Abbiamo incontrato Andrea Congia poco prima di una delle tappe promozionali nel Sarrabus per presentare e completare il cast per Ucronie, festival che si svolgerà a luglio tra Cagliari e Porto Corallo, nel territorio di Villaputzu, e che punta a creare, in una sorta di teatro improvvisato in tempo reale, mondi immaginari e le musiche che si creano al loro interno.
Raccontaci un po’ di te e del tuo percorso artistico.
Principalmente nasco come chitarrista, ma da diverso tempo mi occupo anche di interazione multidisciplinare.
Da ormai dodici anni, tramite la rassegna Significante, con la collaborazione degli altri componenti dell’Associazione Culturale Tra Parola e Musica – Casa di Suoni e Racconti, mi dedico alla letteratura sarda. Scegliamo testi appartenenti a diversi momenti storici e li trasformiamo in performance: letture con narrazione musicale e piccole opere musico-teatrali. All’interno dell’Associazione ho fatto convergere tutto il mio bagaglio artistico e le esperienze che ho avuto modo di accumulare in questi anni.
Oltre a Significante è poi nato il Festival delle Musiche dei Mondi – Ucronie, basato sulla contaminazione tra linguaggi artistici differenti, il cui risultato è la creazione di veri e propri mondi dei quali immaginiamo anche le musiche che germogliano e crescono in essi.
Ho creato inoltre la rassegna di cine-concerti Sinestesie, dove l’idea è quella di vedere la musica e ascoltare le immagini, in sonorizzazioni in tempo reale di prodotti audiovisivi.
I tre eventi rappresentano sia il mio orizzonte artistico che la programmazione annuale della Casa di Suoni e Racconti. Abbiamo deciso di chiamare questo ampio progetto Tra le musiche con l’intento di dare risposte alle domande dalle quali la nostra realtà è scaturita. Cosa si nasconde dietro alle diverse musiche plurali? Che cosa le accomuna e cosa le distingue? Come individuare quel punto di incontro che crea mescolanza tra ritmi e melodie?
Quando è nata La Casa di Suoni e Racconti e chi ne sono i principali artefici?
L’associazione culturale esiste da quattro anni e ora sta cercando di dotarsi degli strumenti e dei mezzi che consentano di accedere a bandi e finanziamenti per sostenersi, crescere e continuare e migliorare le proprie attività. Gli altri membri permanenti del progetto sono Silvia Cei, Carla Erriu e Giulia Virdis che si occupano dell’organizzazione e della produzione.
Ucronie è giunta ormai alla terza edizione. Da quali idee nasce questa iniziativa e quale obiettivo volete raggiungere?
Ucronie è nata nel 2017 a Cagliari. È il festival delle “musiche dei mondi” e parte da un concetto multi-artistico che immagina realtà complesse inesistenti e, allo stesso tempo, le musiche che nascono al loro interno, mantenendo sempre uno sguardo antropologico. L’intento è scoprire quale tipologia di senso comune possa svilupparsi in questi mondi.
La musica è sempre un’espressione culturale. La scelta dei suoni, dei timbri, degli strumenti, del repertorio, il modo in cui gli uomini la vivono individualmente e socialmente nella loro dimensione umana è cultura. In questo spazio antropocentrico, Ucronie ci ha permesso di inventare realtà e comunità che non esistono, altri spazi e altri tempi.
Durante la prima edizione hanno preso corpo quattro mondi, portati in scena in poco tempo per via dell’adrenalina e dell’entusiasmo che ci accompagnavano. Si trattava di Next Habitat, in cui uomo e natura sono stati riconciliati, Next Solitudo, sul concetto della solitudine, Next Medioevo che ha indagato il medioevo sardo e Next Limes dove tutto era confine, centro e periferia nello stesso luogo e nello stesso momento.
Com’è proseguita poi?
Nel 2018 abbiamo giocato su temi più effimeri, immaginando scenari come una protesta e una sfilata di moda, fino a riproporre una visione del Mediterraneo nel 5000 dc. Per la realizzazione dei mondi si è preso spunto da racconti scritti per l’occasione da alcuni autori sardi, poi portati in scena da attori, musicisti e danzatori.
Siamo riusciti a tessere un dialogo tra tanti linguaggi diversi. È stato molto bello.
Quest’anno invece quali sono i nuovi mondi che immaginerete?
Quest’anno ci siamo dedicati alla più semplice delle dicotomie, Next Bianco e Next Nero all’interno dei quali i due colori contrapposti sono ripensati completamente. L’obiettivo di questa edizione sarà inoltre andare oltre la città di Cagliari. Quindi saremo non solo al Lazzaretto di Sant’Elia e sulla spiaggia “dimenticata” di Giorgino, ma anche alla Torre di Porto Corallo a Villaputzu.
Il nostro intento è suscitare la creazione di un’immaginazione collettiva simultanea. Non a caso lo slogan di Ucronie è “Immaginare per comprendere, comprendere per immaginare”.
Avete incontrato delle difficoltà uscendo dal vostro raggio di azione abituale?
Si, ma sono difficoltà che non hanno a che vedere semplicemente con il territorio. Le abbiamo riscontrate anche nei due anni precedenti. È difficile far passare un’idea così particolare e nuova anche se affascinante. È un evento in cui ci si mette in gioco e si crea in tempo reale, quindi incute timore e diffidenza. Inoltre, le persone vivono quotidianità ricche di impegni che lasciano davvero poco spazio alla partecipazione a simili iniziative e in un territorio piccolo come il Sarrabus questo si amplifica, soprattutto nella stagione estiva.
È un vero peccato, anche perché il festival è completamente gratuito per i partecipanti.
Chi può partecipare a Ucronie?
Ucronie è aperto a tutti. Il suo scopo è l’inclusività e la ricerca è perenne. Chiunque può aderire all’iniziativa e partecipare come semplice figurante o abitante dei mondi. Il contributo apportato da ognuna delle persone coinvolte è fondamentale per la buona riuscita del festival.
Raccontaci un po’ come si svolge il festival.
È una performance, un grande gioco dal vivo totalmente improvvisato. Un momento nel quale tutte le persone agiscono relazionandosi e diminuendo il più possibile la distanza tra azione e reazione. L’esecuzione artistica prevede però delle regole che vengono gestite in tempo reale da una serie di figure particolari. Una di queste è il “Corifeo”, una sorta di regista. Ci sono poi i “Deuteragonisti”, i suoi comprimari, a volte collaboratori a volte antagonisti, e i “Canovacci Viventi” i quali hanno il compito, proprio come un canovaccio teatrale, di accompagnare lo scorrere della messa in scena.