Sheik Anorak è il progetto solista del polistrumentista francese Frank Garcia.
In occasione dell’ imminente minitour sardo, organizzato da quei bravi ragazzi di Egg Concerti, che lo vedrà protagonista il 10 Gennaio al Fabrik (Cagliari), l’11 al chiosco di Sa Spendula (Villacidro) e il 12 all’Abetone (Sassari), ho fatto qualche domanda a questo interessante ed eclettico personaggio che spazia in diversi ambiti musicali come Kraut rock, no wave, noise, indie rock e quant’altro. E proponendo un live in cui suona la batteria, la chitarra e altri marchingegni rumorosi.
Intervista di Raffaele Badas
Ciao Frank, sei pronto alla trasferta sarda? Ti saresti mai immaginato di finire a suonare in questa isola nel bel mezzo del Mediterraneo? Era così che immaginavi il mestiere del musicista?
Ciao, si sono prontissimo, direi molto eccitato all’idea! Devo ammettere che non avrei mai pensato un giorno sarei finito a suonare in Sardegna. Non so molto dell’isola ma sono curioso di scoprirla. Quando ho iniziato a suonare per lavoro non sapevo cosa aspettarmi, ma di sicuro mi piace molto. Finora tutto bene!
Ho letto che vivi in Svezia. Cosa ti ha portato dalla Francia alla Scandinavia?
E’ stato un po’ casuale. Non era la mia prima scelta quando ho deciso di lasciare la Francia, ma non me ne pento: è stata una delle decisioni migliori che abbia mai preso.
Volevo solamente andarmene da Lione e dalla mia “comfort zone” per ricominciare da zero da qualche altra parte. Göteborg, e più in generale la Svezia e la Scandinavia, sono il posto perfetto per me. Infatti, ho già formato alcune nuove band e conosciuto un sacco di persone fantastiche.
Ho visto che, considerando solo il tuo progetto solista, hai fatto più di 400 date nel mondo. Come vivi la dimensione del viaggio all’interno della tua professione musicale? È una cosa che ti pesa o che ti spinge a suonare sempre di più?
Viaggiare mi piace moltissimo. Di sicuro fa un po’ parte del lavoro e amo questo aspetto.
I concerti acquistano sempre qualcosa di “diverso” quando realizzi di essere parecchio lontano da casa e anche il “fattore viaggio”, il considerare che ti stai muovendo intorno al mondo per fare sentire la tua musica, è una cosa che mi entusiasma.
Certo è anche stancante, ma è una cosa che ormai faccio da diversi anni e devo dire che mi diverte come mi divertiva all’inizio. Mi spinge a suonare di più. Scrivere più musica e incontrare e suonare con altra gente. Non ho dubbi a riguardo!
Sei il titolare di una nota etichetta discografia che si occupa di musica sperimentale, la Gaffer Records. Con tutte queste date come riesci a occupartene? Dove trovi il tempo?
Effettivamente è diventato difficile occuparsene negli ultimi tempi. Mi sono fermato un po’ negli ultimi due anni. Sono stato molto occupato con i miei progetti e non avevo i soldi per finanziare nuove uscite, ma ci ho pensato bene e ho deciso che non volevo abbandonare l’etichetta, così sono tornato in azione. Pubblicherò meno lavori e anche meno vinili, ma non smetterò. Ci sono davvero molte band e artisti incredibili che meritano di essere ascoltati.
Sono sempre felice e in qualche modo orgoglioso di pubblicare quella che considero buona musica – il più delle volte fatta da persone fantastiche -. Aspettatevi qualche interessante uscita molto presto.
Nel tuo live set usi loop creati sul momento. Che differenza c’è tra l’usare samples e loop già pronti rispetto al doverli creare live? È solo una questione di attitudine musicale o ci sono anche delle differenze sostanziali?
L’obbiettivo era di creare dei pezzi partendo da zero proprio davanti al pubblico perché sentivo che sarebbe stato più interessante per tutti. Certe persone mi confermano che funziona, che è sorprendente capire come una canzone possa essere creata e come funziona il processo creativo. Sicuramente in parte è stata una questione di attitudine musicale ma ero davvero convinto che questo approccio avrebbe dato dei buoni risultati durante i concerti.
Ovviamente ti devi sempre confrontare con “il lato oscuro della forza”. Ho avuto diverse discussioni con persone che non capiscono perché lo facessi o più semplicemente che reputano questo approccio un po’ noioso. Ho anche incontrato delle persone che non hanno capito che i loop non erano pre-registrati e credevano che suonassi in playback. (risata)
Ad oggi, per quanto riguarda questo argomento, devo dire che ho leggermente cambiato idea, faccio sempre le cose in quel modo ma il nuovo materiale live contiene qualche loop pre-registrato. Ho cambiato il mio setup e sacrificato il mio approccio radicale in cambio di una maggiore comodità. Ora posso usare e trasportare meno attrezzatura quando sono in tour – solo un drumpad e qualche pedale invece che un computer, la scheda audio, i triggers, i MIDI controllers e i pedali -.
In ogni caso ho semplificato solo una canzone e mezzo per ora! (altra risata)