Luca Marcia sta fuori dai giri abituali della scena cagliaritana. Spuntando dall’assoluto anonimato ha creato uno spazio tutto per sé nel panorama dei solisti che percorrono la tortuosa strada del folk blues. Per di più canta in sardo, alternandolo a italiano e inglese.
Nel suo progetto Malignis Cauponibus, Luca, è influenzato da gente come Howlin’ Wolf, Tom Waits e, nei pezzi declamati, anche dal buon Pierpaolo Capovilla, tutti artisti che il diavolo lo hanno visto da vicino. I brani sono strutturati sulla chitarra acustica di chiara matrice folk accompagnata da strumenti e rumori di ogni tipo: pianoforte, armonica, organetto, sulittu (il flauto sardo), campanacci e persino il grugnito di un maiale. Se in Taloro di River of Gennargentu si vive l’aria dei sottoboschi barbaricini, nelle tracce di A-Pathos si respira la polvere sollevata dal gregge nelle garighe durante l’arsura estiva. Ed è proprio dall’erba secca dei pascoli ingialliti che esplode il fuoco di Malignis Cauponibus, letteralmente “tavernieri imbroglioni”, ma a tutti gli effetti un demone pronto a bruciare ogni speranza con le sue malefatte, a rimarcare il labile confine tra la fascinazione per l’effimero e gli esiti fallimentari del capitalismo moderno.