Michele Uccheddu è un percussionista che nel tempo si è avvicinato alla musica elettronica, passando per il Conservatorio di Cagliari, fino a fondare un’etichetta, la SUPRANU RECORDS, che raccoglie alcuni tra i migliori interpreti del genere nel cagliaritano, e non solo. L’etichetta, oltre a essere la promotrice del Collision e del Supranu Festival, propone un approccio alla produzione musicale inusuale per le nostre latitudini: partecipato, inclusivo, condiviso e aperto alle contaminazioni, alle diverse forme di espressione artistica e ai nuovi orizzonti. Per la nostra rubrica “È tutta scena” gli abbiamo fatto un po’ di domande a riguardo.
Ciao Michele, ti sei laureato in musica elettronica, con specializzazione in musica e nuove tecnologie al Conservatorio di Cagliari. Hai scoperto in conservatorio quel mondo o ti sei iscritto al corso perché già sperimentavi e volevi approfondire il discorso?
Ciao Simone, non sarà una risposta breve, e mi scuso per questo. Sono stato formato da un insegnante privato di pianoforte dall’età di 5 anni e a 12 ho iniziato con le percussioni. Ho studiato sia da autodidatta che con il supporto di maestri e videotutorial. Una volta raggiunta una certa confidenza con i ritmi latini e afrocubani grazie alle congas, il mio strumento preferito, ho iniziato a relazionarmi con il pubblico durante i live con cover-band blues. Solo in seguito mi sono aperto alla musica contemporanea ed elettronica.
In quel periodo, tra un concerto e l’altro, ho conosciuto una band alla quale devo molto, The Scuttlebutt, con Alessandro Unali al sax, Michele Bruera al basso, Matteo Leone alla batteria e Matteo Dessi alla chitarra, con i quali ho potuto iniziare a sperimentare, sia con la musica che con lo strumento. Proprio grazie a Matteo nel 2009 mi sono avvicinato alla musica contemporanea, con la prima esperienza con Snake Platform di Daniele Ledda. Da quel momento ho iniziato a sentire una spinta forte verso la sperimentazione e l’arte contemporanea, che mi ha aperto al mondo elettronico e ha ampliato la mia ricerca sonora.
Mentre studiavo informatica alla Sapienza, ho iniziato a muovermi nella produzione musicale con Daniele Ciocio, ora conosciuto nel mondo della techno con il nome di Dj Craft, grazie al quale ho iniziato ad approcciarmi a software come Reason, Ableton e Cubase, prima, e Protools e Logic in seguito. Grazie a mia madre e a Paolo Mulas ho saputo dell’esistenza di un corso di Musica Elettronica al Conservatorio di Cagliari e scrissi subito al docente Elio Martusciello, con il quale ho poi iniziato i miei studi.
Per concludere, la risposta alla tua domanda è “si”, al conservatorio ho scoperto un mondo che non conoscevo, ma avevo l’esigenza di studiare per poter dare un senso alla mia ricerca. Ed è grazie a questo che faccio quello che faccio oggi.
Quale legame credi ci sia tra l’istituzione di un corso come questo e la new wave di musica elettronica che abbiamo visto emergere in Sardegna negli ultimi anni? L’istituzione del corso ha raccolto un’esigenza preesistente sul territorio, ha contribuito a crearla o entrambe le cose?
Sicuramente c’è un legame forte, ma non è dovuto esclusivamente alla scuola. Ci sono moltissimi musicisti che non sono mai passati su quei banchi e che hanno perseguito strade diverse, influenzati da altre tendenze, magari durante esperienze lavorative fuori dall’isola: a Londra, Berlino, Bologna, Milano, Roma, Torino, città molto attive nel mondo dell’elettronica e, più in generale, nella musica e nelle arti contemporanee.
Il corso di Musica Elettronica non è nuovo, ha una storia di sperimentazione che parte con i primi corsi attivati agli inizi degli anni ‘90 per iniziativa di Franco Oppo.
Il percorso di studi negli anni è cambiato parecchio, sia per l’ammodernamento delle pratiche di insegnamento, sia per le peculiarità degli insegnanti. Un esempio è Myriam Quaquero, insegnante di Storia della musica elettronica che con i suoi metodi di insegnamento e la sua capacità di gestione, ha aperto universi infiniti nelle menti degli studenti, me compreso. Una persona alla quale devo moltissimo. Ma anche Sebastiano Giacobello, che tiene il corso di Filosofia della musica, ora diventato laboratorio di ricerca, o Alessandro Olla e Fabrizio Casti, grazie ai quali ora è possibile esplorare le diverse forme d’arte.
