Recensione di Daniele Mei
Electric Valley è ormai una certezza nel rock psichedelico con un roster che annovera band da tutto il mondo ma che concede sempre spazio e importanza anche a gruppi locali.
Tra questi, gli ultimi entrati nell’orbita della label di Ossi sono i Loose Sutures, con una formazione che vede tra le sue fila pezzi di storia del rock sassarese: musicisti come Marco Angius, Marcello Meridda e Antonio Pilo che militano – o hanno militato – in Enola Bit, Egon, Sumolovers, Five Four Nine, Raikinas e Primochef del Cosmo, ai quali si è aggiunto il cantante chitarrista Giampaolo Cherchi.
Il loro primo disco omonimo è un assalto sonoro fatto di distorsori e fuzz con un approccio garage punk e una marcata matrice stoner, a tratti grunge.
Se il nome arriva direttamente dai Fuzz di Ty Segall, il terreno calcato in Loose Sutures è piuttosto quello percorso dai Mudhoney e dal passo sguaiato dei Black Lips.
Shoot it down, il singolo rilasciato prima della pubblicazione del disco, ha un sapore primitivo e ubriaco così come alcoliche sono le urla e l’irriverenza di Lie. La poderosa Ted’s Grin richiama i Nebula, mentre Wish to fuck a dead man rallenta i ritmi a definire i contorni di un quadro clinico marcio e malato fino al midollo.
Un esordio promettente da cui aspettarsi grandi soddisfazioni per il futuro.