Un viaggio interstellare di cinquemila esseri umani verso un nuovo mondo da colonizzare, distante quattro milioni di anni luce dalla Terra. Questo l’incipit del primo lavoro discografico di Fabio Carta, in arte Genz Phabia, che ha composto, arrangiato e suonato la totalità dei brani del disco. Il batterista di Ovodda studia nei minimi dettagli il suo concept, imbastendo una storia sci-fi che omaggia il sempiterno desiderio dell’uomo di esplorare l’ignoto. Lo fa raccontando le vicissitudini dell’astronave “Centaurus” che, partita alla volta dell’esopianeta “Proxima B” si troverà costretta ad affrontare una serie di imprevisti che decreteranno, alla fine, il fallimento della missione.
L’album è ricco di idee interessanti, contaminazioni tra il prog e il jazz e soluzioni “estetiche” di notevole impatto, risultando un compendio preciso, in primis, delle riconosciute abilità batteristiche del musicista. Le qualità da polistrumentista di Carta, poi, accrescono lo spessore tecnico del lavoro in maniera innegabile. È forse nell’ambizione del progetto, però, che si intravede il vizio principale del concept, dove nel dipanarsi delle tracce risulta a volte arduo seguirne la coerenza narrativa. L’impianto generale sembra non trasmettere totalmente quello che promette, vanificando in gran parte l’enorme arsenale da guerra messo in campo dall’artista. Ciò nonostante, al contrario della “Centaurus”, “l’astronave” Genz Phabia ha tutti gli strumenti, e carburante a sufficienza, per proseguire il suo viaggio verso mete più definite, evitando sicuramente di perdersi nell’oblio dello spazio profondo come i cinquemila coloni del racconto.