C’è un pezzo di mondo, forse maggioritario, per il quale la musica elettronica è sinonimo di prosecco, abiti di lino e festa fino al mattino.
Adesso, senza stare a scomodare Eno, Stockhausen, Moroder che dell’elettronica hanno scritto un capitolo a parte, c’è stato un momento storico in cui un certo tipo di kick in quattro ha rappresentato un voler dire qualcosa sul mondo, del mondo e al mondo. È il periodo dell’ondata squat, a cavallo tra gli ottanta e i novanta, delle street parade e dei rave.
Brutalism, l’EP di Scam, pubblicato lo scorso 15 settembre per la – guarda caso – tedesca Monolith Records, riporta non tanto a quegli anni, ma a quelle sensazioni.
E di nuovo, l’elettronica rinnega la sua patina edonistica, diventando il perfetto veicolo dell’alienazione, della desolazione dell’attualità. Da appassionato di urbex, Samuele Costa sa cosa sia la desolazione e, armato dei suoi affezionatissimi Volka, la rappresenta egregiamente.
Dopo l’intro della title track, quasi un entrè di benvenuto, si entra nel vivo con Counterparts, che, con cassa e rullo martellanti, catapulta l’ascoltatore tra catene di montaggio in disuso e ciminiere oramai spente. L’ascolto prosegue coerente con gli intenti, lasciando modo al producer di Monserrato di destreggiarsi tra atmosfere asettiche e distopie post moderne.
C’è della cupezza, e pure tanta, ma le tracce non sconfinano mai nel pessimismo. Anzi, il lavoro di Scam è pervaso da un estremo realismo, come se la realtà non fosse abbastanza cupa e brutale di per sé. In questo, Brutalism dimostra una grande forza didascalica e scenografica, quasi a voler raccontare il braccio che ha mosso il telaio, la forza che ha mosso l’acciaio, che esiste, e Scam lo sa.