trigale - in pancia al pesce - 2019 - recensione - sa scena sarda - daniele mei

In pancia al pesce – Trigale

Daniele MeiMusica, Recensioni

Si può ancora, nel 2019, pubblicare un disco di pop suonato risultando freschi, godibili e soprattutto credibili? Difficile, anche se poi qualcosa, tra i fitti rami di una sovrapproduzione che crea una svalutazione del mercato discografico riesce a emergere e a ritagliarsi un suo spazio con personalità.

Stiamo comunque ragionando su un lavoro che sarà relegato, ahimè, a un piccolo pubblico. Ed è ingiusto, perché i , in questo loro primo album di studio, riescono a cucire come dei sarti un disco che in pochi ascolti diventa orecchiabile quasi da non uscire più dalla testa.

Un abito che potrebbe essere vestito da un pubblico ben più ampio se nella cultura di massa ci fosse spazio anche per la musica che non viene delle major e se nella gente ci fosse più curiosità e più apertura mentale verso le cose belle.

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I brani di In pancia al pesce sono storie autonome legate tra loro da un sottile filo logico. Storie che fanno riflettere e che possono essere canticchiate allegramente quando si è con la mente altrove.

Canzoni che a un primo ascolto paiono spensierate ma che instillano quel dubbio, quella inquietudine che ha comunque un risvolto positivo, diventando in alcuni casi epiche, avvincenti.

Testi che utilizzano un linguaggio semplice, che richiamano alla mente immagini chiare e che raccontano una realtà di tutti i giorni e un sentimento di appartenenza alla propria terra e al proprio periodo storico.

Un piglio da ambientazione fumettistica, un po’ meno estremizzato nel risultato rispetto ai Tre Allegri Ragazzi Morti, che ritornano alla mente in brani come Mi ama lei e La legge del più forte. Il pezzo più immediato è Non ti va mai bene niente, una canzone che fa della scanzonatezza la sua arma vincente.

Quest’ultima è stata scelta come singolo di lancio per In pancia al pesce, anche se a tutto dire il loro pezzo più riconoscibile risulta lo stomp rock di Quattro cantoni di cemento grezzo, dove si respira la Sardegna operaia tra sudore, calce e rumore di badili al lavoro, arresa e servile nei confronti delle classi più abbienti.

L’apice compositivo della band cagliaritana è però nelle due inquiete ballate Prato nero e Veranda affacciata sul nulla, notevoli.

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La formula utilizzata è quella del più classico dei power trio con alla chitarra Marco Noce, al basso Nicola Serci e alla batteria Roberto Etzi. Ognuno di loro è anche cantante, dando in questo modo alle composizioni diverse possibilità e rompendo la linearità senza intaccare la compattezza del lavoro.

Un disco da conservare orgogliosamente e ascoltare quando si vuole sentire il profumo della propria terra, che si è potuto coronare grazie al prezioso strumento del crowdfunding che ha visto contribuire per la sua realizzazione oltre cento sostenitori.