Il bluesman cagliaritano si racconta ai microfoni di Cagliari Blues Radio Station per la rubrica Talkin’ Blues
Intervista di Simone Murru
Salvatore Amara, classe 1966, nasce e vive a Cagliari. A nove anni inizia a suonare la chitarra da autodidatta, prova diversi generi – in particolare il reggae- sino a quando nel 1993, dopo un convincente periodo di live e jam sessions nei blues club di Londra, fonda la Salvatore Amara & The Easy Blues Band. Nel 1995 vince il 2° Concorso Narcao Blues e apre il concerto di Andy J. Forest e sempre sullo stesso palco dopo un anno, è di nuovo in scaletta con Ronnie Jones. Negli anni seguenti apre per B.B. King, Jeff Haley, Peter Green e John Mayall a Rocce Rosse & Blues. Successivamente esce il suo primo album “Wanted Dead or Alive” che lo porta a suonare come ospite internazionale al Blues Festival di Münchwilen in Svizzera. Dopo meno di un anno vince il primo concorso Underground Blues Festival. Le produzioni discografiche vanno avanti “Back to the Blues” e poi suona a supporto di Jono Manson. Dal 2013 è nel cartellone del Festival “Sulle Strade Del Blues” a Cagliari. Nei due anni successivi pubblica “The Blues Catcher” e esce il suo primo libro “Un salto nel blues” (ed. Cuec) quindi registra l’album “Blues is by my side”. Nel 2018 pubblica “Black as coal” e suona alla prima edizione del “Corto Maltese Blues Festival”. Oggi progetta un nuovo disco e un nuovo libro, sempre sotto il segno del blues.
Ciao Salvatore, come nasce la tua passione per la musica e il blues?
Sono nato con la passione per la musica. Già a 4 anni saltavo sui tavoli in casa con una chitarra giocattolo e imitavo Little Richard, cantando a squarciagola “Tutti frutti”, per il grande divertimento di mia nonna Antonietta, che rideva fino alle lacrime. E’ lei che mi ha sempre incoraggiato:amava la musica e le feste, visto che ero un bambino piuttosto vivace, per farmi stare tranquillo mi cantava sempre qualche canzone tradizionale sarda. Per questo l’ho voluta ricordare con un brano che porta proprio il suo nome nell’album “The Blues Catcher “(2014). Quanto al blues, ho iniziato a suonarla intorno alla metà degli anni 80, dopo aver visto John Lee Hooker nel film The Blues Brothers. Da allora non ho più smesso.
Quali stili prediligi tra quelli che hanno definito sino ad oggi la storia del blues?
Il blues texano e il boogie per me sono generi irrinunciabili.Saranno presenti anche nel prossimo album, che uscirà quest’anno e sarà per me il primo completamente acustico.
Come nascono i tuoi brani?
In realtà ogni brano ha la sua storia, a volte mi viene in mente la musica e poi lavoro per confezionare il testo. Altre volte mi vengono in mente alcune frasi e allora chiudo gli occhi, imbraccio la chitarra e gioco con la tastiera aspettando che arrivi la musica giusta.
C’è una canzone o un brano di altri che avresti voluto scrivere?
“When the Saints go marchin’ in” perchè riesce a cogliere in maniera semplice e precisa l’essenza di quella che è la speranza finale di ogni persona al momento culminante dell’esistenza, come descrive l’evangelista San Giovanni nel libro dell’Apocalisse.
Mi racconti un tuo concerto indimenticabile?
Dal punto di vista emotivo è stata la partecipazione come ospite internazionale al Blues Festival di Münchwilen del 1998, nel Cantone San Gallo, in Svizzera. Dopo il nostro set il pubblico, non contento dei bis, ha rumoreggiato per una ventina di minuti perché tornassimo sul palco. Né noi né loro avremmo mai voluto che quel concerto finisse.
Se ricordo bene a questo periodo è legata la pubblicazione di un vostro album?
