Nella piazza centrale di Berchidda, il 12 agosto del 2010 Time in Jazz ha ospitato Ornette Coleman una delle massime espressioni del jazz contemporaneo, una leggenda che in quel frangente festeggiava i suoi ottant'anni. Per l'occasione Coleman era in compagnia di un quartetto abbastanza collaudato con il figlio Denardo alla batteria e due bassisti: Al MacDowell e Tony Falanga. È stata l'occasione per ritrovare il grande sassofonista texano prima della sua dipartita avvenuta 5 anni dopo. La serata ha consacrato questa figura mitica e controversa e in quella serata d'agosto poco importa come abbia suonato e cosa, contava esserci per salutare un pezzo di storia della nostra musica: quella più innovativa, instabile e imprevedibile, sempre oltre la normalità, sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo. Coleman ha creato mondi e filosofie, ha suonato strumenti giocattolo, ha creato ensemble poco consoni e mai visti prima, si è inventato un sistema di suoni, ha dato il nome a un genere e poi lo ha di nuovo superato. Questo è stato Coleman: un uragano di suoni che ad ogni passaggio ha cambiato il paesaggio.
Ma quella di Berchidda non è stata l'unica apparizione di Coleman in Sardegna che ogni volta ha lasciato qualcosa su cui riflettere, nel bene e nel male. Affascinato dalla grande tradizione musicale isolana, nelle sue incursioni in terra sarda ha sempre cercato di coinvolgere i musicisti della nostra tradizione e lo ha fatto cercando di capire in che modo la sua visione del mondo poteva adattarsi a un corpus sonoro tanto antico e tanto difficile da modificare. Compito non certo facile ma queste sfide hanno sempre accompagnato la carriera del sassofonista americano.
Il 2 maggio 1990 Coleman si esibì a Carbonia e per l'occasione riuscì a coinvolgere Sergio Lecis e le sue launeddas, uno strumento – e un sistema di valori – che Coleman ha sempre avuto in grande considerazione. Qualche mese dopo Coleman si esibisce a Cagliari e ancora una volta chiama sul palco Sergio Lecis e altri eroi della nostra musica come Aurelio Porcu, Dionigi Burranca e i Tenores di Bitti. Grande è la confusione sotto il cielo e non tutto ha girato per il verso giusto ma forse non era quella l'intenzione di Coleman. Rimane di queste serate il grande coraggio e la voglia di provare a costruire qualcosa di nuovo pur nella certezza che non tutte le miscele possono portare migliorie alla causa. L'importante è provarci.
E lui non si è mai tirato indietro, come quella volta successiva a Sant'Anna Arresi (siamo nel 1998) che ha visto la formazione di Coleman accompagnata da Orlando Mascia, Franco Melis, Alberto e Carlo Mariani e le voci dei Tenores di Bitti Remunnu ‘e Locu. Anche in questo frangente la critica ha storto il naso e non tutto pare sia andato nella giusta direzione. Ma chi ha visto quel concerto ha conservato il ricordo di un uomo che non ha mai avuto paura del vuoto e sono sicuro che in quella situazione si è divertito da morire.