Che il primo semestre del 2020 abbia avuto pesanti conseguenze sulla percezione dello spazio-tempo è ormai un dato assodato: spazi più che ristretti – cameretta, monolocale, se stessi –, tempi lunghi e dilatati.
E quale occasione migliore di una distorsione spaziotemporale, per far uscire un triplo disco con trentasei canzoni? I Rodeo Clown questo lo hanno capito ed ecco “Let’s Talk About Penguins”. Venuto fuori dopo “la bellezza di cinque lunghi anni, suddivisi in varie fasi, concepimento, gestazione, travaglio e nascita[1]”, l’album è stato immaginato, amato e conosciuto tanto da dedicargli un Recording Diary di 43 puntate su YouTube e assicurargli una versione fisica con booklet di 12 pagine e triplo cd.
È un concept che narra del desiderio matto di risistemare il mondo portando a nord ciò che sta a sud – i pinguini per l’appunto. Come tutti i desideri matti è destinato a degenerare, trasformando un pinguino in un uomo vero e proprio.
A leggere la descrizione ci si aspetterebbe un album da riccardoni, fatto di fluenti capelli ricci, tempi dispari e virtuosismi barocchi. E invece it’s only rock’n roll, nella sua declinazione più scanzonata e gioiosamente immatura quale è stato il punk rock californiano di fine secolo. Ma sarà che a fare punk per molto tempo ci si annoia, e allora dalla noia vengono fuori grandi cose. Gli esempi sono tanti: dai NOFX che hanno sfornato un’epica versione di The Decline con l’orchestra, ai Rancid di Life Won’t Wait immerso nelle contaminazioni caraibiche, fino ai Refused con il loro capolavoro The Shape of Punk to Come. Anche i Rodeo Clown, nei loro trentasei pezzi, utilizzando il lessico punk, lasciano spazio a tanta altra roba: Oi!, taverne, cori, mandolini, Mississippi blues, addirittura sonorità math prog richiamate dall’organo di Stop Fucking Around with Animals. L’ampio ventaglio di colori è dovuto anche alle molteplici collaborazioni presenti, senza perimetri preconfezionati, e forse per tale motivo così preziose: Luigi Frassetto, Francesco Piu, Beeside e tanti altri. Menzione un certain regard per la Polifonica Santa Cecilia protagonista, con la sua austera compostezza, della solenne Sands of Rhea.
Data la densità della produzione, ci sarebbe da soffermarsi sui singoli capitoli, addentrandosi poi nella didascalia traccia dopo traccia, ma ciò significherebbe fare un torto a un’opera che non vuole essere antologica, ma al contrario monolitica e unica. Perchè i Rodeo Clown non vogliono solo raccontare una storia. Let’s Talk About Penguins è un sincero omaggio a un genere da sempre bistrattato come il punk, alla sua enorme capacità comunicativa, alla sua permeabilità, alle contaminazioni e, lo si permetta, a un certo spleen tipico degli anni zero.
[1] http://www.megliodiniente.com/11576-2/
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