monotono - svart1 - raimondo gaviano - sa scena sarda - recensione claudio loi - 2020

Monòtono – SVART 1

Claudio LoiMusica, Recensioni

Recensione di

Dietro il moniker si cela , nome ben noto ai frequentatori della scena dark industrial. Un curriculum vertiginoso fatto di collaborazioni, molteplici uscite discografiche (rimando a Discogs per un elenco più che attendibile), visual art, concerti e organizzazione di eventi. Il suo ultimo disco, laconicamente titolato Monòtono è stato presentato al May Mask di Cagliari nel corso della rassegna UTOPIE, Tra Cinema e paesaggi sonori, in corso proprio in questi tempi distopici e ormai giunta alla terza edizione (anche se in realtà è la prosecuzione di un’esperienza similare chiamata Solo il mio Nero Festival che passò nella sala proiezioni della Cineteca Sarda). Utopie dunque, rassegna di immagini di frontiera, abbandonate dalla critica e dal pubblico, opere maledette di autori imprevedibili che riprendono vita grazie alle sonorizzazioni dal vivo di musicisti appartenenti a diverse pulsioni sonore: dark industrial, elettronica intransigente, elettroacustica, improjazz e svariate declinazioni estetiche. Ottima la risposta del pubblico che da anni segue questi momenti di turbamento collettivo in uno spazio fuori schema, semplice e umano (lunga vita al May Mask e ai suoi coraggiosi condottieri).

svart1 - raimondo gaviano - monotono - mask of the slave

Monòtono (pubblicato in formato fisico in tiratura limitata da Mask of the Slave, label rumena che pascola in territori noise disturbanti) come dicevo, è stato presentato al May Mask il 14 dicembre 2019, prima della performance di Silvia Corda e Adriano Orrù, in combo con un visual prodotto dallo stesso Svart1. L’album, caratterizzato da un rigoroso artwork in bianco e nero, contiene nove tracce numerate da 1 a 9 senza titoli e senza troppe notizie; giusto il dovuto riferimento a Simon Balestrazzi che ha curato le fasi di masterizzazione e un ringraziamento a Boros che non so assolutamente che sia e cosa abbia fatto.

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Come molti lavori apparsi in questi anni a opera di musicisti che frequentano questi scenari (cito il sempre presente Simon Balestrazzi, vero punto di riferimento per tutta la scena, ma anche i lavori di Corrado Altieri, spesso sotto il nome di Uncodified, di Massimo Olla, di tanti giovani che ruotano intorno ai corsi di elettronica del Conservatorio e della Brigata Stirner, Roberto Belli, Arnaldo Pontis e soci) il primo impatto è spesso spiazzante. Un magma indefinito di rumore bianco – o nero se preferite – con lievi variazioni tonali, poche concessioni al ritmo e alla forma canzone, tanto caos indefinito e indefinibile. Ma questo è quello che succede a un apparente e indolente approccio alla materia: in realtà le cose sono molto più complesse di quanto sembri. Ma per accedere a livelli superiori di coscienza e conoscenza dobbiamo superare certi schemi di ascolto che nel tempo abbiamo codificato.

È musica – mio parere assolutamente evanescente – che ha bisogno di impegno e necessita della giusta concentrazione. Va ascoltata con orecchie attente, con la pazienza di chi aspetta una preda per ore, in perfetta solitudine e con la mente sgombra da aspettative che tanto non arriveranno. Così funziona, si aprono squarci di consapevolezza che emozionano e si capisce – o meglio si percepisce – il senso di un suono così radicale e intransigente. I livelli di rumore prodotti dalle macchine iniziano a mostrarsi nella loro unità e persino nella loro umanità, piccole variazioni diventano narrazioni inaspettate, il suono avvolge il nostro corpo come anestesie locali che ci fanno stare bene. Si intuisce il lavoro del musicista (o del non-musicista per dirla alla Eno), la sua volontà di rappresentare strati di informazioni attraverso la creazione di universi e orizzonti inediti. Gaviano conosce bene questi meccanismi e non si mette certo il problema di ripetersi o di autocitarsi. È la sua indole sperimentale a prendere il sopravvento e poco importa se tutto questo è fuori mercato, fuori scena, fuori dal mondo. A molti questo potrà sembrare un atteggiamento snob in realtà è solo onestà intellettuale: una merce che difficilmente troverete negli scaffali del centro commerciale sotto casa. Un concetto di arte che non accetta compromessi e saldi di fine stagione e che appare come la perfetta colonna sonora di questi giorni infetti.

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