Signal Reload

Claudio LoiLive report

CAGLIARI, Ghetto. 13/22 0ttobre 2023

Dal 13 al 22 ottobre di questo 2023 che volge al tramonto negli spazi del Ghetto di Cagliari ha avuto luogo l’edizione numero diciassette di SIGNAL per l’occasione con l’appellativo di RELOAD in quanto ramificazione della casa madre Signal a sua volta espressione materica dell’Associazione TiConZero che dal 1995 agita le acque della ricerca musicale isolana. Il Ghetto è un luogo perfetto per ospitare un festival che si pone come crocevia di ricerche, sperimentazioni, nuove indisposizioni del panorama musicale contemporaneo. La vista della città dai bastioni del Ghetto è stupefacente e pure straniante: un contenitore di storie e vicende stratificate e confuse. C’è ancora la città vecchia, i suoi stagni, il tessuto urbanistico dei tempi andati, si intravedono quartieri storici, ma tutto è ormai fuori fuoco, sbiadito e confuso, con uno svolazzare di aerei che trovano riparo nel vicino aeroporto e sullo sfondo le torri di abnormi contenitori navali pensati per lo svago degli umani. Ancora oltre si scorge una fiamma perenne a fare da monito e ricordarci quanto siamo precari. 

Uno scenario perfetto per un festival che ha fatto della ricerca il suo statuto primario, che guarda il mondo cercando di immaginare e costruire il futuro. La ricerca, la sperimentazione, lo studio delle possibilità creative sono la base di Signal e delle persone che lo animano e mai come in questa edizione questa peculiarità si è espressa al meglio. E quello che era un mondo esclusivo e di nicchia come l’elettronica, le nuove tecnologie, la fluidità del digitale è adesso apertura e condivisione, sguardo aperto verso tutto quello che arriva da artisti che guardano oltre, senza limiti di genere, senza codici di riconoscimento. Non deve quindi stupire se nella rassegna sfilano le più rigorose proposte di sperimentazione digitale, il pop nella sua più gioiosa manifestazione terrena, la ricerca sonora, brandelli di quella creatura che per comodità chiamiamo ancora rock e persino un doveroso richiamo alle tradizioni più occulte dell’isola. Signal da qualche anno è questa cosa qua, una scatola magica piena di sorprese e di emozioni inaspettate che, a pensarci bene, sono la logica rappresentazione di TiConZero e della direzione artistica di Daniele Ledda e di tutta la ciurma che sostiene questa macchina immaginifica.

Signal Reload - Foto di Sara Deidda
Signal Reload – Foto di Sara Deidda

Signal per sei giorni ha preso possesso del Ghetto e si è insediato sia negli spazi esterni – grazie a un clima ancora favorevole e poco autunnale – sia nella sala interna nella quale emerge un lacerto che rimanda alla sua vecchia destinazione d’uso, vecchie mura che potrebbero raccontare tante cose e in parte lo fanno e rendono superfluo qualsiasi intervento scenico. Uno spazio che ha solo bisogno di essere riconosciuto e abitato e Signal questo lo ha fatto alla perfezione.

Dal 13 ottobre il festival si è articolato su sei giorni occupando due fine settimana con un bell’alternarsi di proposte che spaziano in diverse direttrici estetiche. Un approccio che ha richiamato tanti appassionati e ha permesso anche un vitale ricambio generazionale, cosa abbastanza rara nei festival regionali che vivono di un pubblico fidelizzato ma poco fluido. In questa edizione di Signal era piacevole vedere volti nuovi e persino svagati gitanti attratti dai suoni e dalle atmosfere provenienti dal ghetto e, nonostante il devastante accumulo di proposte contemporanee a poca distanza (cfr. MCN, Premio Parodi e tante altre iniziative), un’affluenza che ha premiato questa scelta.

Confesso di non essere riuscito a seguire tutti gli spettacoli (ho saltato le domeniche) ma posso dire che quello che sono riuscito a vedere era di ottima qualità, proposto in uno scenario perfetto per ascoltare musica a prezzi super popolari e orari che vengono rispettati. Piccoli particolari che fanno la differenza.

Signal Reload - Foto di Sara Deidda
Signal Reload – Foto di Sara Deidda

Lo sviluppo delle varie serate è stata pensata alternando i set tra interno ed esterno interno, una soluzione che ha funzionato e che ha consentito al pubblico di interagire e riuscire anche a scambiare qualche opinione. L’apertura del festival è avvenuta con il concerto in solo di Omar Leone che ha proposto alcune composizioni per violoncello sospese tra rimandi alla tradizione colta del Novecento e dissonanze tipiche della ricerca sperimentale. Zero elettricità ma tanta energia per un artista che ha ancora tanta strada da fare ma con le idee molto chiare.

A seguire ancora un set in perfetta solitudine proposto da Luca T. Mai che destruttura il suo sassofono baritono con inserimenti di elettronica e il ricordo di gloriose stagioni passate a sconvolgere le coordinate del suono con gli Zu. E sullo sfondo la città sorride.

