Recensione di Alberto Dessì
Quando cantautorato e indie rock si fondono. È uscito “Carne“. Oggi etichettare una band sotto un genere ben definito è un’ardua impresa. Le contaminazioni e le continue sperimentazioni rendono la classificazione fuorviante e complessa. Di conseguenza lo scompartimento “Indie” diventa il più comodo. Anche la band oristanese I Fiori di Mandy si colloca perfettamente nello “scaffale” IndieAlternative. L’ultimo EP del gruppo, “Carne“, è uscito ad inizio settembre ed è la loro seconda fatica, dopo “Radici” del 2016.
L’EP
Nell’EP troviamo un mix di cantautorato e rock moderno, con dei picchi notevoli nella ricerca e nell’attenzione alla scrittura che prende direzioni costantemente critiche e disilluse.
Dapprima su argomentazioni di tipo sociale fino ad una malinconia di sfondo con tematiche come l’amore e l’amicizia in una chiave ruvida e potente che poi si scioglie in autentiche ballad con cori ed echi.
Tutto questo abbraccia una ricercata composizione strumentale dove le influenze variano da un rock più classico, quello caro alla tradizione italiana degli anni ’90, a giri di basso che, da seriali e secchi in chiave “post”, si evolvono in ottimi attacchi che sovrastano arpeggi e accordi mettendo quasi in secondo piano le parti melodiche di chitarra che risultano piacevoli e non troppo banali.
Il brano che apre l’EP è Invadere , primo singolo estratto dal quale è stato tratto anche un video (abbastanza ruvido, ma che rende bene il concetto).
Iprimi secondi preannunciano una classica attitudine pop rock italiana, alla Afterhours, per capirci, ma in seguito il brano si evolve in altre direzioni, grazie ad arpeggi di chitarra che, sfociando in sfuriate distorte, danno un notevole senso di dinamicità .
Con la seconda traccia, Karter, abbiamo un’anticipazione del leitmotiv dell’intero EP. Infatti suona come una ballad, con particolari stacchi che ne spezzano la monotonia e spiazzano l’ascoltatore.
La costruzione con giri di basso e chitarra che si accompagnano mai banalmente è indice dell’ottima versalità tecnica dei giovani oristanesi.
Con In Virtù del Piovere, Quelli di Ieri e Mandria abbiamo modo di ascoltare una geometria di giri di basso.
Questi giri di basso sono sostanzialmente indipendenti dal resto delle linee, ma esaltano sia le chitarre che il cantato, a volte leggermente dissonante rispetto alla melodia, soprattutto in Quelli di Ieri.
I testi, ricchi di metafore e figure retoriche, rimangono comunque ben scritti e coinvolgono emotivamente l’ascoltatore riuscendo a dare un valore aggiunto a tutto l’EP.
L’EP termina con Tra le Storie, La Storia, il brano che che alza decisamente il livello del disco.
Un buon lavoro
l lavoro compositivo è veramente molto buono. È consigliato soprattutto agli ascoltatori di rock italiano come N.N, Timoria, Renga, Marlene Kuntz e simili, che non potranno non riconoscere la forza della giovane band nel proporre la “vecchia maniera” in chiave contemporanea.
Ma anche chi apprezza il cantautorato sperimentale di Iosonouncane non rimarrebbe deluso. Il mixaggio probabilmente non rende giustizia alla composizione. Ma siamo sicuri che questo disco fungerà da ottima base per progetti futuri che I Fiori di Mandy, che hanno tra l’altro vinto due contest isolani per band emergenti, continueranno a proporre.