Ai confini tra Sardegna e Jazz, il report di Sant’Anna Arresi 2023

Claudio LoiLive report

Dal lontano 1985 il Festival di Sant’Anna Arresi è un faro che illumina e indica la strada, è quella luce che concede una speranza a lontani viaggiatori, una spiaggia su cui trovare conforto e ripartire. Un Festival di confine ma non di barriere, una filosofia che include e rende tutti partecipi, qualcosa di indescrivibile, indefinibile ma dalla forte connotazione politica e sociale. La creatura ideata da Basilio Sulis nel secolo scorso – e da chi ha condiviso la sua visione – ha affrontato tanti viaggi, ha superato indenne ostacoli e barriere – umane e sovrumane – ed è sempre riuscito a trovare le giuste coordinate per dare risposte, fornire informazioni, allargare lo spazio delle nostre coscienze. Una festa senza patroni e senza bandiere, senza riti ancestrali e maschere da esibire, semplicemente dare sfogo alla creatività degli uomini e delle cose, lasciare libero spazio alle più sotterranee correnti di pensiero e aprirsi a un mondo che in questa desolata landa isolana si è manifestato nella sua infinita grandezza, ci ha fatto capire quanto tutto sia collegato, collegabile, connesso e intrecciato e ha confermato che le differenze sono sempre e comunque ricchezza da custodire. 

Ora Basilio Sulis non c’è più ma c’è ancora chi ha voglia di continuare questa storia, il Festival è vivo e lotta insieme a noi e sarebbe davvero ingiusto e persino inutile cercare collegamenti e confronti con un passato glorioso che ormai è solo materia per gli storici. Sarebbe sciocco e inutile ripercorrere strade già battute, la grande sfida dei nuovi organizzatori sarà quella di dare una nuova personalità al Festival e non proporre una brutta copia di quello che è stato. Ma il Festival è qui e ora e l’edizione numero trentasette sembra andare nella giusta direzione: è rimasta immutata la voglia di guardare altrove e di rischiare e appare palese la volontà di non mollare e continuare a r/esistere. Anche il sottotesto di questa edizione “Tra musica e musica (b-side)” è un chiaro manifesto di intenti che prevede un approccio trasversale rivolto al lato oscuro delle cose, a quelle manifestazioni del pensiero e della creazione artistica da intercettare con coraggio e abnegazione, che possono sfuggire un visitatore distratto e superficiale.

Foto di Stefania Desotgiu

Il Festival quest’anno è partito da lontano, con la ricca parentesi chiamata Jazz Around iniziata con l’esibizione di Karima il 14 luglio alle Cantine di Santadi e giorno dopo giorno è proseguito in un percorso di avvicinamento alla piazza del nuraghe di Sant’Anna Arresi. A questa processione laica hanno partecipato Enzo Favata, Eugenio Finardi, Alfredo Rodriguez, Avion Travel, C’mon Tigre, King Howl, Daniele Di Bonaventura, Gegè Telesforo e gli Star Splitter di Rob Mazurek (uno che qui è di casa) nella suggestiva cornice di Monte Sirai a Carbonia il 27 agosto. C’è stato anche spazio per la con gioiose incursioni in diverse località del territorio prima di salpare per il continente per una serie di esibizioni che suggellano un’avventura umana e musicale davvero incredibile.

Dal 29 agosto al 2 settembre il Festival è tornato nel suo luogo di origine con il nuraghe a fare da testimone e la luna a ricordarci chi siamo. In verità la prima serata del festival, causa avverse condizioni climatiche, si è tenuta al chiuso, negli spazi del centro sociale di Sant’Anna, dove gli organizzatori hanno fatto miracoli per riuscire ad allestire uno spazio che non era previsto e che non è stato di certo pensato per questo tipo di manifestazioni. Ma tutto è andato bene e la festa è iniziata con l’esibizione – a distanza ravvicinata – di Alberto Braida al piano e Giancarlo Nino Locatelli al clarinetto basso a suggellare un’interessante collaborazione artistica con la label milanese We Insist! di cui i due fanno parte e che ha fornito diversi musicisti alle serate successive. Jazz dalle tonalità crepuscolari, immaginifiche, uno sguardo rivolto alle avanguardie del Novecento per un accorato percorso di improvvisazione di alta qualità. 