Ricordi bene. Quella fu una delle date di un breve e intenso tour in Svizzera, organizzato dal nostro co-produttore dell’epoca, la buon’anima di Theo Maurer, e curato da Andreas, il nostro agente, per promuovere il nostro primo lavoro discografico,”Wanted Dead or Alive” del 1997.
Qual è il miglior concerto da spettatore?
Ne ho due. Uno è quello di B.B. King al “Rocce & Rosse Blues Festival” nel 1997. Lui era in tour in Europa e appena arrivato in Sardegna dopo un lungo viaggio tra aerei e trasferimenti sembrava stanchissimo. Con gli altri musicisti delle band di apertura lo aiutai a salire le scalette per accedere al palco, mi chiesi se mai sarebbe stato in grado di reggere il concerto, Appena entrato in scena l’ho visto saltare, sorridente e felice, mentre suonava un boogie a tutta velocità, era inesauribile. L’altro concerto da ricordare è stato quello degli ZZ Top il 19 agosto 2007, al Coors Amphitheatre di Chula Vista (California,ndr) perché tre soli musicisti, ben amalgamati, sono stati in grado di sprigionare un’energia indescrivibile che per me è stata illuminante.
Tra produttori, organizzatori, giornalisti c’è qualcuno con cui hai avuto un confronto particolarmente efficace?
Vorrei ricordare tra i tanti un grande appassionato di Chicago blues, Pino Cadeddu, giornalista scomparso prematuramente, che il Signore l’abbia in gloria. Con lui le conversazioni sul blues sono state sempre piacevoli e appassionate.
Quali dischi o canzoni hanno segnato la tua vita artistica?
Sono tantissimi ma se devo indicarne solo uno, questo è l’album “Live”, il concerto tenuto a Londra da Bob Marley & The Wailers. Marley è stato il mio primo grande amore e ho utilizzato proprio il titolo di una sua canzone, “Easy Skanking”, per dare il nome alla mio primo gruppo. Quando sono passato al blues, un altro brano,”Easy Blues” di Jimi Hendrix, è stato di grande ispirazione e da tuttora il nome alla mia band che vi presento: Paolo Demontis all’armonica, Mauro Amara al piano, Fabio Cuccu alla batteria e Roberto Loi al basso.
Cosa stai ascoltando in questo periodo?
Muddy Waters e James Brown.
Hai dei consigli musicali per i nostri lettori?
Ascoltare tanta musica, preferibilmente su dischi originali per avere la migliore qualità sonora e per accompagnare l’ascolto con la lettura delle note di copertina degli album. Ascoltando le canzoni e la musica di qualsiasi artista blues sentirete la sua storia. Questa musica ha sempre aiutato la mia vita e così spero che la mia possa aiutare a vivere meglio la vostra.
Dai qualche consiglio ai musicisti più giovani?
Ne ho tre: suonare, suonare e suonare tutto quello che vi piace.
Nella famiglia Amara i musicisti che si muovono sulla scena sono due, oltre te c’è anche tuo fratello Mauro. Che ruolo ha avuto la musica e il blues nel vostro rapporto?
La musica, e il blues in particolare, ha avuto e continua ad avere un ruolo importante tra noi, in particolare la produzione discografica e i concerti ci offrono continue occasioni di incontro e di comunicazione sia artistica che personale.
Come definiresti il legame che c’è tra te e il blues?
Il blues è sempre una vita profondamente vissuta, quindi ritengo che la storia del blues e di ciascuno dei suoi protagonisti sia, sempre e in qualche misura, collegata alla storia di ogni essere umano, me compreso.
Come immagini il blues del futuro?
Come quello del passato e del presente, ricco di vita.
Clicca sulla copertina di Back to the lBues per ascoltare il disco su Spotify
Un abbraccio
Grazie Salvatore Amara e grazie a tutta la Easy Blues Band
keepin’ the blues alive
Cagliari Blues Radio Station