Il grande chitarrista che ha scritto diversi pezzi di storia della musica italiana sarà il 18 marzo, domenica, a Cagliari per un fantastico guitar clinic
Andrea Braido (El Braidus come ama definirsi) è considerato uno dei migliori chitarristi italiani. Ha messo a disposizione la sua tecnica e il suo estro compositivo in dischi che sono diventati dei veri best seller.
Vasco Rossi, dove il suo apporto è su dischi storici come Gli Spari Sopra e Nessun pericolo..per te o i live album Fronte del Palco e San Siro 10-7-90.
Mina, dal ’92 al 2005, la sua chitarra è su A che ora è la fine del mondo di Ligabue. Con Laura Pausini in album come Le cose che vivi, Tra te e il mare e il Best of del 2001. Poi Branduardi, Bruno Lauzi, Zucchero, Pierangelo Bertoli, Franz di Cioccio, Paola Turci, Riccardo Fogli, Raf, Baccini, Gatto Panceri, Marcus Miller e tantissimi altri.
Ha fatto anche tanti tour e concerti davanti a centinaia di migliaia di persone, ultimo il Modena Park di Vasco Rossi con 220.000 spettatori. Ma i tour sono stati ancor di più dei lavori in studio. Patty Pravo, Eros Ramazzotti, Celentano, Enzo Jannacci, Francesco Baccini, Antonella Ruggiero e ancora Vasco, Zucchero, Pausini, Branduardi e tanti altri.
Ha girato un po’ il mondo suonando in Germania, Austria, Repubblica Ceca, Ungheria, Spagna. Portogallo, Belgio, Olanda, Estonia, Unione Sovietica, quasi tutto il Sud America, Inghilterra e Stati Uniti.
Andrea Braido ha poi diversi progetti solisti e una discografia di tutto rispetto.
Entriamo con le nostre domande all’interno del suo mondo e cerchiamo di scoprire questo grande musicista.
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Prima di tutto diamo la definizione di clinic, tratta da Wikipedia:
Si definisce clinic e a volte erroneamente seminario, un incontro informale tra un artista musicale (o comunque un esecutore) particolarmente talentuoso o famoso e degli appassionati del suo genere (o del suo modo di suonarlo), che partecipano per ammirarlo o per cercare di imparare da lui (infatti solitamente sono studenti dello strumento per il quale è in programma la clinic, e non semplici spettatori).
Una clinic si svolge solitamente in uno spazio medio-piccolo. Di conseguenza si crea un’atmosfera più intima e informale rispetto ad un concerto vero e proprio. Inoltre il musicista si limita spesso ad eseguire solo una parte dei propri brani, magari quella in cui è presente un virtuosismo che il suo pubblico desidera vedere o imparare ad eseguire.
La durata di una clinic (a differenza del seminario che dura in media dai quattro ai quindici giorni) è al massimo di una giornata ma di solito si svolge in tre o quattro ore con inizio nel primo pomeriggio, durante la quale gli spettatori a volte non hanno la possibilità di interagire attivamente con l’artista, cosa che avviene invece nella master class, ma il pubblico ha soltanto la facoltà di porre all’artista domande e quesiti spesso di natura tecnica.
Questi eventi possono avere come ospite qualsiasi tipo di strumento musicale, musicista o genere.
Intervista di Daniela Schirru
Ciao Andrea. Com’è nata la tua passione per la musica Andrea?
In famiglia si respirava aria d’arte. Mia madre dipingeva avendo studiato all’Accademia delle Belle Arti. Mio padre, invece, ha sempre avuto passione per la musica facendomi ascoltare notevoli brani come Rhapsody in Blue di George Gerswin, Louis Armstrong, Frank Sinatra e altri. Quindi sentii un’attrazione naturale verso la musica e la batteria in particolare che iniziai verso i quattro anni.
Sei un chitarrista che ha sicuramente una buona conoscenza della teoria musicale ma conserva una buona dose di istintività.
Ho suonato senza sapere una nota di musica teorica fino ai 16-17 anni circa. La maggior parte di chi mi aveva sentito diceva che ero un talento precoce ma non sapevo leggere la musica. Allora mi impuntai e mi iscrissi alla scuola civica musicale. In un anno diedi il diploma di teoria e solfeggio. È servito sicuramente ma l’istinto è sempre stato il 95% del modo di approcciarmi, applicandomi sullo strumento anche dieci ore al giorno.
Chi sono i tuoi chitarristi preferiti sia attuali sia storici? Con chi di loro si identifica meglio il modo in cui suoni la chitarra?
