Il 1983 è stato un anno particolarmente fecondo per l’Heavy Metal mondiale. Quarant’anni fa vedevano infatti la luce album come “Piece of Mind”, “Kill ‘em All”, “Bark at the Moon”, “Holy Diver”, “Into Glory Ride”, “Show No Mercy” (dobbiamo citare gli autori?) e altri capolavori del genere. Una deflagrazione con schegge un po’ dappertutto. In Italia quell’anno sfornò dei buoni prodotti: pensiamo a “A Race with the Devil” dei Vanadium di Pino Scotto o al demo della Strana Officina che i fratelli Cappanera inviarono a Rockerilla (un certo Beppe Riva dovrebbe essere venerato da chi si occupa di stampa Hard and Heavy).
Bene, la Sardegna non fu da meno: al sud i Rod Sacred (fondati l’anno precedente) iniziarono allora a scrivere i loro primi brani; nel cuore del Logudoro, a Ozieri, nacquero invece gli Skull grazie a Marco Fenudi (voce e basso) e Gianfranco Pinna (batteria). Giuseppe Masia (proprio lui) e Franco Becciu alle chitarre completarono la formazione (per un breve periodo il basso fu suonato da Roberto Ledda, successivo fondatore dei Sandalia). Come manager Giovannino Mannu, che poi diede vita ai suoi Twilight Zone.
Le influenze le troviamo tra alcuni degli autori che non abbiamo citato: Maiden e Four Horsemen su tutti. Ma anche Venom, in anno sabbatico quell’83 tra un “Black Metal” e una guerra con Satana.
Il demo tape degli Skull, “Maniac”, non tarda ad arrivare. Correva l’anno 1984, direbbe Mieli, e le quattro tracce licenziate ricevono una buona accoglienza tra le fanzine italiane ed estere (ancora qui non c’erano riviste specializzate se non le pagine interne di Rockerilla). La copertina venne realizzata da Danilo Sini, allora chitarrista dei PSA e successivamente tatuatore. Crescono i contatti e i concerti anche oltre Tirreno fino al secondo demo “…and the Gods must die!” del 1985.
Prima repubblica, c’era ancora Pertini al Colle. E il servizio militare era obbligatorio. La cartolina arrivata a Becciu riduce il quartetto a power trio, ma il treno degli Skull è più veloce di quello che conduce i ragazzi a Casteddu per le visite in quel di Calamosca. Nell’86 arriva il terzo demo, same titled “Skull” e registrato per la prima volta in una vera sala di incisione. Cresce l’interesse altrove e arrivano le proposte di ingaggio dalla King Klassic Records (Illinois) e della Semaphore (Germania), ma da parte dei nostri non c’è possibilità di espatriare.
Con Dario Luridiana alla chitarra (che precedentemente pestò le pelli sostituendo Gianfranco Pinna, anche in questo caso per via della naja) i nostri registrano nell’88 il quarto demo, “Skalmanati” iniziando a sperimentare la commistione tra metal e sonorità mediterranee ed entrando nella scuderia “Musical Box Promotions” di Klaus Byron, celebre penna di Metal Shock prima e di Flash successivamente. Cosa che procurò ai nostri nuovi contatti, diversi live in Italia con Gow, Creeping Death, Sabotage, Bulldozer, Requiem, Astaroth (saltata la data con gli Steel Crow quando, nel 1989, morì il cantante Yako De Bonis) e alcune partecipazioni a compilation della scena metal, come il vinile “Not Just Spaghetti and Mandolini”. Da citare anche i festival in Sardegna, come il “Rock Area” di Tonara dove, nell’86, furono gli artisti di punta.
Nel ‘90 si concretizza la possibilità di realizzare l’album grazie al rinnovato interesse di label italiane. Gli Skull vanno in studio e realizzano quello che sarebbe dovuto essere l’Lp “I Saw the Fire” ma che allora non vide la luce (solo un’autoproduzione postuma).
Gli Skull proseguono con qualche cambio di formazione: Giuseppe Masia riprende a fare cabaret dal ‘93 e in band ritorna Franco Becciu; Fenudi cede il microfono a Gianmario Manca prima e a Roberto Canu dopo per dedicarsi solo la basso; tra i collaboratori si registra anche la presenza di Simone Sassu alle tastiere (poi Nasodoble). Il gruppo ha sospeso le attività nel 1995, ma per oltre un decennio ha contribuito alla scena metal isolana lasciando un’impronta originale e sempre più legata al territorio e alla sua cultura come si evince dalla loro evoluzione sonora (tra le produzioni degli Skull anche una rivisitazione dell’inno antifeudale sardo del Mannu).