Nostos – Andrea Cubeddu

Luigi BuccuduMusica, Recensioni

Non è un caso che, nei vari artwork, Andrea Cubeddu si sia spesso rappresentato insieme a una figura zoomorfa. Il bluesman sardo sembrava utilizzare una maschera per mandare avanti la propria narrazione quasi evitando di mettersi in gioco in prima persona. Una sorta di rispetto verso un genere figlio di altre terre più che un reale timore reverenziale. Questo, almeno, è successo fino a Nostos.

L’ultimo album, edito nel marzo 2020, segna infatti una netta svolta rispetto alla strada finora intrapresa. Il cantautore, come egli stesso spiega, decide di abbandonare ogni filtro, adottando per la prima volta la lingua italiana e mettendo da parte la musica del diavolo in favore di sonorità tipicamente mediterranee. Il risultato appare genuino e molto più personale.

andrea cubeddu - notizie 28 gennaio 2020 - sa scena sarda - nostos

L’uso del mito ellenico come spunto e fascinazione, dal quale trarre storie da proporre con più livelli di lettura, si rivela un’ottima chiave di volta. Un primo esempio è “Notti Ionie”, nella quale la figura di Endimione sembra essere la trasposizione dell’amore idealizzato e maledetto che consuma senza mai essere consumato. Maledizione presente anche in brani come “Il Richiamo” e “Sangue del mio sangue”: nel primo viene espressa come eterna nostalgia della propria terra e inevitabile voglia di salpare di nuovo non appena si fa ritorno ad essa; nel secondo, dove viene raccontata la storia di Medea e dell’amato Giasone, incarna l’eros più viscerale, padrone tirannico dell’essere umano e causa delle sue azioni più cruente.

Ma il respiro di Nostos è ampio e approfondisce anche gli aspetti più personali del cantautore. L’amara cumbia di “Io Ricordo” sferza col perdono il nemico passato negandogli al contempo l’oblio, “La mia Itaca” indaga sul mutevole impulso delle passioni mentre la finale “Giorni migliori” definisce il senso ultimo dell’intero viaggio dell’album: esortando a non guardarsi comunque mai indietro, l’autore invita a fare i conti con la propria nostalgia solo una volta che le vele sono consumate e la chiglia non può più affrontare il mare aperto.

the call - andrea cubeddu - video - weak like a man - 2019 - sa scena sarda

Cubeddu dimostra una notevole abilità nel dar voce ai personaggi mitologici dei quali richiama le gesta, non risultando mai stucchevole o retorico nonostante l’uso di un lessico ricercato. I brani, tutti mediamente lunghi, si cullano in loro stessi senza fretta, come a misurare bene il ritmo della risacca che intimamente evocano. La chitarra in slide appare solo sporadicamente lasciando la ribalta a un impianto, comunque, acustico che riesce a richiamare strumenti tradizionali come il bouzuki o il mandolino. Il mix è condito sapientemente da un pizzico di sax, a volte elaborato elettronicamente, da archi profondi e da venature crunch che omaggiano il sound desertico del blues Tuareg.

Nostos è un’opera elegante, sfaccettata, intensa, tanto pianificata quanto autentica nella resa finale. Distante, per chi ha sempre apprezzato Cubeddu, dal porto sicuro del blues ma inevitabilmente più stimolante.

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