Chiaroscuro – Mauro Mulas trio

Claudio LoiMusica, Recensioni

È molto stimolante il parallelo che suggerisce tra musica e fotografia nel descrivere le motivazioni che lo hanno portato a incidere Chiaroscuro, il suo disco d’esordio. Sin dal titolo questo progetto stabilisce un solido legame tra suono e immagine e ci trasporta in uno spazio interiore fatto di memorie, ricordi, emozioni primarie, insomma quel Inland Empire tanto caro a David Lynch. Sono quelle sensazioni che talvolta riusciamo a ri/vivere quando si mette mano a un vecchio album di fotografie o anche nell’ascolto di musiche e suoni che ci riportano in un altrove che inaspettato riappare. 

Mauro Mulas arriva al suo primo album dopo una lunga preparazione umana e artistica: anni di studio, di concerti, di collaborazioni e scoperte, creazioni che arrivano da una lunga e lenta sedimentazione. è il riassunto in musica di una vita sospesa tra suoni e voci e una sana e impagabile calma interiore che rende questo lavoro pieno di significati e umori nascosti. Un album tanto semplice quanto strutturato nel suo divenire e la precisa volontà di presentare queste composizioni nel modo più lineare e sincero possibile. La scelta del piano trio è una sfida di non semplice realizzazione. Significa accettare di confrontarsi con una infinita – e spesso inarrivabile – storia di musiche e creazioni che vanno dalla sobria e austera proposta di Bill Evans, passando per le fughe metafisiche del primo Jarrett fino alle più interessanti e impreviste derive dei giorni nostri come quelle proposte da Esbjörn Svensson fino alle più recenti prove di Brad Mehldau. Una storia che sembra non lasci spazio per ulteriori migliorie e invece ci regala ogni giorno sorprese e nuove prospettive estetiche. 

Mauro Mulas ha deciso di affrontare questa sfida e lo fa con gli uomini giusti al momento giusto: Alessandro Atzori al contrabbasso e alla batteria sono perfetti nell’assolvere questo gravoso impegno che viene superato con disinvolta nonchalance grazie a una lunga militanza comune e a un interplay che nel tempo diventa qualcosa di difficile da descrivere e definire. Vista la sua lunga carriera e le sue molteplici dimensioni Mauro Mulas poteva scegliere altre strade, aveva a disposizione altri strumenti e altri uomini, poteva stupirci con effetti speciali e invece si è limitato a fornirci le sue composizioni in modo schietto e lineare. Una scelta che ci riporta a quello che Roland Barthes teorizzò sulla fotografia: “Ciò che la fotografia riproduce all’infinito ha avuto luogo una sola volta: essa ripete meccanicamente ciò che non potrà mai più ripetersi esistenzialmente”. Una magia che ci permette di attraversare i limiti del tempo e che ci stimola a rivedere e ripensare le nostre vite, che ci chiede di usare la nostra fantasia e la nostra immaginazione nell’assemblare storie e luoghi ormai dispersi nella nebbia del tempo perduto. “Una specie di cordone ombelicale collega il corpo della cosa fotografata al mio sguardo: benché impalpabile, la luce è qui effettivamente un nucleo carnale, una pelle che io condivido con colui o colei che è stato fotografato”. In questo frammento di Barthes è la luce a esplodere con tutte le sue variazioni e gradazioni, gli infiniti contrasti che essa produce e le possibilità che essa ci offre.

Così anche in musica dove il silenzio è importante quanto il suono percepito e le sfumature e i contrasti fanno la differenza. Chiaroscuro è un ricercato dosaggio di sfumature, un delicato blend di suoni e colori, quella strana euforia che ci coglie quando una fotografia in bianco e nera si rivela così pregna di informazioni o quando un suono continua a vibrare anche a distanza di tempo. Una sensibilità che affiora solo quando si hanno a disposizione conoscenze ben radicate e un lungo training formativo, cosa che Mauro Mulas ha sicuramente recepito dagli insegnamenti del maestro Franco Oppo ma anche – in tempi più recenti – da quelli di Elio Martusciello. Nella sua formazione trovano spazio elettronica, musica concreta, alea e sperimentazione colta ma anche le musiche che arrivano dal mondo esterno: rock, blues, jazz, pop culture in generale. Una nuova piattaforma che mette sullo stesso livello sacro e profano, alto e basso e non teme questo tipo di confronti. È lo stesso Mulas a confermarlo in un’intervista di qualche anno fa quando dichiara: “Sono aperto a qualsiasi genere musicale, sia come musicista attivo che come semplice ascoltatore e cerco di cogliere dalla musica tutti gli input possibili senza cadere dentro le trappole delle mode o dei pregiudizi estetici”. Ecco, in Mauro Mulas e nel suo Chiaroscuro appare sempre questa pacificazione culturale che non è da intendersi come un abbassamento dei livelli di guardia, ma come superamento di preconcetti e limiti di cui la musica non ha bisogno. E se, come diceva Barthes “La vita è fatta di piccole solitudini” che la fotografia riesce a rendere meno atroci allo stesso modo le composizioni di Chiaroscuro sono perfette per “guardare al passato in un’ottica differente e più consapevole”.