Il 28 marzo 2023 ci ha lasciato Mr. Ryuichi Sakamoto un gigante della musica contemporanea, un artista che in qualche modo ci ha cambiato la vita e riscritto le geografie della musica e lo ha fatto in modo discreto e suadente, senza troppi clamori e sempre con leggera malinconia. Sakamoto ci ha fatto capire che il mondo non è così grande e infinito e che le culture possono e devono incontrarsi, studiarsi, annusarsi. Lui era giapponese, asiatico, esotico, lo era con estrema convinzione ma era anche cittadino del mondo, artista fuori da ogni genere, disponibile e sempre pronto al confronto.
Le sue creazioni vanno in tante direzioni, sempre al servizio di un’idea o pensate per altre situazioni: dopo la sbornia electro-pop con Yellow Magic Orchestra, la sua musica è entrata in contatto con teatro, arti figurative, cinema, videogiochi, qualsiasi espressione della creatività umana che meritava di essere accompagnata dalla sua sensibilità musicale. Difficile poi dimenticare le collaborazioni con David Bowie, David Byrne, David Sylvian, Iggy Pop e tantissime altre in un vortice di emozioni e di situazioni sempre nuove e stimolanti.
Il suo approccio alla musica era chiaramente segnato dalla cultura giapponese, da una tradizione che si perde e si disperde nei secoli ma ogni volta c’era uno scarto, una frattura che forniva una nuova chiave di lettura grazie a ingredienti sempre nuovi: a volte il jazz, il rock e il pop nelle infinite varianti, l’elettronica e la ricerca sonora, la musica contemporanea, le musiche di ogni angolo del mondo (soprattutto il Brasile e le lontane pulsioni afro).
Il 23 giugno del 2008 Ryuichi Sakamoto arrivò a Cagliari per un concerto all’Anfiteatro Romano, un evento organizzato da Jazz in Sardegna e Rocce Rosse Blues, in compagnia di un altro esploratore di suoni come Christian Fennesz con cui stava collaborando in quel periodo. Il concerto (immortalato da un video amatoriale che vi proponiamo a corredo di queste brevi note), per chi ci è stato, fu qualcosa di magico e imprevedibile, essenziale e quasi minimale, lontano anni luce dai clamori mediatici che di solito ci si può aspettare da artisti così famosi. Un pianoforte a coda per Sakamoto, luci fisse sul palco, qualche immagine sullo sfondo e al suo fianco Christian Fennesz con la sua chitarra, seduto dietro una scrivania con un laptop a fare da filtro.
Minimalismo ambient asciugato da ogni possibile appeal o scorciatoia estetica, elettronica discreta e impalpabile e il pianoforte a segnare lo spazio sonoro. Quei suoni così eterei e fuori misura si rivelarono perfetti in quella tiepida notte di giugno e rilasciavano una delicata sensazione di narcosi e di straniamento sensoriale. Per il bis Sakamoto riprese le sue composizioni più celebri come giusto omaggio al numeroso pubblico presente che comunque era lì anche per quei suoni che fanno parte dell’immaginario dei nostri tempi.
La sua scomparsa potrà essere l’occasione per ripassare la sua grande lezione musicale, partendo dal pop elettronico della Yellow Magic per arrivare alle colonne sonore e alle più recenti collaborazioni. Ci mancherà questo signore giapponese ma la sua musica sarà sempre qui a darci il giusto conforto.