Di Claudio Loi e Simone La Croce
In occasione del lancio del festival avevamo scritto che SeuInMusica, in questi anni, si è fatto apprezzare per la sua vocazione popolare – nel senso ampio della partecipazione –, per essere fuori dai soliti circuiti estivo-balneari e per una programmazione sempre attenta alla qualità, a quanto accadeva oltremare e a quanto di meglio la realtà locale può offrire. Ebbene, questa ottava edizione ha confermato tutte queste qualità e, se possibile, le ha superate. Ancora una volta partecipare a questa festa popolare ha significato vivere per alcuni giorni una entusiasta manifestazione di voglia di fare, di sfidare le logiche dello spettacolo e di affrontare problemi che scoraggerebbero chiunque.
SeuInMusica è una perfetta macchina di bellezza e felicità, fatta e assemblata con pochi mezzi, ma messa su strada dallo sforzo di volontà di uomini e donne che credono in questo progetto e si divertono a renderlo sempre più attraente e coinvolgente. SeuInMusica non è solo musica e spettacolo, è soprattutto animazione sociale e culturale, crocevia di scambi e di esperienze, è quella macchina desiderante che tanti anni fa sembrava l’unica possibile salvezza da un mondo che rende tutto logico, numerico, inscatolato e confezionato. Qui siamo lontani dalle logiche di mercato e sembra di essere in una realtà parallela dove contano più i rapporti umani che i listini della borsa.
Dopo il fermo biologico della pandemia, il festival è tornato alle buone vecchie abitudini con concerti nel centro storico, in prevalenza nella piazza San Giovanni che diventa il main stage, e altri eventi ospitati in angoli suggestivi del paese e al Centro Polifunzionale. E come sempre tutto questo grazie al gran lavoro dell’associazione Kromatica e alla Direzione Artistica di Luigi Murgia e Andrea Sanna, al supporto del Comune di Seui e all’aiuto di decine di volontari che, nonostante le temperature proibitive, si sono prodigati senza freni per la riuscita dell’evento. Ma è tutta la comunità che in qualche modo partecipa a questa bella avventura, mettendo a disposizione le case, gli spazi e quello che possono sempre con un sorriso e un senso di ospitalità che non ha prezzo.
Il festival è iniziato nel pomeriggio di venerdì 21 con i suoni della Seuinstreet Band, una proteiforme creatura sonora dipinta di giallo che ha invaso le strade del centro e fornito la giusta scossa per continuare la serata. Sempre nel pomeriggio Daniele Ledda e il suo progetto Clavius ha colorato l’aria di suoni e vibrazioni stranianti e sempre nuove grazie a una macchina che cambia in continuazione e non è mai uguale a se stessa. Qualche ora dopo saranno i Syncopated City a esibirsi sul palco principale con una proposta di black music contemporanea, con variazioni imprevedibili di funky, rock, new soul, acid jazz, elettronica e la voce di Irene Salis che si staglia nella notte seuese perfettamente assecondata da Stefano Casti e Nicola Vacca. A seguire uno dei set più attesi con l’esibizione del King How Quartet e il loro blues sempre più elettrico e vigoroso, una sferzata di rock’n’roll che ricorda certe cavalcate elettriche care a Jon Spencer e a chi ancora crede nella forza rigeneratrice del rock e del blues. Via le sedie e spazio ai corpi che liberati partecipano a rendere la notte di Seui elettrica e sensuale.
