Non è semplice approcciare una recensione di ciò che si ritiene essere – se a ragione o a torto non è dato saperlo – un atto d’amore. Amore per un linguaggio, per un’attitudine, per un mondo, in poche parole amore per il punk hardcore.
Perché 13 Pezzi, nuova release degli olbiesi Sangue, altro non pare. Lo si poteva immaginare da una delle prime immagini di lancio che ritraeva i 4 seduti all’ombra della terrazza che fu dei Minor Threat e se ne ha avuta certezza alla pubblicazione che, già dal titolo e dalla copertina, fino ai titoli della tracklist, ha rivelato l’omaggio, tributo, riconoscimento: ai Fugazi – ecco ricomparire Ian MacKaye –, ai Ramones (one two three four), ai Descendent (inconfondibile quel MAMAMA), ai No Use For A Name e a tanti altri, ma soprattutto alla storia che questi nomi hanno scritto.
Punk Hardcore degli anni 2000 fatto di doppio colpo, plettro sul basso, power chord e la giusta dose di terze minori così da conferire una coltre di ineluttabilità a tutto l’album. Lo scorrere della tracklist non lascia spazio al superfluo: 14 minuti per 13 pezzi sono abbastanza quando il messaggio viene dal profondo interiore. Il tempo, la perifrasi, la procrastinazione sono elementi necessari nella fase propedeutica alla composizione, quella dell’introspezione, in cui “ognuno di noi è stato costretto a scavare ancora più a fondo fra i suoi demoni”. Terminata questa, arriva il momento di buttare tutto fuori e allora lo si fa e basta, d’impeto e di getto, senza sentire la necessità di orpelli manieristici e abbellimenti.
Il punk è soprattutto questo: un esercizio di ricerca catartica che pretende un livello di sincerità, verso se stessi prima che verso gli altri, a tratti spaventoso e crudele che non ammette artifici retorici. I Sangue hanno dato prova di essere riusciti a concluderlo e la durezza del risultato testimonia il costo umano di questa autoanalisi.
In quest’ottica diventa genuinamente apprezzabile e assolutamente non pretenziosa la scelta di costellare il disco di riferimenti e citazioni. Siamo nani sulle spalle di giganti, negarlo sarebbe ipocrita, riconoscerlo e umilmente testimoniarlo è segno di enorme gratitudine.