L’immagine del bambino davanti a un pianoforte che, senza alcuna consapevolezza, inizia a suonarlo, evocata dal brano di apertura Kid on piano, rende in qualche modo l’idea dell’approccio all’ultimo album del percussionista cagliaritano Michele Uccheddu. Un approccio giocoso e viscerale in cui l’istinto detta tempi e ritmi, mentre le connessioni neurali li traducono in musica.
In questa prospettiva appare coerente la scelta di intitolare l’album Peripheral Nervous System, l’apparato che mette in connessione il sistema nervoso centrale con organi, tessuti e arti, trasformando in azione il nostro pensare.
E altrettanto ludico e immediato è il modo in cui il compositore e musicista si relaziona con computer, synth, campionatori e drum machine: un amusement giocoso e istintivo con la consapevolezza però di chi sa bene cosa sta facendo.
Se nel suo ultimo disco, In the Planet of Shiva, aveva gravitato intorno a sonorità ambient con un ricorso importante alla musica suonata, in questo lavoro punta con decisione sulle più recenti derive IDM, attingendo a piene mani dalla migliore produzione Warp, su tutti Flying Lotus, Aphex Twin e Autechre.
Il connubio tra scienze neurali e percezioni emotive si manifesta fin dal principio nell’armonica biascicata che entra a ritmo cardiaco in Sad Memories, connettendo battiti vitali e profonda emotività. Ma il disco sorprende a ogni tornata. Le aritmie sincopate e frammentarie di Circus fanno da contraltare all’ambient techno di Glory o alle sperimentazioni minimal di Hang out. Trovano spazio tribalismo, fuso sapientemente con ritmi tropicali (Hypnotic Merengue) e ipnotici innesti drum and bass (Primitive Emphasis). L’inclinazione ricreativa emerge in particolare nei BPM rallentati e nei synth di Reggaet On, che sembra fare il verso a certe tendenze infestanti di ambiti più danzerecci. Spiccano momenti di musica suonata (Lame) e perle ambient techno di grande suggestione come Modern Mantra (nata dalla collaborazione con l’artista Emanuele Balia, aka *L;ç°°ç*) e Glory Again.
Peripheral Nervous System è un lavoro eterogeneo nella forma ma con una certa coerenza di suoni e contenuti, raffinato e sempre ricercato. Quasi un’ossessione quella per la ricerca sonora che lo porta a spaziare in un’estesa gamma di soluzioni formali senza alcun preconcetto. Dimostrazione di grande apertura che si palesa anche nella scelta di collaborare con la pittrice di origine finlandese Jenni Österlund, la quale trasferirà sulle sue tele le suggestioni evocate dai brani.
Undici pezzi dilatati e ben strutturati, con ritmiche spesso disorganiche che non perdono però mai coesione, in ogni singola traccia come all’interno dell’album nella sua interezza. Un gioco di contraddizioni e sbalzi emotivi, in cui dimostra di saper coniugare istinto e sofisticatezza, impeto e oculatezza nella scelta dei dettagli. Architetture sonore di alto livello per un album che conferma la grande vena espressiva del producer e lo pone tra i piú creativi e talentuosi del panorama isolano.