Sa*Rock Festival, il report 2023

RedazioneLive report

Un report di Luca Garau, Enrico Melis Costa e Alessio Frau, con le foto di Emiliano Cocco, Antonio Deidda e Roberta Uras

Sebbene i motivi siano tanti, diversi e fumosi, ormai è un dato assodato che la musica in Sardegna sia più a suo agio nei piccoli centri. A parte qualche significativa eccezione, l’estate concertistica isolana si è concentrata nei paesi. Uno di questi è stato che nelle serate del 20, 21 e 22 luglio ha ospitato la seconda  edizione del , organizzato da MIS FACTORY e DIAPASON Associazione di Musica e Cultura.

Sa*Rock Festival 2023 (Credits by Antonio Deidda)

A dare il benvenuto ci ha pensato un’atmosfera quasi surreale: una cappa di caldo e afa toglievano l’aria al respiro, mentre la figura mastodontica della Saras che si staglia sull’azzurro del mare pareva essere sull’orlo di soffocare qualsiasi vitalità. Arrivati poi nell’affezionata cornice di Villa Siotto, nonostante l’insistenza dell’afa, l’accoglienza è apparsa subito migliore. La musica attentamente selezionata da Miss Mary Light che si è occupata di allietare le attese nei tre giorni, la birra fresca e il corposo profumo di arrosticini hanno costituito un’oasi per gli astanti. 

Il primo giorno è stato aperto dalle , progetto nuovo di zecca, ma con un passato importante, fatto di e . Il duo tutto al femminile ha portato in scena Spaziotempo, pubblicato la scorsa primavera per Garrincha Dischi. E se Spaziotempo era il titolo, dilatazione e lentezza sono state protagoniste dello show, impreziosite da suoni eleganti, a tratti impercettibili, a tratti roboanti.

Lili (Credits by Emiliano Cocco)
Lili (Credits by Emiliano Cocco)

Palco ancora al femminile per la seconda esibizione, che vede Daniela Pes – enfant prodige del roaster di Iacopo Incani – e socia infiammare i petti degli astanti. La performance è calda, empatica, lei sul palco è una papessa del suono, carica di carisma e presenza scenica. Ma oltre l’apparenza c’è una grandissima capacità musicale che si esprime sia nel cantato che nell’esecuzione strumentale. Tra il pubblico qualcuno ricorda i Lali Puna, qualcuno lo stesso Iosonuncane, qualcun’altro, saggiamente, chiede silenzio.

Daniela Pes (Credits by Emiliano Cocco)
Daniela Pes (Credits by Emiliano Cocco)

Il terzo ospite della serata è di quelli che ti fanno spostare da casa. Thurston Moore, nome epico della gioventù sonica degli anni 90, ancora in forma smagliante sale sul palco con passo ciondolante e camicia hawaiana. Anche in questo frangente, la presenza femminile è degna di nota: alla chitarra baritona Debbie Googe, bassista dei My Bloody Valentine. L’esibizione è quella che doveva essere, tanto rumore, cacciavite sulle corde, suono, suono e ancora suono. A dimostrazione della solida struttura di Moore e del suo non voler celare le proprie influenze e passioni, a metà concerto è partita una cover dei Velvet Underground, riconosciuta e acclamata dal pubblico entusiasta.

Thurston Moore (Credits by Emiliano Cocco)
Thurston Moore (Credits by Emiliano Cocco)

Il secondo giorno parte con la stessa formula, ma il mood è diverso. L’indie un po’ snob, lascia il posto alle varie declinazioni odierne di hip hop, rap, flow e che dir si voglia.

E ha pensato bene , avvolto dalla sua mastodontica batteria, di scaldare da subito gli animi: un’apertura iniziale dal lento incedere dub, ma che in poco tempo ha trasportato gli spettatori in un’esibizione frenetica e dalle mille sfaccettature nelle pieghe attigue tra funk e afrobeat, complice anche l’impeccabile intesa con il polistrumentista Giuseppe Spanu. Assieme infatti hanno eseguito IV, il disco di Gaias uscito lo scorso aprile per Tûk Music

Nanni Gaias (Credits by Antonio Deidda)
Nanni Gaias (Credits by Antonio Deidda)

Non è impresa facile conquistare il palco dopo una simile dimostrazione di maestria, ma Generic Animal non ha mostrato affatto di preoccuparsene: tra le schitarrate prima luccicose e poi graffianti, la voce cantautorale dell’artista ha raccontato più di quanto i testi possano, facendo incetta delle influenze emo e tingendole di un pop mai blando. Accompagnato soltanto da basso e batteria, Generic ha poi scherzato con il pubblico su come non si aspettasse un tale seguito in Sardegna: eppure, il suo set è stato forse quello che più ha infiammato la serata. 

