Copertina di Nisshoku, album del trio Picco Salis Sanna

Picco / Salis / Sanna – Nisshoku

Alessio FrauMusica, Recensioni

Eraclito di Efeso, detto l’Oscuro, fu un filosofo greco vissuto tra il VI e il V secolo a.C.. Un suo frammento, che pare essere incentrato sullo studio dei rapporti tra le cose, recita così: “di ogni cosa può farsi un’unità, e di tale unità sono fatte tutte le cose”. Il suo significato, in consonanza con l’epiteto del proprio autore, è oscuro. Se però si ascolta Nisshoku, il nuovo album composto dal trio di percussionisti Pablo Picco (Argentina), e (Sardegna), il senso delle parole citate emerge in forma intuitiva.

Il disco, uscito il 13 dicembre 2023 per l’etichetta tedesca Grisaille, è il risultato di un lavoro di ricerca sonora incentrata esclusivamente sulle percussioni e sui suoni che sembrano riprodurre quelli naturali. La caratteristica più interessante risiede nel fatto che è il risultato di una pratica di improvvisazione radicale, in cui l’estrema libertà dell’atto sonoro si piega, senza soccombere, alla necessità della collaborazione tra i diversi artisti.

“Il ritmo – come afferma Giacomo Salis in una intervista per Sound and Silence – insieme alla melodia e all’armonia costituisce l’essenza della musica”, che varia in base al diverso rapporto tra queste componenti. La radicalità dell’operazione artistica portata avanti dal trio consiste nell’isolare la parte ritmica, riuscendo a evidenziare così la conflittualità che l’attraversa. Se è dunque vero che di ogni cosa può farsi un’unità e che tutte le cose sono fatte di tale unità, è altrettanto vero – secondo Eraclito – il fatto che “Polemos (la guerra, il conflitto) è padre di tutte le cose”. L’armonia delle cose e, per dir così, la melodia che ne consegue, non sono mai il frutto di un grande architetto che tutto sa e che tutto compone. Parafrasando Gramsci, la vita non è il risultato di una dialettica addomesticata; al contrario, è il portato di una lotta in cui tutte le parti sviluppano pienamente se stesse per prevalere sulle altre. È il ritmo di questo sviluppo conflittuale che genera l’armonia e, al limite, la melodia, non viceversa.

L’intenso lavorio di ricerca condotto da diversi anni da Salis  e Sanna, che si sono avvalsi in quest’ultima fatica dell’apporto dell’argentino Picco, testimonia la necessità di ritornare al fondamento della musica. È appunto il ritmo, questa sua struttura elementare, l’oggetto di indagine che più si presta a quest’impresa. I suoni della natura, di cui anche quelli umani e della sua produzione sono parte integrante, si dispiegano liberi, formando l’oraziana rerum concordia discors, l’armonia discorde delle cose. Solamente tornando a essi e alla loro selvaggia conflittualità, è possibile stimolare un rinnovato interesse per la musica come prassi umana volta a ricercare nel caos l’ordine intrinseco delle cose. Una pratica che possa tornare a svolgere una funzione catartica, che non nasconda il conflitto ma, piuttosto, lo utilizzi come riserva di energia artistica e politica; che se ne serva per comporre una nuova interpretazione del nostro tempo attraversato dalla crisi e dai venti di guerra.

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