La partenza sulla chitarra, mentre ero a tutti gli effetti un conosciuto giovanissimo batterista della Trentino, ha quattro punti di riferimento sostanziali: Smash Hits di Jimi Hendrix, Terry Kath nel disco Chicago Transity Authority, Ritchie Blackmore in Machine Head e Concerto Grosso dei New Trolls.
Dopodiché ho iniziato a studiare e riprodurre George Benson degli inizi. Wes Montgomery, Barney Kassel, Joe Pass, Paté Martino. Pat Metheny, John Mc Laughlin, Di Meola, Django Reinhardt, Eddie Lang per il jazz/fusion. Mentre per il rock nuovamente Hendrix, Blackmore, Van Halen e altri in modo non approfondito.
Nel mio modo di suonare convergono molti suonatori di altri strumenti come i fiati, pianisti, tastieristi ed anche molta musica classica.
Quali sono le differenze maggiori che si incontrano nell’approccio musicale con gli artisti con il quale hai lavorato e tuttora lavori?
Sostanzialmente non trovo differenze particolari. La cosa più importante per me con cui ho risolto in maniera creativa le varie differenti situazioni, sta nel trovarsi sempre pronto per quello che ti viene richiesto.
Ovviamente c’è molta differenza tra Branduardi, Mina e Marcus Miller, ma ognuno di loro mi ha chiesto di suonare la loro musica con il mio mood improvvisativo. Per questo ho sempre studiato ogni giorno, studio e sempre lo farò suonando tutta la musica possibile di qualità!
Quali differenze si incontrano tra i vari stili di chitarra di cui ti sei avvalso avendo la possibilità di suonare per diversi artisti e in diversi generi musicali?
Il rock richiede molta energia fisica, il jazz la fantasia nel creare melodie sempre diverse e giocare con note cromatiche, il pop molto relax ma con la propria tensione emotiva.Su tutte la prima cosa è suonare sul time che sembra un’ovvietà ma non lo è purtroppo. Ovviamente tra i generi citati ci sono armonie molto diverse con accordi molto complessi o semplificati al massimo.
E per quanto riguarda il basso?
La prima volta che provai un basso avevo dodici anni circa. Verso i quattordici iniziai a suonarlo quasi tutti i giorni come facevo per la chitarra. A sedici anni venni chiamato da un gruppo di gente con età compresa tra i 28 e i 35 anni come bassista. Il repertorio comprendeva anche School Days di Stanley Clarke, Gino Vannelli e altro.
Per me il basso rimane uno strumento fondamentale nel mio modo di vivere e comporre la musica oltre che il tramite perfetto tra batteria e chitarra.
Sei conosciuto maggiormente come chitarrista, ma, come abbiamo detto, il primo strumento che hai imparato a suonare è stata la batteria. Com’è stato passare da uno strumento all’altro? Da cosa è derivata questa scelta?
In realtà la batteria la suono sempre ogni volta che ne ho il tempo. Il passaggio alla chitarra è stato molto facilitato dalla ritmicità che applico alla batteria. Il motivo di cercare la chitarra ha varie motivazioni: la prima, l’armonia, la melodia e poi le sonorità della chitarra mi attirarono da subito!
Stai lavorando a nuovi progetti?
Sto lavorando ad alcuni nuovi progetti discografici a mio nome ed al fatidico libro sulla mia vita con la Musica, ma ci vorrà del tempo.
Una domanda forse fuori tema ma che ti faccio perché ha una sua utilità anche sociale, cosa pensa Andrea Braido dell’avvento dei talent show televisivi, come X-Factor e Amici. Pensi siano un lasciapassare per tanti giovani che vogliono entrare nel mondo della musica?
L’arte è un dono come quello di avere la vocazione medica, oppure culinaria, valendo per molti mestieri. Avere la presunzione di inscatolarla sfruttando i media è molto lontana dalla storia della Musica stessa. Potrebbe essere un punto di partenza ma è chiaro (almeno per me) che si cercano personaggi dal successo rapido da spremere e poi buttare come carta straccia. Infine non mi interessano e ne sto alla larga anche perché giudicare è già una cosa pesante e spesso a farlo ci sono dei personaggi con una storia abbastanza limitata oppure non inerente.
Quindi Andrea, quali consigli daresti a chi vuole avvicinarsi alla musica?
In primis essere molto autocritici e capire il livello a cui ci si può approcciare. Quindi se il livello non fosse elevato può comunque essere una bella passione e del resto ognuno dovrebbe sviluppare la propria attitudine concentrandosi su quella. Tutto ciò richiede umiltà, costanza, sacrificio ed intelligenza.
Ti ringrazio infinatemente Andrea per questa intervista, non ci resta che salutarci e …ci vediamo domenica 18 marzo al negozio di strumenti ed elettronica Pesolo a Cagliari!
Grazie a te Daniela, al 18 allora!