C’è anche da valutare la crescente esigenza dei giovani di approcciarsi al mondo della musica, accentuata negli ultimi decenni dalle nuove tecnologie e dalla digitalizzazione: oggi è più probabile iniziare su Ableton che comprarsi delle Congas. Così come è più facile produrre e pubblicare musica da indipendenti e accedere a canali come Bandcamp e Spotify, ormai diventati degli standard.
L’insularità forse ha spinto gli artisti a coltivare la curiosità in modo più radicale rispetto a chi vive già circondato da una realtà artistica attiva. Basti pensare a quante città nel mondo sono conosciute come baluardo di generi specifici e dominanti, nelle quali chi si approccia alla musica può trovare quello che cerca al primo colpo. In Sardegna non è così: c’è di tutto e più si è isolati più si va alla ricerca di qualcosa di nuovo, come se la nostra innovazione sia proprio racchiusa dentro un’influenza globalizzata, che riportiamo sull’isola ogni volta che torniamo a casa.
A quell’ondata la tua etichetta SUPRANU Records ha dato un apporto importante, sia in termini di produzione musicale che di allargamento mediatico dei confini del genere. Curate tutti gli aspetti legati alla produzione prettamente musicale: grafiche, banner, comunicazione stampa e social, pubbliche relazioni, management artista e mastering. Ci sono dei vantaggi particolari nel lavorare in questo modo sinergico e in qualche modo estraneo alla produzione sarda?
Per mix e mastering, nonostante gli artisti siano liberi di fornirli a loro piacimento, abbiamo deciso, per tutti i lavori pubblicati da SUPRANU, di affidarci allo studio Tera Mastering di Marco Vincis, che contribuisce anche con nuove idee, nuovi contatti e preziosissimi feedback. Il mix è affidato spesso a Nicola Costa, soprattutto per i lavori di Lcc01234art.
Il modo di lavorare sinergico è dovuto all’esigenza di ricerca da parte del collettivo SUPRANU: l’etichetta nasce per promuovere musica sperimentale, non solo in Sardegna, ma anche in Europa e nel resto del mondo. Uno dei suoi obiettivi è quello di entrare in contatto con nuove realtà, come artisti, associazioni o istituzioni, e creare connessioni senza forzature, in maniera naturale. I vantaggi sono pochi, in termini di tempo, energie e risorse, e di certo è un lavoro più orientato alla ricerca che alla produzione intensiva.
La ricerca è rivolta alla scoperta di nuove metodologie, di nuove tecniche di comunicazione, di soluzioni rapide di digitalizzazione e nuove piattaforme online. Per dare spazio a tutti gli artisti e alle esigenze di produzione di lavori poco canonici, con metodi non canonici, c’è bisogno di esplorare in continuazione, anche andando a tentativi. SUPRANU non punta alla vendita di migliaia di dischi, ma gioca con i tempi, cerca soluzioni e metodi innovativi, utilizza le piattaforme più a scopi artistici che speculativi per una produzione fine a se stessa.
La cura delle grafiche per i vostri lavori, la visual art, i quadri di Jenni Österlund, i video, alcuni dei quali divulgativi e dimostrativi, pubblicati sul vostro canale Youtube, ribatezzato SPRN///TV, e il merchandising presente sul vostro store, denotano una grande attenzione a tutti gli aspetti mediatici e comunicativi del vostro lavoro. Quale credete sia il valore aggiunto conferito da tale attenzione?
Ogni membro del collettivo ha una sua peculiarità, per questo il lavoro è suddiviso in campi specifici, nei quali ogni artista partecipa attivamente per la realizzazione del prodotto. Questo significa che ogni artista assume un ruolo preciso secondo esigenze condivise e concertate nei nostri incontri, durante i quali si concorda il migliore modus operandi per ogni produzione. I partecipanti possono decidere anche di investire nella produzione, non solo il tempo, ma anche il denaro. Inoltre, tutte le produzioni di SUPRANU vengono catalogate e documentate, uno dei lavori più importanti che permette di raccontare al pubblico i processi di produzione.