Il progetto The Owl in Daylight era molto atteso soprattutto per la natura obliqua e instabile di questo trio. Giacomo Salis, Mauro Vacca e li conosciamo bene e il loro percorso artistico ogni tanto converge nella stessa direzione. Tre anime che hanno trovato conforto in una proposta che unisce la sperimentazione elettronica di Andrea Cherchi, il drumming irriverente di Salis e i tormenti rural-dark che arrivano dalle tante passioni di Mauro Vacca. In fin dei conti la cosa funziona e si respira una certa angoscia e un mood pestilenziale e poco salutare per un progetto che merita di essere portato avanti e approfondito.

Signal Reload - Foto di Sara Deidda
Signal Reload – Foto di Sara Deidda

La serata si chiude con l’esibizione di S A R R A M che ha proposto una lunga suite per chitarra e disturbi elettronici, una rilettura in tempo reale delle intuizioni apparse nel suo recente album Pàthei Màthos (recensito su queste pagine). Veniamo introdotti in territori dark ambient, in una massa sonora ipnotica e densa ben assecondata dalle soluzioni video create in diretta. Valerio Marras è ormai una certezza, il suo lavoro è apprezzato anche fuori dall’isola ed è interessante percepire l’esigenza di non ripetersi e di non indugiare su quello che è già stato detto che in fondo è la stessa filosofia di questo festival.

Si riprende la sera successiva con l’esibizione di Cinzia Curridori che arriva dall’ambiente del Conservatorio di Cagliari e si sta concentrando sulla ricerca sonora in ambito percussivo (tamburi, vibrafono, pelli e altre cosette). Naturale quindi l’utilizzo di vari dispositivi digitali applicati a sorgenti analogiche e il richiamo a maestri del genere, tra cui è giusto ricordare Roberto Pellegrini che avrebbe sicuramente apprezzato queste inedite escursioni ritmiche.

Sprigu è il nuovo progetto concepito da e Marco Coa e funziona proprio come una sorta di viaggio interiore tra i due musicisti che, posizionati uno di fronte all’altro interagiscono come in un gioco di specchi e di riflessi condizionati. Tastiere di varia natura, oggetti, percussioni, laptop d’ordinanza, flussi corposi di suoni elettronici e un continuo rimando a sé stessi e all’altro da sé. Un viaggio che ricorda certe cavalcate elettriche del secolo scorso (viene in mente Klaus Schulze post Tangerine Dream) e che sarebbe una perfetta colonna sonora per un remake di qualche follia di scuola Kubrick. Quando il set finisce scendiamo sulla terra e usciamo a riveder le stelle che il panorama del ghetto non fa mai mancare. La sensazione è quella di aver viaggiato in una dimensione ultraterrena e di non essere più quelli di un’ora prima.

Signal Reload - Foto di Sara Deidda
Signal Reload – Foto di Sara Deidda

Molto interessante e coinvolgente anche il progetto Brenti di Alessandro Cau che suona, dirige e coordina un ensemble che ogni volta appare con nuovi attori e nuove sonorità. Per l’occasione l’orchestra era composta da (trombone basso), Mauro Diana (clarinetto basso), Maurizio Floris (sax contrabbasso), Luigi Frassetto (chitarra), Tobia Poltronieri (chitarra), Raffaele Pilia (chitarra preparata), Marco Giudici (synth), (voce), Gianfranco Fedele (rhodes), Tancredi Emmi e (contrabbasso), Antonio Pinna e Alessandro Cau (percussioni) e forse anche qualche altro musicista inserito per l’occasione. Il maestro cerimoniere era abbastanza emozionato ed è plausibile vista la complessità di questa macchina, molto originale e al di fuori di ogni logica commerciale e che appare proprio come una scelta di vita e un preciso manifesto di intenti.

Nonostante il differente approccio stilistico e la distanza fisica c’è un solo grado di separazione tra l’orchestra di Alessandro Cau e i veronesi C+C=Maxigross ed è quella di avere avuto entrambi la fortuna di poter collaborare con Miles Cooper Seaton che purtroppo non è più tra noi ma grazie a loro diventa parte di questa notte cagliaritana. C+C=Maxigross è una band che ha lasciato delle tracce importanti nella scena rock nazionale e che per l’occasione ha presentato il loro nuovo album Cosmic Res. Il suono è sempre quello ed è subito riconoscibile: ballate agrodolci cantate in italiano distese su un tappeto di suoni e rumori che richiamano certe esperienze (soprattutto americane) che in questi anni hanno riscritto la storia della musica moderna come Animal Collective, Akron/Family, Panda Bear e altre strane creature che si nutrono di noise, psichedelia, escapismo senza sconti e forti richiami alle storiche correnti della hippie culture dei lontani sixties. Tutta questa roba riletta e riscritta con una sensibilità unica e peculiare che il set del ghetto ci ha restituito nella sua natura più bucolica e naturale.

