Recensione di Daniele Mei e Daniela Schirru
Vi ricordate dei Colazione Freak? Fine anni 90. Accelerazione è ancora viva nei miei ricordi. Quel singolo è contenuto nella compilation 4 Tones della K-Factor di Davide Catinari e VoxDay. Una compilation che conteneva anche altre tre chicche: il primo brano pubblicato dai Sikitikis nel loro post Cani da Rapina, poi gli Inkarakua e Melanie.
I Colazione Freak sono stati attivi dal 1999 al 2005. Naturalmente la vena artistica del loro promettente cantante non poteva esaurirsi li. Anche perché i Colazione suonarono davvero tanti concerti su e giù per la Sardegna, partecipando anche a festival importanti come il Tora! Tora!il Rock TV Tour e Voci per la Libertà.
Il loro cantante si chiama Carlo Addaris e Metamorfosi è la sua espressione solistica post Colazione. Messo da parte il synth popdei Lo-Car, Carlo esplora se stesso e ritorna sui passi iniziali. Certo, l’evoluzione è tangibile e forte. L’indie rock degli inizi attinge dall’ultima esperienza e crea una sorta di indie pop elettronico più maturo e ragionato. Una strada presa anche dagli Slim Fit: sintetizzatori a plastificare, senza patinare, un suono rock, a volte più tirato, altre volte più intimiste.
Peccato, niente di nuovo sotto il sole. La metamorfosi c’è ma si incasella più su territori già battuti che su qualcosa di veramente nuovo ed esaltante. Si avverte, comunque, una sincera passione che lo rende vero.
Un disco invernale, malinconico e allo stesso tempo sognante, al limite del depressivo. I Subsonica cantati da Cristiano Godano, ma come se Godano fosse sardo e provenisse dai Dorian Gray, e senza il fuoco ribelle del frontman dei Marlene Kuntz.
Le canzoni
Ci si perde in un intricato gioco di voci, immagini e desideri. Mentre le notti passano nell’attesa di qualcosa di nuovo, di diverso. Come quando ti svegli durante la notte e senti che manca qualcosa e ti chiedi cosa sia quel qualcosa. In trance ti giri e rigiri nel letto dopo aver pensato a quel qualcosa. Passano notti da appunto l’impressione di essere in una sorta di deja-vu.
Continui a rigirarti nel letto, ore ed ore, in preda a mille domande, nel tentativo di carpire quelle anime che si sprigionano nel silenzio. Come un Illuso giochi nelle atmosfere di luci calde e fredde, tra un sorriso e un sospiro. Un pop che si accompagna dai ritmi di un sound elettronico, dando un tocco più ipnotico alla canzone.
Distanti e In giro per la mia stanza fanno pensare alla sensazione di abbandono e di solitudine in cerca di se stessi. Nel cogliere quei significati della vita che si cerca di trovare ripercorrendo i fiumi dei ricordi che vivono e ci attanagliano l’anima in mille assonanze di colore. O porterà a La Fine, lasciandoci come L’uomo all’angolo, persi nell’immagine del mare agitato che staglia le sue onde con forza in quei cumuli di roccia.
Una metamorfosi che rimane ferma, ma desiderosa di avverarsi, senza ripensamenti e senza fermarsi a rimuginare su Il tempo che è passato.