Non cerchiamo solamente di produrre musica, ma lo facciamo dando la possibilità agli artisti di esprimersi liberamente, proprio grazie a una comunicazione che coinvolge tanto l’esperienza personale, quanto il processo creativo. Le collaborazioni sono l’essenza di questo percorso e questa è una modalità che ci permette di superare i confini, non solo geografici, e che ci differenzia dalle normali etichette.
Dopo la laurea al Conservatorio di Cagliari, hai frequentato un master in Arte e cultura Università di Vaasa in Finlandia che aveva un indirizzo prettamente imprenditoriale. Hai preso lì gli input per la creazione dell’etichetta e per questa organizzazione del lavoro?
Si, l’etichetta è nata proprio in seguito a quel corso, Music Profile, grazie al quale ho potuto confrontarmi direttamente con diversi attori del processo di produzione. Come il direttore della Warner Music Finland, con il quale ho potuto interfacciarmi e proporgli la mia idea; Music Finland, un publisher che supporta gli artisti con consulenze mirate a trovare una linea di azione per aprirsi al mercato musicale; la radio nazionale Yle, dove abbiamo visto da vicino i meccanismi della programmazione radiofonica. Per la parte pratica di sound design e mix, sono stato anche diversi studi in Svezia, all’Accademia Music Makarna e alla Sugar House Publishing.
Durante il corso ci si confrontava con figure professionali, che ci davano feedback sul lavoro di produzione e su quello di comunicazione, brand e management. Alla fine abbiamo conseguito una laurea in musica, un Double Degree, nel mio caso in Arte e Cultura dello Stage, grazie alla quale, in Finlandia, sono inquadrato come professionista e posso lavorare ufficialmente nel mercato musicale, con la possibilità di aprire una “company”, l’equivalente di una partita iva in Italia.
L’etichetta, oltre al tuo progetto solista 03SIDIAN, conta oggi una decina di artisti, anche abbastanza diversi fra loro: L;ç°°ç, Human Escape, La stanza nel deserto,, Liquid Stone Trio, stziopa, SANĀTANA, Claudio Rosa, Marco Ferrazza, Juergen Groezinger. In che modo siete arrivati a loro? O in che modo loro sono arrivati all’etichetta?
Gli artisti presenti in etichetta sono entrati in diretto contatto con me e poi con il resto del collettivo. La decisione di aprire la produzione musicale a progetti riguardanti artisti particolarmente impegnati in una ricerca artistica personale, ci ha portato a pubblicare prevalentemente lavori non allineati e non inquadrabili nelle produzioni canoniche.
Dopo una prima fase nella quale si è costituito un nucleo sardo, ci siamo aperti anche a produzioni internazionali, grazie alle collaborazioni trasversali di ogni singolo artista. Ora SUPRANU si sta espandendo e raccoglie collaborazioni con nuovi artisti in Italia e in Europa, sempre evitando di farlo in maniera mirata e agevolando gli incontri spontanei, per poi includerli nel collettivo, lasciandoli liberi di partecipare alle attività e coltivare un rapporto umano prima di quello prettamente lavorativo.
Voi stessi vi definite un collettivo, parola che ha assunto nel tempo significati, volendo, anche molto poetici per descrivere un aggregato di persone. Anche alla luce del vostro proposito dichiarato, “Culture and connections are the basis of our policy”, ci spieghi la ragione di questa scelta?
Collettivo per noi non è solo una parola, ma un modo di esistere, un modo di interpretare un attività artistica e culturale. Guardando al nostro lavoro, noterai che non elemosiniamo articoli, non ci rivolgiamo al pubblico in modo ammiccante e non cerchiamo a tutti i costi di farci notare. Questo perché vogliamo produrre cultura liberamente, tramite eventi e promozione di progetti e artisti che vogliono intraprendere un lavoro di ricerca e sperimentazione a lungo termine. Questo percorso di crescita viene condiviso anche a scopo educativo: in primis per noi che impariamo tutti i giorni cose nuove, confrontandoci con i continui cambiamenti dell’industria dell’arte, ma anche per il pubblico, che puo’ leggere sul sito le nostre testimonianze dirette, con le quali raccontiamo le modalità e i processi creativi. Per questo abbiamo iniziato anche un discorso SUPRANU Edu, nel quale vorremmo, un domani, allacciare contatti con le istituzioni, entrare nelle scuole e raccontare il nostro approccio. Ogni artista, solitamente, presenta anche workshop o laboratori legati al loro prodotto musicale, quindi ogni processo creativo non si concretizza solo con un album o un evento. I continui feedback che arrivano dai meeting e dalle riunioni sono diventati di primaria importanza nei processi creativi e rafforzano le potenzialità del collettivo, all’interno del quale ogni progetto viene concertato e tutti lavoriamo per la loro realizzazione.
