Da qualche tempo, troppo tempo, Mario Brai non ci fa sentire la sua voce, il suo violino, la sua lingua e quei suoni che intrecciano culture e influenze di svariata cosmogonia. Ma da uno che arriva da Carloforte, uno spirito senza patria e senza confini, un battitore libero che incarna le tante culture che l’isola custodisce al suo interno, è lecito anche il ricorso al silenzio e alla necessità di rivedere il proprio statuto di artista e di uomo.
La sua storia è quella di esseri umani che sanno bene cosa vuol dire sentirsi apolidi, essere parte di un mondo che travalica le carte geografiche e allo stesso tempo sentire un fortissimo legame con le proprie radici.
A Carloforte tutto è di natura incerta: la lingua che è un mélange di genovese, sardo, latino e profumi africani e persino le musiche dell’isola sono un riassunto per immagini di volti e vicende che si perdono tra il Mediterraneo e le sue infinite periferie.
Mario Brai in qualche modo è il perfetto ambasciatore di quest’isola e la sua musica ha sempre vissuto in un labile equilibrio di generi e forme, in un commovente anelito di libertà e di rivendicazioni sociali.
La sua esperienza artistica è lunga e articolata e piuttosto difficile da definire: collaborazioni sparse tra i generi, musicisti provenienti da aree culturali sempre diverse e l’uso del tabarkino come marchio di fabbrica per non dimenticare da dove si parte. Folk, jazz, rock, afro, reggae, tradizione e saggezza popolare trovano nelle composizioni di Mario Brai uno spazio nel quale convivere senza affanno con normale e suadente predisposizione allo scambio e alla convivenza. Diverse tracce discografiche segnano il percorso di Brai ma le cose migliori arriveranno negli anni della maturità: Mario Brai e Marenostrum vede la luce nel 2003 per la label Pintadera ed è un bel compendio di quanto fatto fino a quel momento con composizioni originali e la rivisitazione di qualche classico della tradizione musicale tabarkina, costruito intorno a un numero impressionante di ospiti tra cui emerge il talento trasversale di Mauro Pagani e un sottotitolo che riassume tutto questo: musica dal Mediterraneo. Poi nel 2011 arriva Cuntinuitè, pubblicato da S’Ard Music, che ricompone i tanti frammenti della storia di Mario Brai e le 14 tracce sono un perfetto assemblaggio di suoni e stimoli con il doveroso omaggio a due eroi che non ci sono più: Fabrizio De André e Andrea Parodi. Anche in questo caso sorprende il numero dei partecipanti all’album e la capacità innata di Brai di fare gruppo, di riuscire a coinvolgere destini sempre diversi.
Il video che idealmente accompagna queste brevi note arriva proprio da quei giorni e rappresenta una riflessione sui pericoli che arrivano dalla cattiva gestione dei beni collettivi, uno dei tanti temi cari a Mario Brai nella convinzione che “fare musica non significhi fare note ma ‘dire cose’, raccontare storie e trasmettere sentimenti”.