Recensione di Luigi Buccudu
Due anime collidono nel primo disco dei Loono: una pregna di volontà di riflessione e l’altra desiderosa del più cupo stordimento.
La prima traspare senza dubbio dal tentativo di analizzare le contraddizioni della nostra epoca attraverso liriche in italiano che affrontano, in maniera più o meno efficace, temi come l’incomunicabilità tra le persone e il progressivo sfilacciamento del nostro tessuto sociale. La seconda è invece evidente nel solido tappeto chitarristico di matrice indie che attinge a quell’alternative-rock più elettrico che ha segnato la scena italiana dei 90.
L’attitudine che i tre di Villacidro mostrano in questo primo lavoro denota una forte propensione alla dimensione live, assicurando un adeguato impatto sonoro fatto di distorsioni e feedback, arroccato in strutture semplici e fruibili. Di contro è chiara, nel cantato ossessivo caratterizzato spesso da marziali bordoni vocali, una certa vena “mantrica” che richiama inevitabilmente le suggestioni d’Oriente dei CSI più ispirati.
Il vizio maggiore di questo primo lavoro dei Loono, però, rimane l’amalgama forse non riuscitissima tra pensato e suonato, tra ragionato e vomitato con cinica disillusione. Una stella binaria che rischia di collassare in un buco nero, vanificando così gli slanci di esigenza comunicativa che la band dimostra comunque di assecondare in maniera genuina.