Danilo-Murtas- Muravera- Mastru Murtas - Andrea Macis

Danilo Murtas: pennelli e rock and roll

Sa Scena SardaInterviste

Intervista con il poliedrico artista di Muravera, raccontato dalle foto di Andrea Macis

Sono andato a trovare Danilo nella sua “bottega d’arte” a Muravera.

Abbiamo fatto una bella chiacchierata, e un po’ di name-dropping immersi nei colori dei suoi quadri e dei suoi lavori. Tra matite, olii, acrilici e alcuni oggetti vintage come una bellissima bicicletta restaurata, una radio come non ne fanno più e altre cosette curiose.

Si denota, entrando nel suo laboratorio artigiano, il forte legame alla terra e al popolo di appartenenza. Le immagini e i quadri toccano in diversi modi e stili la sardità e i suoi aspetti. Sia quelli più canonici e tradizionali (cavalli, mamuthones, campanacci, i quattro mori, le maschere), sia quelli più personali, con una visione etica e di preoccupazione per come si stanno sviluppando le questioni climatiche, sociali ed economiche nel paese.

Preoccupazione che porta a usare materiali di riciclo, come presa di coscienza e di responsabilità, e a trattare temi e soggetti in modo da creare un etica del territorio.

E forse in modo ancora più netto si nota il legame con il mondo musicale e con quello dei billys in particolare. Quindi contrabbassi, pompadours, creepers, moto custom fino ad arrivare al surf e alla Tiki Culture. Uno stile che è appartenenza a un contesto ben definito e che è una forma di ribellione ad un appiattimento ed impoverimento culturale sempre più marcato ed evidente. Vediamo quindi di cosa abbiamo parlato con Mastru Murtas, cercando di addentrarci nei diversi aspetti, dato il suo muoversi su più fronti.

Intervista di Daniele Mei, fotografie di Andrea Macis

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La tua arte è influenzata in modo molto netto dalla musica, rock and roll e derivati in generale. Quali sono i tuoi primi ascolti fondamentali?

La musica si traduce automaticamente in espressioni visive, quindi immagini, linee, forme e colori.

Da quando avevo circa 10/11 anni ho iniziato ad ascoltare ed innamorarmi del punk dei Ramones, dei maleducatissimi Dead Boys di Steve Bators, degli Stiff Little Fingers, dei The Boys, dei Buzzcocks, di generi affini come il pre-psychobilly dei Cramps e il neo-rockabilly degli Stray Cats.

Per me, quindi, disegno, pittura e musica sono inscindibili, vanno di pari passo, anche se disegno da autodidatta da bambino e la musica è arrivata solo dopo. Ciò si nota nettamente nei miei soggetti che sono rock and roll al cento per cento.

Quali sono stati i primi passi con quello che è il tuo strumento, il basso, e quali sono stati i tuoi primi gruppi?

A 14 anni ho iniziato a suonare il basso, facendo impazzire mia madre fino ad ottenerlo. Da li ho iniziato, come autodidatta, e ho creato, suonando con amici, il mio primo gruppo chiamato Macchia Nera, con Massimiliano Secci e Mattia Solinas. Nel giro di qualche mese abbiamo iniziato i primi concerti nei locali della zona come il Totem e il Moro facendo cover di punk e ska punk.

Avevamo un motto: “Macchia Nera punk and ska from Muravera”.

Seguivamo lo stimolo di gruppi come i Metanolo, di cui ci siamo sentiti i figli naturali. Esistevano però altri gruppi in zona: i The Nine di Alberto Paderi, i Vedova Nera di Burcei e il cagliaritano Alberto Sanna che suonava spesso a San Giovanni.

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Come è nata, invece, la tua voglia di essere protagonista come organizzatore di concerti, festival e come poi è proseguita l’avventura fino al Nuragic Island?

Andando avanti coi concerti e con la voglia di far festa mia e dei miei amici abbiamo pian piano iniziato a creare delle situazioni dove si suonava e si invitavano anche altre band. Quindi, con un gruppo di amici molto affiatato, abbiamo organizzato quello che è stato il Booze Party vol. Zero, una festa privata su invito all’Ever Green, con i Nox e dj set. Io mi occupavo della gestione musicale del tutto e di disegnare le locandine. Siamo andati avanti portando artisti come Di Maggio Connection e The Dragons, tutto senza un centesimo pubblico, fino al 2007.

Nel 2008 con un contributo pubblico comunale, nella bella location della Torre dei Dieci Cavalli, abbiamo portato i Fleshtones, un monumento per il garage rock mondiale. Un evento grosso, a pagamento, che era andato molto bene. Nel 2009 poi l’ultimo Booze Party con dei gruppi internazionali che avevano anche un seguito di pubblico francese e spagnolo. Altri due eventi con data secca nel 2010 e nel 2011 poi stop per quattro anni fino a riprendere, nel 2016, con finanziamenti privati, a San Giovanni, con il Nuragic Island. L’anno scorso con Slick Steve & the Gangsters e i South Sardinian Scum fino ad arrivare a quest’anno con, tra gli altri, Legendary Kid Combo e Barmudas.