Il sabato si riprende con alcuni progetti collaterali molto attesi e partecipati: la masterclass di improvvisazione tenuta da Simone Grande (Paru) il cui esito finale (o conduction se preferite) troverà spazio nella serata finale di domenica. La sera, nel Centro Polivalente, Sa Scena ha presentato il nuovo annuario dedicato a quanto di meglio sia stato possibile ascoltare nel corso del 2022 ed è stata anche l’occasione per parlare di musica (scritta e suonata), di capire meglio quali dinamiche attraversano questo settore e le novità della scena sarda. Subito dopo i Chicken Grease, nella piazza di fronte alla chiesa parrocchiale, si sono prodigati in una lezione di rock storico suonato con perizia e partecipazione e il fantasma di Jack Black che svolazzava felice. Si torna poi nella piazza dei concerti che per l’occasione viene organizzata in due settori per evitare difficile cambi palco. Nello spazio B hanno aperto le danze i TUM!!! un quartetto di sole percussioni composto da Matteo Ledda, Stefano Di Carlo, Eugenio Aresu e Marco Caredda che ha incantato per la capacità di tessere partiture inedite, di spaziare tra la musica contemporanea e l’afrobeat in un viaggio ideale tra continenti e culture, in un crescendo di suoni ed emozioni che hanno coinvolto il numeroso pubblico presente. Un progetto che merita di essere portato avanti con la speranza che non sia solo un’esperienza estemporanea.
Basta poi ruotare la sedia per assistere all’esibizione di Ze in the Clouds (all’anagrafe Giuseppe Vitale) per la prima volta in Sardegna con due super ospiti come Gianluca Pellerito e Riccardo Oliva. Siamo dalle parti del new jazz, di quelle cose che arrivano dagli States e anche da Londra e che raccontano di una storia ancora da scrivere con lo sguardo rivolto alle migliori espressioni del nostro tempo. Tecnica assoluta e voglia di trovare inedite soluzioni sonore per un progetto che da l’impressione di poter crescere e maturare. A chiudere Tooker & Wazoo, esperimento che vede la fusione tra l’ultimo progetto solista del producer Christopher Tooker e quello di Marco Cherchi e Matteo Dessì, rispettivamente alla chitarra e al basso, perfettamente integrati nel flusso di dance house che ha fatto ballare i presenti fino a tarda notte. La densa giornata si è conclusa domenica con un omaggio dedicato a Lucio Dalla dal titolo “Il mio nome è Lucio (un uomo come me)”, con Paolo Putzu, Cricrì Bocchetta e Ram Prasad Sechi e l’esibizione finale del ciclo di Masterclass e dei Safir Nou, progetto del chitarrista Antonio Firinu brillantemente a cavallo tra folk e post-rock.
Negli ultimi otto anni la manifestazione si è evoluta ed è cresciuta, mutando forma diverse volte senza mai perdere il suo approccio essenziale e orizzontale. Una crescita non tanto numerica, quanto esperienziale, non nei risultati quantificabili, più in quelli meno tangibili e legati alla costruzione di un evento come questo, profondamente radicato intorno a un piccolo paese con poco più di mille anime, arroccato su una montagna e tutt’altro che facilmente raggiungibile. Seuinmusica nasce nel centro abitato – perfettamente integrato con i suoi abitanti e la sua urbanistica – e si sviluppa nelle strette vie del centro storico, dove sono dislocati i palchi e gli spazi che ospitano le manifestazioni collaterali. Per un intero fine settimana la musica viene diffusa in vari angoli del paese e fino a notte fonda in piazza San Giovanni, fulcro della manifestazione. Un evento sicuramente impattante che però non trova opposizione tra la popolazione, che invece partecipa numerosa e sinceramente coinvolta.
Dietro questo stato di cose non può che esserci una diversa idea di paese, una diversa visione della partecipazione e del coinvolgimento, che ha trovato un terreno fertilissimo sul quale potersi sviluppare. Perché la riuscita di questi eventi difficilmente è una strada a senso unico, ma il risultato della convergenza di esigenze differenti, uno speciale allineamento astrale in cui la lungimiranza di pochi si sposa con i bisogni di tutti, in cui le parti coinvolte sono desiderose di dare e ricevere in eguale maniera. Quindi un plauso agli organizzatori, alla direzione artistica e a tutti i volontari, ma anche al paese tutto e a chi ha fatto in modo che non servisse alcun collante per tenere insieme le parti, perché ha capito che quel collante esisteva già.