A luglio di quest’anno ha visto la luce anche la prima edizione di Music For Future, festival organizzato dal vostro collettivo in collaborazione con Ottovolante Sulcis (Italy) e Collision Festival (Finland) e che ha visto la partecipazione di 8 artisti di cui 5 live set e 3 selezioni musicali. Tra i vostri intenti c’era quello di “promuovere e salvaguardare una realtà artistica in crescita” e di creare “dialogo e connessione tra le persone”, partendo dal presupposto che il festival potesse rappresentare, per gli artisti “un momento importante di condivisione del proprio lavoro con il pubblico” e che lo scambio di opinioni e la condivisione di esperienze fossero “importanti vettori di cultura e conoscenza”. Tutte parole molto belle e intenti altrettanto nobili, ma alla fine, i vostri propositi si sono realizzati?
Direi di sì. Nonostante le difficoltà incontrate in questi anni, SUPRANU, proprio grazie al collettivo, ha sempre cercato di creare, per gli artisti, diverse occasioni durante le quali esibirsi e lavorare, a partire proprio dalle nostre collaborazioni e dai nostri spazi, nei quali è possibile proporre i propri artisti e far incontrare realtà diverse tra di loro.
Una delle vocazioni di SUPRANU è proprio quella di raccogliere, promuovere e stimolare i progetti che nascono dalle collaborazioni personali degli artisti, anche creando occasioni nelle quali gli artisti stessi possono esibirsi. Esempi di questa volontà sono proprio il SUPRANU Festival, il COLLISION Festival, la collaborazione musicale con Ottovolante e, da quest’anno, il Malakta Art Factory e la Platform Rf, mentre il sito resta il “luogo” nel quale, a scopo educativo e divulgativo, si archiviano gli articoli e la documentazione delle produzioni.Quest’anno siamo entrati in contatto con nuovi personaggi chiave della scena (come Enrico Sesselego), con i quali stiamo lavorando per ramificare il più possibile le nostre attività nel territorio e nei vari festival, nazionali e internazionali, creando più opportunità per il pubblico isolano e gli artisti. In collaborazione con diverse associazioni culturali, in futuro vorremmo ampliare la nostra offerta, soprattutto sul piano educativo, con workshop e laboratori aperti al pubblico.
In questi anni abbiamo anche cercato di costruire un ponte tra la Finlandia e la Sardegna, finanziando la partecipazione di artisti sardi a eventi in Finlandia e viceversa, nel tentativo di portare due realtà, che altrimenti difficilmente potrebbero incontrarsi, a conoscersi e collaborare tra loro, portando aria fresca a entrambe, promuovendosi a vicenda nei rispettivi territori e instaurando collaborazioni durature.
Proprio quest’anno, grazie al lavoro che svolgo in Finlandia con l’associazione Malakta, ho avuto l’onore di partecipare, come artista e rappresentate finlandese, al festival delle culture nordiche presso Nuuk, in Groenlandia, dove sono entrato in contatto con altri operatori culturali, con i quali abbiamo avviato delle produzioni tra Norvegia, Svezia, Islanda e Finlandia.
La Finlandia ha molto da offrire e, soprattutto, è in cerca di un’identità culturale e artistica, presupposto che si sposa bene con le nostre politiche. Finanziamenti e fondi istituzionali mantengono in piedi l’apparato artistico nazionale, promuovendo lo spostamento, con sovvenzioni per tour, produzioni, eventi internazionali e riposo. Si, in Finlandia è possibile chiedere fondi per riposarci, svagarci e ricaricarci!
Detto così sembra il paradiso, ma ricordatevi anche che fuori, mentre scrivo, i termometri segnano -25 °C.
Concludo ringraziandovi per questa intervista e invitando i lettori a visitare la nostra pagina per approfondire tutto quello di cui abbiamo parlato in questa intervista.