Recensione di Muflone
Sardo e specificatamente barbaricino, Andrea Cubeddu suona una musica che viene più o meno dall’ altra parte del mondo, il blues.
La cosa potrebbe sembrare particolare se non fosse per il fatto che Andrea non è il primo esempio, ma fa parte di una piccola schiera di solisti sardi che ormai da qualche anno suonano lo stesso genere e derivati vari, rappresentando in un certo senso la nuova leva del blues isolano e marcando, per attitudine, gusti e diciamolo, per coraggio, una discreta linea di separazione tra loro e la vecchia scuola sarda.
Un viaggio alla scoperta del blues
In Jumpin’up and down, questo è il titolo del disco che è anche il nome di un vecchio brano di Son House, il prode Andrea si cimenta in un viaggio personale sulle note di un hill country blues a tratti piuttosto aggressivo (I sold my soul to the devil) e a tratti più leggero (Going to propose) descrivendo il mondo che gli cambia intorno tra amori repentini e altre tematiche bluesy più o meno sempre attuali.
Lo fa bene questo viaggio, con 12 pezzi che sono un po’ un compendio di questa sottogenere rurale, l’hill country blues, caratterizzato dalla percussività e sviluppatosi tra il nord del Mississippi e il Tennessee.
Non c’è solo questo all’interno del disco, troviamo anche dei sentori di delta e delle semplici ballate blues acustiche, il tutto suonato con un bel tocco di freschezza grazie a una voce moderna e a un chitarrismo nel suo genere piuttosto variopinto e sapiente.
Un piccolo grande talento
Cubeddu è giovane ma non acerbo, ha già una più che discreta attività live nazionale, complice anche il suo vivere a Milano, e questo nel suo lavoro si sente.
Certo, manca ancora quel “marciume” che si cerca in questi casi, le note sghembe di R.L. Burnside, la potenza sovraumana di Son House, quelle stonature che alla fine diventano i picchi di questa musica che altrimenti non sarebbe definita “del diavolo”, ma in generale le premesse per l’ avvio di un’ ottima carriera ci sono tutte.