vita da musicista?

Nasco a Nuoro nel 1983, ho iniziato a suonare la batteria all’età di 12 anni e all’età di 14 ho studiato con Gian Paolo Conchedda per poi trasferirmi a Roma appena maggiorenne per studiare privatamente per sette anni con Derek J. Wilson. Ho battuto il tempo per i Tempi Di Cris, , , Bulla, e oggi suono con i e con e Alfredo Puglia

Come nasce la tua passione per la musica? 

Nasce tra le mura di casa. Sono il più piccolo di di una sorella e due fratelli, l’impianto hi-fi di casa era costantemente acceso e a turno sul piatto del giradischi ruotavano i gusti musicali di ognuno. Ho potuto ascoltare sino a dieci generi diversi nello stesso pomeriggio. Inoltre abbiamo a lungo ospitato nel garage di casa una band di alcuni amici di mio fratello. Io non perdevo neanche una prova e a prove finite mi sedevo sulla batteria e cercavo di imitare tutto quello che avevo appena visto. Capii subito che ne ero follemente innamorato.

Paolo Succu e Gavino RIva– Foto di Francesco De Faveri

Il tuo percorso musicale sin dagli inizi non si incentra su un solo genere, ma nello specifico come hai conosciuto il blues?

Già da molto piccolo dallo stereo dell’auto di mio padre ho potuto ascoltare album come slowhand di Eric Clapton, ancora non sapevo chi fosse ma ne ero completamente rapito. Quello fu il punto di partenza che mi ha portato subito dopo a lunghi ascolti di Jimi Hendrix, Led Zeppelin e ancora Clapton. Nel 2003, a Roma, iniziai a studiare con Derek Wilson. In quel periodo il blues ha suonato nella mia camera giorno e notte: B.B. King, Muddy Waters, Buddy Guy, Stevie Ray Vaughan e tantissimi altri. Ho un bellissimo ricordo di quegli anni.

Come è stato studiare con un grande come Derek Wilson? 

Una delle esperienze più importanti della mia vita. Nel 1996, all’età di 13 anni, ho letto una sua intervista su un magazine di batteria dal titolo “Lo Scozzese Volante”. Da quella lettura ho capito che avrei voluto studiare con lui. Quel sogno si avverò nel 2003. Spesso dopo le lezioni abbiamo pranzato insieme e mi ha raccontato della musica all’House of Blues, della RCA, dei concerti al Fillmore West e dei tour mondiali con Zucchero. Quasi non mangiavo per poter ascoltare ogni sua parola.

 KIng Howl. Foto di Davide Dicorato

A chi ti sei ispirato quando hai iniziato a suonare? E oggi chi sono i tuoi riferimenti? 

All’inizio del mio percorso fui ispirato tanto dalle band come Faith No More, Rolling Stones, Led Zeppelin, Cream, Beatles, The Who, Ramones, The Clash, Supertramp e Mr. Bungle e fui ispirato dai grandi nomi della batteria come  Max Roach, John Bonham, Mitch Mitchell, Steve Gadd, Vinnie Colaiuta, Charlie Watts e Buddy Rich.  In realtà ho tratto ispirazione da tutta la musica che mi è passata per le mani. Ultimamente seguo e studio Ash Soan, Aaron Sterling, Eloy Casagrande e Fabio Rondanini.

Quindi ci parli dei tuoi progetti attuali e dei progetti futuri? 

Da un anno faccio parte della band heavy blues King Howl e di recente sono entrato a far parte insieme a Luigi Frassetto e Alfredo Puglia del progetto Il Suono, del quale sentirete parlare presto. 

Con i King Howl siete reduci da un anno intenso per i tour di “Homecoming”. Cosa bolle in pentola ora?

Siamo reduci da due tour europei e uno italiano. Sono molto felice di lavorare con loro, c’è un grande feeling che ha naturalmente regalato un anno davvero intenso e pieno di soddisfazioni. Adesso ci stiamo dedicando a una parte che amo tantissimo, la creazione di un nuovo disco

Quali sono i tuoi ascolti ora e cosa ci suggerisci? 

In questo periodo ascolto i Tame Impala, Fantastic Negrito, Beatles, Jack White, Black Pumas, Kokoroko e Orgone. Una band che sto apprezzando particolarmente sono gli I Hate My Village, uno dei progetti più interessanti nel panorama nazionale attuale. Infine i Gov’t Mule che suonano nelle mie giornate per tre o quattro ore.

Paolo Succu – Foto di Gianluca Risi

Torniamo a parlare di te, la musica rappresenta il tuo unico lavoro?

Si, è il mio unico lavoro e ultimamente ho differenziato e diviso il mio tempo  tra i tour,  le incisioni nel mio home studio che mi permette di migliorarmi costantemente nella registrazione e di conoscere tanti artisti sparsi nel mondo e la scuola: da un anno insegno nella scuola di musica Bateras Beat a Sassari. L’insegnamento è una parte che amo tanto del mio lavoro, perché poter trasmettere la mia passione per la batteria ai miei allievi e vedere l’impegno e la costanza che ci mettono mi rende molto felice e orgoglioso.

C’è un disco che ti ha cambiato la vita? 

Ci sono più dischi che hanno cambiato varie parti della mia vita, uno di questi è di sicuro “Are You Experienced” di Hendrix, l’ho divorato in vari momenti della mia vita artistica, ho sempre trovato le soluzioni che mi servivano quando mi capitava di avere la creatività un po’ “lenta”.

Il pubblico del blues in Sardegna e per quanto vedo in giro nel mondo ha un’età che raramente è sotto i quarant’anni. Come leggi il fenomeno?

Penso che il blues sia un genere spesso clandestino e underground. Una volta scovato, va corteggiato, vissuto ed esplorato. Con il genere ci si deve trovare nello stesso incrocio, quel “crossroad” che alimenta la leggenda dei pionieri del genere, Robert Johnson per primo. Ecco, ci sono giovani che si fermano in quell’incrocio, a lungo o meno, e altri che invece prendono altre strade.

Francesco Piu, con il quale hai condiviso anni di musica, è uno dei nomi di punta del blues a livello europeo. Cosa ti porti dietro da questa esperienza e quale è stato il momento o l’episodio che merita di essere raccontato? 

Suonare insieme ad un artigiano del genere come Francesco è sempre stata un’esperienza arricchente che mi ha dato la possibilità di conoscere persone e situazioni fantastiche. Un periodo che ho particolarmente a cuore è il tour dell’album Crossing e il concerto allo Spazio Teatro 89 a Milano con la band di sette elementi assieme a grandi musicisti come Gavino Riva, DJ Cris, Cisco Ogana, Silvio Centamore e Bruno Piccinnu. Sono fortemente legato a tutti gli anni passati insieme.

A mio parere i  King Howl è uno di quei progetti che aiuta la prospettiva del futuro del blues, ci sono altri progetti che metteresti su questo binario?

In Sardegna e nel resto d’Italia ho avuto la fortuna di conoscere e condividere il palco con dei grandi artisti che daranno al blues nostrano un grande futuro. Parlo di Francesco Piu, , Andrea DeLuca, , e ancora Davide Speranza, Roberto Luti, Elisabetta Maulo, e Superdownhome.

Credits Paolo Succu

Salutiamo tutti i lettori di Sa Scena e diamo appuntamento alla prossima intervista Talkin’ Blues

Immagine di copertina: Paolo Succu – Foto di Emiliano Cocco