Danilo Murtas - sa scena sarda -andrea macis

Quali sono invece le tue formazioni musicali ora?

Nel 2007 ho acquistato ed imparato a suonare il contrabbasso. Talmente diverso dal basso che la prima settimana volevo rivenderlo. Molto fisico, grande, devi avvolgerlo completamente. Questa scelta ha cambiato le dinamiche dei gruppi nei quali suonavo. Da ciò sono nati i TheWholly Cats, un’insolita mini orchestra swing, con due chitarre che colmavano il fatto che avevamo solo due fiati. Esperienza di otto anni con alla voce Federica Pilloni, l’ex Metanolo Alessandro Viola alla batteria, Paolo Pili e Stefano Duca alle chitarre, Danilo Atzori e Marco Orrù ai sassofoni. Ho poi accompagnato Alberto Sanna, Patrick Atzori fino all’attuale formazione che abbiamo chiamato Lady F. and the Stout Bro pescando dal rhytm and blues e dal soul dei ‘50s e ’60s ma facendoli nostri, con alcuni membri dei TheWholly Cats e con l’inserimento di Paolo Demontis dal gruppo di Salvatore Amara e Corrado Cuboni dagli Insensible Eggs. Siamo ancora agli inizi, nella fase di assemblaggio e conoscenza musicale. Ho anche il trio, i Double Couff, con Alessio Scano dei The Stunfers e Pietro Stajano dei Wheelers.

Cosa ci dici invece della tua arte pittorica?

La mia è prima di tutto un’esigenza viscerale, nata tra i banchi di scuola. Il primo passo serio è stato però nel 2003 con la prima mostra e con le prime richieste di lavori. Ho iniziato a catalogare tutte le mie opere ed a prendere davvero sul serio il discorso artistico. Nel 2013 poi, avendo finito col precedente lavoro, ho deciso di aprire questa bottega dove posso creare, mostrare e vendere i miei lavori. Seguo due filoni principali, quello musicale e quello della cultura sarda che chiamo Tradinnovatzione, ricca di simbolismo etnico ma soprattutto etico. Dove oltre al riciclo dei materiali è forte l’aspetto della coscienza (“s’arti de sa cuscenzia”), e cioè appartenere ad un popolo con una cultura millenaria ma che è abbastanza sconosciuta sia al visitatore che al sardo stesso. La mia missione è appunto comunicare questa storia a tutti loro: significato oltre all’uso del colore e al tipo di lavorazione. Una critica d’arte le ha definite immagini sensoriali che sfiorano olfatto, gusto, tatto, udito oltre che la vista.

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Chiudiamo con una domanda più generale e spinosa: come vedi il rapporto gente-musica in Sardegna?

È un argomento che mi tocca particolarmente e nel quale ho un’opinione molto personale. La Sardegna, ed in particolar modo i paesi come i nostri, sono luoghi abbastanza difficili dal punto di vista sociale. La musica dal vivo, e l’arte in generale, purtroppo affascinano sempre poche persone e ultimamente sempre meno. Nel caso della musica di nicchia il problema è, secondo la mia esperienza e il mio punto di vista, ancora più tangibile. Non c’è un rinnovo, un cambio generazionale, quindi quello che vedo è che ai concerti, anche a Cagliari, siamo sempre gli stessi da anni, un gruppo ristretto di persone e non più giovanissime. Non vedi più un diciottenne tra il pubblico.

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Quindi per te cosa bisogna fare?

È una risposta difficile. Non c’è una formula precisa. Sicuramente bisogna resistere e continuare a fare. I giovani, e non solo, sono troppo distratti dalla tecnologia, è tutto troppo facile, sono cambiati gli interessi del mondo, e non parlo solo di concerti ma anche di un’uscita per una birra. Quindi la musica, e l’arte in generale, non sono più d’interesse per le nuove generazioni.

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Non sono completamente d’accordo anche se sono cosciente delle criticità, ci sono generi lontani dal tuo rock and roll e anche dal mio modo di ascoltare musica. Tipo il rap, o anche altre forme di musica. Penso al successo di Salmo ad esempio.

Non è un discorso di generi, Salmo lo apprezzo, ma è un discorso di ideali. Noi li avevamo, volevamo cambiare il nostro mondo in meglio, non volevamo essere semplici spettatori che subiscono ma volevamo e vogliamo essere attori protagonisti. Ora, è tutto un utilizzo inutile della tecnologia, che da ottimo strumento diventa dannoso, invadente, annullando le voglie di “essere” dei più giovani. Non ci sono più passioni viscerali ma solo fugaci ascolti decontestualizzati, quindi pressoché inutili. Giovani, svegliatevi!