Sangue - recensione - Sa Scena Sarda - Daniele Mei - 2019

Sangue

Daniele MeiMusica, Recensioni

Costituiti da membri con esperienze in gruppi fondamentali per l’hardcore isolano come Antimanifesto e To Ed Gein, i hanno dato alla luce il primo tassello di quello che potrebbe diventare un punto di riferimento del genere almeno su scala nazionale.

“Nessuna pretesa, nessuna morale, soltanto rabbia in musica” è la dichiarazione d’intenti dei Sangue, rigettata con violenza nel sound fatto di assalti sonori violenti e decisi che pescano direttamente dalla storia del genere e dagli insegnamenti, per citarne alcuni, di Sottopressione, Impact, Nerorgasmo − band cruciali per la musica italiana degli anni novanta −.

Il disco omonimo degli olbiesi, prodotto e distribuito da Indiebox, è un concentrato di brutalità esternata con suoni altamente curati.

9 minuti e 39 secondi ripartiti in 8 pezzi che sono grida di dolore viscerale e disagio esistenziale. Una chiamata alle “armi” per la conquista definitiva del proprio spazio nella società. I brani sono corti e affilati, urlati in italiano, con qualche spiraglio di luce e piccoli sprazzi melodici. La parte strumentale segue i canoni con riff taglienti come rasoi, drumming essenziale e incalzante e un basso marcio che non rinuncia al plettro, alla cinghia bassa e a tanto sudore.

Il titolo di ogni pezzo rimanda a un caposaldo del cinema apparentemente in maniera arbitraria ma, con una lettura più approfondita, è possibile trovare dei sottili collegamenti tra le righe del testo.

Come Grano Rosso Sangue, che si rifà al film del 1984 di Fritz Kiersch tratto da I figli del grano, racconto di Stephen King. Il film narra di una coppia che sbagliando strada arriva a Gatlin, città in cui i bambini uccidono i maggiorenni nel nome di un loro Dio:

« E se vedi una luce / E se cerchi il messia / Stai sbagliando la strada / Non siamo noi la tua via».

O Forrest Gump, che prende spunto dal titolo del pluripremiato lungometraggio di Robert Zemeckis con un Tom Hanks affetto da ritardo mentale che corre su e giù per gli States senza fermarsi mai, dando così un senso alla sua vita:

« Ho perso anni costretto a rovistare in infiniti niente / Fottendo il tempo, sbagliando ogni mia mossa, sentendomi un perdente. / Ora che ho faticato tanto in cima alla salita cerco da solo una risposta, una via di uscita».

Sangue è un lavoro duro che accoglie in sé delle finezze colte, prodotto con precisione e che dimostra di essere un buon viatico per esplorare il vasto mondo dell’hardcore punk. È un disco che può catturare anche chi non ama il genere. Certo, i testi sono aspri e privi di mezze misure, ma creano una sorta di empatia richiamando situazioni e sentimenti che in tanti vivono nella quotidianità. I riferimenti cinematografici poi, riescono a dar vita a un immaginario ricco e multiforme, pur rimanendo saldamente legati a una realtà vicina al fruitore.

Lunga vita ai Sangue, lunga vita all’hardcore!