Ci siamo appena lasciati alle spalle un anno intenso che, in riferimento alla scena sarda, rimarrà nelle mensole con tanta varietà e qualità. E possiamo certamente dire che anche l’anno nuovo promette bene, anche per via di un periodo ormai al tramonto (si spera) che non ha seminato soltanto incertezze e disperazione ma anche tanta creatività. È però vero che il sole è appena sorto e che quindi ci tocca iniziare le recensioni settimanali di questo nuovo ciclo siderale con un disco liberato poche settimane fa, quando ancora questo venti ventidue scalciava nel ventre di Euterpe.
Ed è un sole che ha deciso di specchiarsi nelle acque che ci baciano da nord-ovest. “Canzoni di mari”: è questo il titolo dell’album di Federico Marras Perantoni che così debutta raccogliendo il vento del Golfo dell’Asinara facendone energia per il suo veliero. Il nostro parla di «vocazione piratesca» delle dieci tracce che compongono il disco; e sebbene chi scrive, per background vissuto e per immaginario percepito, lasci il Jolly Roger ai legni di rum irrorati dai Running Wild, qui i prigionieri ci sono lo stesso. Prigionieri costretti all’ascolto dell’opera intera nel suo dispiegarsi tra luoghi e personaggi rivisitati e cuciti su strutture musicali acustico-ecumeniche.
Dentro c’è tanto. Ci sono i piedi piantati nella Sassari “in versi” delle gobbule e in quella “a voci” nel mercato del pesce; ci sono gli sguardi alla Corsica e al suo 8 dicembre, quando nell’isola gemella la terra dei padri la si celebra invocando la madre de deus; c’è l’incedere manouche e ci sono le marze di varianti Delta di altri Golfi nel portainnesto Mediterraneo.
Il disco, al quale partecipano artisti del calibro di Alessandro Zolo, Maurizio Pulina e una decina di altri musicisti de primore, è avvolto nella galana grafica realizzata da Peppino Anfossi.
Come già è accaduto recentemente per altri artisti della striscia di Torres (si vedano i “Basgi da l’intorriu” di Futta) anche questo album contribuisce al manifesto linguistico della nostra terra, con la bellezza del sardo-corso occidentale che proprio nel Golfo dell’Asinara si affaccia per gridare al mondo il suo elevato lessico e le sue incantevoli sonorità spesso derubricati o banalizzati. Piace così ritornare a un passato quasi mai raccontato, quando il mare nostrum aveva la sua lingua franca. Ecco, semmai di questa lingua ce ne fosse nuovamente bisogno e semmai si dovesse pescare anche da questo universo di Golfi e Bocche per comporne il codice, sarà certamente grazie a queste nuove espressioni turritane.