Foto di Stefania Desotgiu

Hanno poi suonato i , una delle migliori esperienze isolane, che viaggiano verso un mondo immaginario nel quale è possibile percepire la grande lezione di Sun Ra così come le nuove visioni della musica dei nostri giorni che perde sempre di più le connotazioni di genere e si ciba di rock, prog, elettronica, ragione e sentimento e una base ritmica potente e solida. Matteo Sedda (tromba, elettronica), Andrea Sanna (fender rhodes, synth), Andrea Parodo (basso elettrico), Nicola Vacca (batteria) non hanno deluso e sono apparsi perfetti per aprire il successivo set degli Heliocentrics con i quali hanno diversi punti in comune. Qualche defezione nella formazione inglese ci ricorda che siamo comunque un’isola nel mezzo del Mediterraneo ma loro sono preparati ad affrontare ogni tipo di difficoltà e il loro è stato un set di grande impatto emotivo e, a tratti, persino rigenerante. La band inglese è una perfetta macchina ritmica condotta da Jake Ferguson (basso) e Malcolm Catto (batteria) e il loro suono arriva da lontane reminiscenze kraut seppur adeguato alle nuove sfide del contemporaneo, un motorik perfetto e metronomico sui cui si inserisce in modo magico il violoncello e le tastiere Danny Keane (che utilizza perfino un moog di piccole dimensioni), il flauto e il sax di Chris Williams e la voce ieratica, magica e potente di Barbora Patkova per una proposta che al momento non ha eguali in questo pianeta. 

Foto di Stefania Desotgiu

Il 30 agosto si torna nella piazza del nuraghe, il tempo si è calmato, la luna è più rossa che mai, l’umore è ottimo. Apre la serata Paolo Galba Riva con un antipasto di drone music, elettronica destrutturata, improvvisazione radicale e un clarinetto usato come nessuna scuola avrebbe mai proposto. Anche lui fa parte della scuderia We Insist! una realtà che non fa sconti e che in questo festival ha trovato la giusta dimensione. A seguire il nuovo progetto di chiamato Nur Bisu (di cui abbiamo parlato su Sa Scena in occasione dell’uscita del disco omonimo) che richiama occulte tradizioni isolane, fantasmi di un remoto passato, suggestioni che arrivano dalla voce delle persone e dai loro ricordi (o sogni) e ci propone una Sardegna inedita, quasi magica e il nuraghe alle nostre spalle approva con soddisfazione. Sul palco Federica Muscas (voce), Elisa Zedda (voce), Raffaele Pilia (chitarra classica, acustica ed elettrica), Antonio Pinna (batteria e percussioni) e Matteo Muntoni (chitarra acustica, basso e composizioni) ci regalano la loro visione di un’isola che non smette mai di sorprendere.

Foto di Stefania Desotgiu

Che è un po’ quello che fa Paolo Angeli da quando ha iniziato a suonare e a ripensare la musica della sua terra. È accompagnato per l’occasione dal pianista Marco Mezquida che arriva dalle Baleari e ha dimostrato una notevole capacità di adattamento nel seguire i flussi sonori di Paolo Angeli e i suoi continui cambiamenti di ritmo e umore. Un unico lungo brano che ancora una volta ci consegna un artista maturo e consapevole, unico nel suo genere, sempre incline al cambiamento, sempre pronto a nuove sfide, a rinnovati panorami estetici. Un set dedicato al ricordo di Basilio Sulis che avrà sicuramente trovato conforto nell’ascolto di suoni ed emozioni che arrivano da lontano e che in questo palco hanno sempre trovato la giusta collocazione.

Foto di Stefania Desotgiu

Giovedì 31 agosto il festival è aperto da un’altra formazione della We Insist! ovvero i Blend 3 di Andrea Grossi (contrabbasso, composizioni) accompagnato da Manuel Caliumi (sax contralto), Michele Bonifati (chitarra elettrica) e per l’occasione da Beatrice Arrigoni alla voce. L’ensemble ha proposto alcune composizioni che provengono dal loro ultimo album caratterizzate da una rigorosa ricerca compositiva e da un perfetto interplay tra i musicisti in un azzeccato equilibrio tra musica contemporanea di scuola novecentesca e libera improvvisazione. Anche il progetto Clairvoyance proposto da Silvia Corda (piano, toy-piano), Adriano Orrù (contrabbasso) e Gianni Mimmo (sax soprano) arriva da quelle sperimentazioni tipiche del secolo scorso con un set interamente lasciato alla libera improvvisazione, senza riferimenti certi, senza fughe individuali, tutto basato sull’interazione istantanea e una visione libera che si disperde nella notte di Sant’Anna.

Foto di Stefania Desotgiu

A chiudere il cerchio ci pensa che in trio ha proposto “L’Ultima Mattanza” una lavoro di qualche anno fa dedicato alla Sardegna, al suo mare e alla sua gente. Purtroppo Michel Godard non è arrivato nell’isola ma il suo sostituto, Luciano Biondini, non ha certo fatto rimpiangere il collega francese. Un set magico e potente, il sax di Murgia e la sua voce sono un marchio di fabbrica riconoscibile e certificato e il connubio con Patrice Heral (batteria, voce ed elettronica) e con la fisarmonica di Luciano Biondini è magia pura.

Il Festival è poi proseguito nei giorni successivi con altri artisti di notevole spessore come Gabriele Mitelli, il nuovo progetto di Andrea Ruggeri dedicato a Italo Calvino, Pipeline 8 che raccoglie musicisti di diversa estrazione e il gran finale con il jazz tridimensionale di Binker & Moses che dall’Inghilterra sembrano indicare le nuove strade del jazz del futuro. Forse le stesse che percorrerà questo festival nelle successive edizioni.