Signal Reload – Foto di Sara Deidda

Chiudono la serata le , la nuova creatura sonora di Lisa Masia e Marina Cristofalo, naturale evoluzione di quella bella e felice storia chiamata (poi solo Lilies) adesso Lili. Stanno testando in questi giorni le composizioni del nuovo album Spaziotempo e lo fanno in compagnia di Lorenzo Maseeni alle tastiere e da un folto pubblico composto da amici di vecchia e nuova data. Synth pop di ottima grana, elettronica dal volto umano che contagia e stimola la circolazione e favorisce l’afflusso di sangue al cervello. Sembra musica che arriva dall’oltre mondo e invece è roba nostra a chilometro zero. Le ragazze ci sanno fare, suonano con il piglio delle veterane senza aver perso neanche un briciolo di spontaneità. Sembra facile ma non lo è.

Il 20 ottobre si riprende con l’esibizione di Sara Vargiu che rumoreggia con il suo laptop e altri dispositivi digitali prima di lasciare la scena a Snake Lab un progetto organizzato da Daniele Ledda non troppo lontano da precedenti esperienze come e altre varianti esecutive. Un laboratorio che ha un esito finale nel quale i musicisti sono coinvolti sia come esecutori sia come animatori e creatori del suono. Ci si concentra sulle dinamiche dell’esecuzione e sul superamento delle tradizionali modalità del comporre e del suonare e il risultato finale è una imprevedibile dinamica di suoni e gesti creati e vissuti in tempo reale. Bisogna dire che la grande esperienza e duttilità degli artisti coinvolti ha reso tutto più semplice e coerente.

Signal Reload - Foto di Sara Deidda
Signal Reload – Foto di Sara Deidda

Sabato 21 ottobre per me si apre con l’esibizione di Rael (Marco Ruju), musicista e produttore con base a Cagliari la cui musica è un connubio perfetto di suoni elettronici, manipolazione digitale e sound design. La sua proposta viene costruita in tempo reale grazie a dei software che, attraverso l’intervento del producer, agiscono e modificano i suoni creati dalla macchina. Uno strano caso di creazione artistica in cui uomo e macchina interagiscono in misura variabile come spiegano le note del festival: “una rivisitazione integrale del live coding e sulla costruzione di un mondo granulare e microsonoro”.

Anche l’esibizione successiva di Samur Khouja, sound designer e ingegnere del suono che arriva da lontano (lui è russo ma lavora in California) e la sua proposta è figlia della nuova ricerca elettronica contemporanea applicata ai mutamenti dell’ambiente, molto sensibile agli aspetti politici della musica. Il suo lavoro unisce rumori e immagini che richiamano gli effetti distruttivi dell’estrazione mineraria nelle profondità marine proposte nel Pacifico e alla fine si rimane con una certa dose di angoscia da smaltire nella terrazza panoramica.

Signal Reload - Foto di Sara Deidda
Signal Reload – Foto di Sara Deidda

Chiude la serata l’esibizione di Dalila Kayros e che tornano in città dopo l’esibizione al Karel Music Expo. La sala è stracolma e si avverte una strana e piacevole sensazione di dolce attesa che verrà ampiamente ripagata da un set davvero fuori dall’ordinario. Il concerto è preparato e pensato nei minimi dettagli sia nella scelta delle composizioni sia nella parte visual che aggiunge emozione all’emozione. Dalila Kayros si presenta attraversando la sala con la sua voce e il suo portamento da signora delle tenebre e poi, affiancata dai ritmi prodotti da Danilo Casti, è solo magia. Un’unica lunga suite che raccoglie frammenti delle composizioni presenti in Animami ma si spinge molto oltre con un approccio che ridefinisce i confini del suono e le possibilità della voce e delle macchine. Lei non si risparmia, è totalmente immersa in questa dimensione religiosa e ieratica: urla, piange, sussurra, parla, recita, evoca spettri e fantasmi, invoca qualcosa che non è dato conoscere. Una performance che si incunea nelle zone grigie dell’anima, che fa riaffiorare ricordi che si palesano spaventosi e inaspettati e costringe a ripensare il proprio statuto di esseri umani. E mai come in questo frangente si arriva al termine della notte con la sensazione di essere fortunati, molto fortunati a poter assistere a spettacoli così viscerali, umani e sovrumani, e perdersi in questo vortice di suoni e tormenti elettronici.

Signal Reload - Foto di Sara Deidda
Signal Reload – Foto di Sara Deidda

Per me il festival è finito qui con la certezza di aver vissuto una delle più riuscite edizioni di Signal. Peccato non aver visto tutto ma chi ci è stato mi ha confermato che ogni serata è stata perfetta e magica. D’altronde i nomi a cui mi riferisco sono questi: Alessandro Perra, Giorgia Pintus, la formazione Los Sara Fontan, l’Ensemble KÁTA STRÒFE, il progetto Menion creato da Stefano Ferrari, Daniele Ledda con Clavius, Stromboli, Davide Collu, Roberto Musanti, , Bruce Fuckstain, Marco Manconi. Qualcosa l’avrò dimenticata e magari qualche ricordo si è modificato nel turbine degli eventi ma vi assicuro che non è stato facile smaltire tante emozioni concentrate in così poco tempo.