Hanno poi retto egregiamente in chiusura anche gli Studio Murena, collettivo jazz-rap sperimentale in arrivo dal milanese, dimostrando grande familiarità con l’esecuzione dal vivo nonostante i pochi anni di esperienza come gruppo. E più che come gruppo, i Murena Boys si sono mossi come una vera e propria orchestra grazie a un sound in cui analogico e digitale si confondono e al contempo strutturano il percorso per la voce dell’MC, che si è districata inesorabile sulle strumentali. Unica nota stonata forse un’interazione un po’ tortuosa con il pubblico, ma le trasferte non sono mai facili.

Studio Murena (Credits by Antonio Deidda)
Studio Murena (Credits by Antonio Deidda)

La 195 in questi tre giorni ha visto facce arrossate e teli da mare bagnati che tornavano verso il capoluogo da un lato, e nerd del live, bianchi e con (verosimilmente) converse e camicie a quadri dall’altro. Ma stereotipi banali a parte, si è giunti alla serata conclusiva del 22. Sceso il buio senza che l’afa accennasse a dar tregua, hanno cominciato i The Hurricanes, la prima formazione della serata. La neonata band cagliaritana ha riempito il silenzio con un punk potente e tendente al folk, con cui, come fosse una preghiera, invocavano il vento. Da sentire il loro singolo appena pubblicato: St. Lawrence Night.

A seguire i Boschi Bruciano, due fratelli ventenni della provincia di Cuneo. Il vento non è arrivato, ma la performance coinvolgente e riflessiva del gruppo ha trasportato il pubblico in quella dimensione del live in cui la prassi musicale diventa totalizzante. Una boccata d’aria fresca data dai testi, dal punk-rock aggressivo con tinte indie e dalla capacità dei fratelli lombardi di coinvolgere il pubblico.

I Boschi Bruciano (Credits by Antonio Deidda)
I Boschi Bruciano (Credits by Antonio Deidda)

La serata si è conclusa con due band storiche: quella isolana dei e quella romana dei Bud Spencer Blues Explosion. Se i Boschi hanno fatto respirare le fresche brezze della provincia lombarda, i King Howl, con il loro suono blues influenzato da diversi generi rock, hanno condotto il pubblico in un vortice d’energia estivo che ha fatto ballare tutti.

Infine, i Bud Spencer. È stato un live in cui la sperimentazione musicale è stata condotta al limite e, più precisamente, a quello in cui il coinvolgimento nella performance è tale da lasciare lo spazio alla riflessione, non sempre cosciente, che fa intuire le forme del bello. Era diffuso un entusiasmo introspettivo, dato dal fatto che il pubblico era direttamente coinvolto nella ricerca dei due musicisti. Le variazioni subite dai pezzi suonati live dalla band rispetto a quelle registrate in studio, testimoniano dell’incessante ricerca di una complessa sintonia con spettatrici e spettatori. Infatti, ciò che rende ardua l’impresa è la mutevolezza dei gusti musicali, i quali devono essere intercettati dagli artisti senza che venga perduta la propria personalità musicale. E nella consapevolezza che una della cause della trasformazione del gusto sono gli stessi artisti. 

Bud Spencer Blues Explosion (Credits by Roberta Uras)
Bud Spencer Blues Explosion (Credits by Roberta Uras)

Un finale, dunque, degno di nota, capace di sintetizzare uno dei significati dei festival musicali: la possibilità di essere luoghi di espressione e condivisione. Sa*Rock Festival ha confermato di essere un punto di riferimento in Sardegna, capace di garantire performance musicali di alta qualità aperte a tutte e tutti.