Copertina di Last Out, EP di Paolo Ruiu

Paolo Ruiu – Last Out

Alessio FrauMusica, Recensioni

La musica ha la capacità di produrre sensazioni totalizzanti. L’udito, nonostante sia un’esperienza irriflessa e data per scontata, contribuisce a produrre i mondi che abitiamo e sperimentiamo. La condizione dell’essere umano contemporaneo, immerso, per un verso, in una sempre più radicale razionalizzazione dell’esistenza e, per un altro, in una sua altrettanto profonda estetizzazione, che non permette più di distinguere apparenza e realtà, immagine e cosa, comporta una frattura tra la coscienza di sé e l’individualizzazione delle esperienze di vita. L’arte, e quindi anche la musica da una sola funzione nella vita sociale e di comunità ne acquista molteplici. Se, in precedenza, l’esperienza artistica era chiaramente separata perché si svolgeva in luoghi specificamente deputati alla sua realizzazione , come il teatro o le piazze, oggi, in seguito alla diffusione massiva dei media e alla proliferazione dell’estetica nel e del quotidiano, essa colonizza l’intero ambito della nostra esistenza. Questo è un fatto di per sé neutro, che però comporta un notevole rischio di mercificazione. Il passo dall’estetico all’anestetico è molto breve. L’arte, tuttavia,  in virtù della propria struttura, conserva un carattere difficilmente comprimibile nelle logiche della produzione del valore. Infatti, nonostante sia anch’essa diventata ornamentale, essa è innanzitutto evento. È un’espressione autoriferita, non transitiva: in altri termini, è un segno che non rinvia semplicemente ad altro e che si esaurisce in quel rinvio, ma rimanda innanzitutto a se stesso, al suo accadere.

L’ascolto di Last Out, ultimo album del polistrumentista, cantautore e produttore , possiede la dote dell’autoriferimento. I suoni distorti, l’utilizzo massiccio degli echi vocali, sembrano rimandare all’altro da sé, alla musica psichedelica, alla New Wave, cioè alla nostalgia di un’epoca mai vissuta ma che sopravvive. Il tutto assomiglia alla musica lo-fi, che genera un senso paradossale di malinconia. Nel suo atteggiarsi nichilistico conduce a immaginare altri mondi possibili. Il senso dell’operazione, dell’artista britannico di origini sarde, consiste nell’esplorare le soglie dell’oscurità attraverso il suono, trasformare l’ascolto in un’esperienza impossibile da tradurre in altri linguaggi.

Secondo Derrida, una lingua o un linguaggio particolare, come la musica, sono traducibili proprio in virtù dell’impossibilità di una tradizione perfettamente corrispondente. Quest’ultima, infatti,sottrarrebbe l’originale alla sua unicità come evento.

 Se un testo fosse completamente traducibile in un altro, il compito del traduttore sarebbe inutile in quanto la convertibilità di una lingua all’altra avverrebbe in maniera spontanea e automatica. Allo stesso modo, se tra due linguaggi non vi fosse alcun legame e una completa incomunicabilità, la pratica traduttiva sarebbe impensabile. Analogamente, l’espressione musicale è comprensibile nella misura in cui viene messa in relazione ad altre esperienze, senza tuttavia ridursi semplicemente ad esse. Il suo significato deve essere autonomo, pur conservando strutturalmente la capacità di riferirsi ad altro.

Il lavoro di Ruiu produce un suono che genera l’effetto di un’esperienza quotidiana e imperfetta della musica. È un linguaggio impuro che genera uno spazio d’intimità, dove anche la tristezza assume un contorno piacevole e godibile. L’Ep, composto da 5 tracce, è autoprodotto. L’artista britannico, oltre che musicista e cantautore, è anche un talentuoso produttore.

Last Out è stato pubblicato il 21 giugno e si può ascoltare sulle principali piattaforme di streaming.

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