Della nutrita schiera di “album da quarantena” venuti fuori nei primi mesi del 2020, Gatti e Leoni di Andrea Cannucci si annovera senza dubbio tra i più calzanti.
L’ex frontman degli ottimi “The Erotik Monkey” approfitta della clausura forzata e dà alla luce un’opera che – molto meglio della maggior parte dei suoi colleghi – fotografa con efficacia il peso psicologico del confino domestico. Ne è un esempio la traccia “Capotreno”, dove il bisogno di una figura rassicurante è espresso nell’onirico e cupo viaggio all’interno del convoglio: “Capotreno, cattura questa malattia. Ho paura, finirà mai la galleria?”
I sei episodi del disco, rimanendo fedeli alla loro natura di opere da cameretta fatte di suoni essenziali e di prima mano, hanno la capacità di toccare i vari aspetti dell’alienazione da isolamento senza prendersi mai troppo sul serio. Si va dall’esigenza di stordimento iniziale di “Pasqua”, all’elaborazione dell’ansia in “Gatti e Leoni”, passando per “Fango”, proiezione mentale della fine dell’angoscia, in una promessa di orizzonti aperti e bonacce emotive.
L’abilità con cui Cannucci crea melodie orecchiabili è arricchita con gusto da contaminazioni stilistiche variegate, mai banali ma pur sempre amichevoli, in un mix empatico di it-pop e indie vecchia scuola che si lascia ascoltare con curiosità. Gli arrangiamenti minimalisti sono ben mixati da Giuseppe Aledda, fidato partner nei progetti condivisi, senza mai snaturarne l’immediatezza.
Gatti e Leoni è un album che non ha pretese messianiche o profondità abissali, ma riesce con estrema semplicità a coinvolgere l’ascoltatore, prima fermandolo e poi blandendolo nell’istantanea di un momento intimo. E vista la quantità di produzioni casalinghe, spesso stereotipate, di cui siamo sommersi non è cosa da poco.