Parafrasando Venditti: partirono in due, ma non erano abbastanza. Il nucleo dei Mac and the Bee nasce nel 2012 a Sassari dall’incontro tra Antonio Maciocco e Federico Pazzona alias Beeside. Tastiere, synth e sequenze il primo, chitarra e voce il secondo. Si aggiungono Daniele Pala alla batteria e Bruno Ponchietti al basso. La loro storia discografica è calibrata fra due Lp, due Ep e la partecipazione a due compilation. Una produzione ponderata e centellinata nel quinquennio 2013/2018.
Ciò che li rende davvero seducenti è senza dubbio la loro capacità di fare sintesi tra linguaggi apparentemente distanti quando non antinomici. Un brano come D’n’B è un melting-pot di synth aguzzi, chitarre nervose e punkeggianti incapsulate in una inquieta ritmica drum’n’bass su cui si è abbattuto un nubifragio elettronico e crimsoniano.
Nel 2017, tra distorsioni, tempi dispari e bordoni di sintetizzatori, i quattro si qualificano come migliore band regionale per l’Arezzo Wave e alle finali nazionali si aggiudicano il (meritato) premio di “best sound band”. Suonano in lungo e in largo ai quattro angoli dell’isola, della penisola e non solo. Sassari e la Sardegna tributano loro pubblici di ogni tipo: dall’eccitazione coreutica alla trance. La loro è una storia di DIY, attacchinaggio, sudore e sala prove. Dopo il lockdown, circa, scompaiono dai radar della Scena.
Mentre scrivo questo articolo guardo la grafica del loro ultimo album, One of the two. Una cupa sagoma in penombra con gli occhi incendiari. Accanto a lei una scritta: “Posso avere un nome se esisti”.