Nei campi silenziosi / la grande lama scava / le zampe della bestia / aiutavano a stritolare / la terra fredda e dura / dopo il lungo sonno / i frutti fecondati / dal sudore del lavoro. Si apre con i versi di Stefano Starace questa recente iniziativa editoriale che rende omaggio alla figura di Grazia Deledda: un riuscito assemblaggio di parole, suoni e immagini che ha preso forma grazie al coinvolgimento di tante anime e la cura editoriale da parte di Squilibri, label romana molto attenta a questo tipo di produzioni. Tutto prende avvio da un’idea di Stefano Starace che, sulla scorta dei romanzi della Deledda, decide di coniugare letteratura e musica prendendo come base alcuni testi da lui composti per l’occasione. La successiva trasposizione musicale viene curata da Andrea Lubino, Fabio Manconi e dalla voce di Claudia Crabuzza che si occupa di fornire il tocco finale a tutta l’operazione.
Non è la prima volta che l’opera di Grazia Deledda viene “presa in prestito” da musicisti di varia estrazione tra i quali è doveroso ricordare Mariano Deidda che, nel 2007, ha pubblicato Rosso Rembrandt, Mariano Deidda canta Grazia Deledda, un progetto caratterizzato da un cantautorato di grana fine e oculati innesti di jazz (tra cui la tromba di Kenny Wheeler): un album che vale la pena di essere recuperato. Qui sono la voce e la sensibilità di Claudia Crabuzza a dare nuova vita alle suggestioni della Deledda con un registro grave e accorato che rimanda alle migliori stagioni della canzone di protesta, a quel sentimento popolare che in tempi passati era la cifra stilistica che caratterizzava la musica dei Chichimeca. Da qui riparte questo nuovo viaggio con una formazione titolare formata da Claudia Crabuzza, Fabio Manconi, Andrea Lubino e Massimo Canu e il coinvolgimento di tanti altri artisti che riportiamo in ordine di apparizione: Elisa Carta, Rita Casiddu, Ilenia Romano, Tony Chessa, Dante Casu, Gian Piero Carta, Massimo Pitzianti, Mirco Menna, Michele Garofalo, Roberto Chelo, Emanuele Dau, Salvatore Serra, Canio Loguercio, Leonardo Lubino, Massimo Donno, Andrea Pica, Zoe Pia, Stefano Saletti, Roxana Rossi, Caterinangela Fadda, Michele Pio Ledda, Alberto Erre.
Una moltitudine di esperienze ben distribuite nelle undici tracce del disco, tutte pensate e ispirate dai libri della Deledda e dalle sue ossessioni: il rapporto con la natura che appare quasi un’anteprima delle più recenti tematiche ecologiste, le emozioni vissute in un ambiente umano piuttosto difficile come quello della Nuoro del tempo, la coscienza dell’essere donna in un contesto chiuso e poco disponibile ai cambiamenti, la consapevolezza di dover lottare per le proprie passioni. Un universo-mondo che la Deledda ha descritto e reinventato con la forza delle parole e delle immagini e che le hanno valso i riconoscimenti della comunità internazionale che ben conosciamo. Il corpus deleddiano si presta ancora una volta a essere oggetto di continue riletture come in questa operazione editoriale che ci riporta a una Sardegna e a un mondo che non ci sono più e a una scrittrice che è riuscita ad andare oltre tutte le convenzioni e le convinzioni, la cui opera rimane come paradigma di evoluzione e scardinamento di sistemi chiusi e opprimenti.
Ma, oltre la musica e le canzoni, Grazia, la madre offre tante altre suggestioni: i testi di Stefano Starace; i saggi di esperti deleddiani come Dino Gesuino Manca e Neria De Giovanni; la testimonianza di Antonello Zanda che ci riporta a un film del 1961 di Remo Branca e ai suoi itinerari deleddiani; le fotografie della Nuoro del primo Novecento della tedesca Marianne Sin-Pfältzer; i dipinti di Narcisa Monni che rendono quest’omaggio qualcosa di veramente unico e prezioso. Il disco termina con i versi di Paolo Pillonca, uno che conosceva molto bene il mondo evocato da Grazia: Cantu ti durat vida / non t’at a fagher nudda sa ‘etzesa / anti t’istrinat lughes / pius de sas chi in cara como jughes.