nanni groove experience vol.1 - giovanni gaias - sa scena sarda

Nanni Groove Experience Vol.1 – Giovanni Gaias

Daniele MeiMusica, Recensioni

Il nome dato al progetto e l’artwork non lasciano spazio all’immaginazione. Trasuda amore per il flower power dei ’60, per Woodstock e per la black music tutta.

Certo, più che Hendrix, al quale fai l’immediato accostamento, puoi sentirci George Clinton nelle sue diverse incarnazioni e il potere sovversivo di Sly and The Family Stone.

La parola chiave è “groove”, senza se e senza ma, e direi anche “afroamericana”.

È una musica potente quella di Nanni Groove Experience Vol. 1. A dire il vero, probabilmente, per ora il mio disco preferito del 2018.

Un lavoro senza timori reverenziali nei confronti di nessuno, a proseguire in questa “sardinian afro wave” che dal blues più radicale si sposta anche in terreni più corposi dal punto di vista strumentale, passando per il jazz e il rap, che fa diventare la Sardegna un isola felice per le produzioni musicali di qualità internazionale.

Foto di Andrea Ostoni, foto di proprietà dell’autore. Riproduzione riservata

Le influenze

Quindi Parliament, Funkadelic, Stevie Wonder, Bobby Womack, ma anche Gill Scott-Heron e Jackson Browne. E, perché no, Snopp Dog e addirittura gli Outkast.

Si sentono le influenze dirette di compagni di viaggio come Francesco Piu, o di artisti che frequentano gli stessi giri come Bruce James & Bella Black dei quali condividono il calore e lo spessore espressivo, ma sento senza troppe fantasie anche Paolo Fresu: quella tromba che ogni tanto spunta non può non avere il suo sapore, anche se in contesti differenti.

Altro termine chiave è vibes. E di vibrazioni ce n’è, e quante ce n’è.

La cosa sorprendente è che Gaias ha solo ventidue anni. Certo, ha un curriculum da far invidia alla maggior parte degli artisti attuali, anche per lo stretto legame al già citato Francesco Piu, tra le più brillanti stelle musicali isolane e italiane, per non dire europee, con il quale ha calcato palchi in lungo e in largo, registrato dischi, conosciuto ambienti e imparato come funziona questo pazzo e strano mondo di questa arte chiamata “musica”.

Nove su dieci

L’atmosfera di Our Night is Over, un funky soul blues, che pare inizialmente cantato da Lou Reed, è di una dolcezza e determinazione difficili da riscontrare altrove. Una hit? Se fossimo in un mondo giusto. Ragazzi, qua c’è stoffa, e mezzi per farne un abito da sera. La voce è molto bella. Qua ci sono passione, competenza. Il tutto è radicato nella storia ma puntellato nell’attualità. Non si rinnega nulla, né percussioni tribali né tecnologie. Avessi i titoli per farlo griderei al miracolo, ma mi limito al solo dire che mi piace un casino, lo trovo coinvolgente, attuale e con una longevità infinita. Avessi un voto, darei un bel nove su dieci al disco e dieci e lode per questa fenomenale canzone.

Dall’iniziale Black Vibe si carpisce subito la strada che si vuole percorrere. Lo spirito black prende corpo e diventa vero e proprio rap che sa di reggae quanto di soul. Si capisce che i confini sono labili e si può cogliere in ogni sound black. L’assolo di chitarra di Piu è poi una ciliegina sulla torta non da poco.

giovanni gaias - sa scena sarda - daniel franchi - berchidda - 2018
Foto di Daniele Franchi. Foto di proprietà dell’autore, riproduzione riservata

La favola dell’asino che vuol diventare purosangue

I cori sono sempre al loro posto, senza eccessi. Anche in Stand-Up Man sembra di essere incappati in un classico, dove c’è di tutto, sei minuti che scorrono come fossero due.

Dritti poi dentro il funky di It’s Never Too Late for the Party, il rappato in sardo è fantastico e non smetto di dare superlativi, se li merita tutti!

Trovo meravigliosa Slaughterhouse Paradise mentre trovo bella ma quasi superflua nell’economia del disco Step #22.

Gaias, comunque, fa tutto da solo: canta e suona chitarre, basso, batteria, registra, mixa. Non ho grossi elementi e informazioni per sapere esattamente chi suona chi, cosa e quando ma dalle informazioni che ho trovato in rete, so dell’intervento di Jim Solinas alle tastiere, dei cori della sorella di Giovanni, Letizia, del rappato di Simone Canu e della tromba di Antonio Meloni, oltre che la chitarra di Giuseppe Spanu e l’intervento negli assoli di Piu. I testi, che potete leggere nella nostra rubrica apposita, sono invece dell’olbiese, ventunenne, Paolo Ardovino. Testi sinceri e curati con la menzione per la favola dell’asino che vuol diventare cavallo, poi capisce che forse stava meglio asino.

Slaughterhouse Paradise

Questa è la storia di un asino coraggioso
Questa è una storia all’interno di una fattoria:
Un giovane asinaccio si stava allenava
Ogni giorno e ogni notte
Per diventare un vero stallone
Lui non era felice di vivere in quel modo:
Di aiutare il fattore, di alzarsi presto
Di svegliarsi assieme al gallo
Di lavorare, lavorare, lavorare duro
Come… uno stupido somaro!
Vai, allenati! Non ti fermare! Credici!
La criniera! Gli zoccoli! Le carote!
Sono pronto: sono un cavallo!

«Questa è la mia storia, la mia personale storia:
Nessuno mi aiuta nell’intera fattoria,
Voglio diventare una leggenda delle corse
Ma i maiali mi dicono che ho le zampe corte,
Ovvio, ho zampe da asino!
Ho imparato a memoria a riconoscere ogni pietra della strada
Per tutte le ore che passo a camminarci su,
Voglio diventare un destriero per i cavalieri
Ma le oche mi dicono che non sono abbastanza grande,
Ovvio, sono un piccolo asino!»

Vai, allenati! Non ti fermare! Credici!
La criniera! Gli zoccoli! Le carote!
Sono pronto: sono un cavallo!

«Questa mattina alcuni uomini sconosciuti
Hanno caricato tutti i cavalli dentro un camion
E per sbaglio, c’ero anche io
Sono pronto!
Sono qui, che gioia!
Stiamo andandoverso le Colline Verdi
Finalmente!
Sono un cavallo
Con le orecchie al ventocome un vero stallone»

(Ma forse sarebbe stato meglio rimanere un asino!)

Testo di Paolo Ardovino