È tutta scena! – Intervista a Riccardo Pittau

Claudio LoiÈ tutta scena!, Interviste

. e il vento della Marmilla.

Seadoor50: 50 ore di musica a partire dal tramonto dell’11 agosto fino al tramonto del 13 agosto, all’interno del parco archeologico Genna Maria di , per festeggiare il 50esimo compleanno di Riccardo Pittau e sostenere la raccolta fondi nella causa che vede impegnato il territorio della Marmilla nella battaglia contro la speculazione eolica. 

Riccardo Pittau è il creatore di questa “lucida follia” culturale e politica. Ha coinvolto 30 artisti che si sono esibiti gratuitamente all’interno del sito archeologico Genna Maria (da cui il nome del progetto) per dare voce e suoni a una protesta popolare che riguarda lo sfruttamento indiscriminato di un territorio e delle sue ricchezze naturali e storiche. Riccardo Pittau ha lavorato a lungo su questa idea. Ha costruito una sceneggiatura che è servita da guida per i musicisti che comunque sono stati liberi di proporre la loro musica. Gli artisti che hanno aderito all’iniziativa sono: Lorenzo Balia, Alessandro Garau, Simone Sedda, Nicola Vacca, Stefano Vacca, Stefano Casti, Sebastiano Dessanay, Matteo Muntoni, Adriano Orrù, Davide Sardo, Silvia Corda, Andrea Sanna, Alessio Zucca, Michele Deiana, Ignazio Cadeddu, Luca Marcia, Roberto Massa, Raffaele Pilia, Paolo Angeli, Giuseppe Joe Murgia, Francesco Sangiovanni, Francesco Nurra, Irene Salis, Stefania Lai, Antonella Puddu, Michela Sale Musio, Tiziana Troja, Valentina Puddu, Remo Scano, Massimiliano Toro e immagino sia un elenco che si è evoluto in corso d’opera.

Credits Riccardo Pittau

Ho incontrato Riccardo il 12 agosto, di pomeriggio, più o meno a metà del concerto ed era già abbastanza stanco e provato ma pieno di vigore e voglia di portare a termine il progetto. Traspariva una forte emozione e una concentrazione totale necessaria alla gestione dell’evento. L’ho visto suonare, soffiare nella sua tromba, manipolare dispositivi elettronici, riposarsi su un giaciglio preparato per l’occorrenza, salutare gli amici, godersi questa strana avventura. La lunga suite si è sviluppata in parte all’interno del bosco che circonda Genna Maria e in parte su una radura panoramica da cui si poteva allungare lo sguardo verso il tramonto o tuffarsi nelle suggestioni delle rovine nuragiche. In quel frangente ho intravisto anche lo spirito benefico di Giovanni Pusceddu che di questi luoghi è stato un protagonista assoluto e un instancabile sognatore che di sicuro avrebbe apprezzato questa incredibile sfida.

A distanza di qualche giorno ho sentito Riccardo Pittau e abbiamo parlato di Seadoor50, di musica, di politica, di uomini e idee, di speranze e di un’isola che ha bisogno di tante attenzioni. Ci siamo lasciati citando il nostro comune amico Bob che diceva che “The answer is blowin’ in the wind” con la speranza che sia quello giusto.

Riccardo, si è da poco conclusa l’esperienza Seadoor50, un evento che giustamente è stato definito “folle e visionario” e che ti ha impegnato per 50 ore consecutive senza contare tutta la fase preparatoria e tutto quello che seguirà. A posteriori come ti senti?

Se immaginavate un crollo alla fine resterete delusi come me, ho dovuto faticare per recuperare il sonno. Curioso che come dopo dei normali concerti da un’ora, un’ora e mezza, mi sia spesso sentito esausto e dopo questo abbia dormito solamente tre ore appena terminato e sia rimasto sveglio l’intera notte successiva. Ho dovuto appositamente ricorrere a soluzioni poco ortodosse come mangiare pesante, bere ed altro… per indurre il sonno, esultando al sopraggiungere dei primi sbadigli!

Credits Cinzia Tuveri

Seadoor50 è stata la festa dei tuoi cinquant’anni ma è stata soprattutto una presa di coscienza condivisa e partecipata. Non è stata soltanto un’esibizione musicale ma un atto politico, sociale, culturale, una posizione netta e pensata a lungo. Mi sembra di tornare indietro nel tempo quando la musica era veicolo di istanze e rivendicazioni sociali. E mi torna in mente tra le tante esperienze quella di We Insist! di Max Roach nel suo essere portavoce di una comunità, di farsi carico di quello che la sua gente andava chiedendo da lungo tempo. Anche questo è il ruolo dell’artista e della sua opera.

L’artista, al pari di tutti gli altri, fa il poco che riesce a fare. È passata l’epoca delle rivolte in strada e piazza, degli incatenamenti, delle proteste urlate e così via dicendo. Ormai il sistema conosce questo tipo di dissenso molto bene e lo sa neutralizzare senza sforzo. Viviamo in una società malata che si nutre di dolore, disagio, e concepisce il vivere male come unica soluzione possibile. Basta pensare alle strutture sanitarie perennemente intasate, al cittadino sempre vessato, costretto a farsi carico di una burocrazia da fare impallidire un Torquemada cinese, educato alla prevaricazione per la sopravvivenza, riempito di brutture, cronaca nera e pornografia, sedato con canzoncine demenziali in pubblicità idiote… L’unica possibilità per uscire da tutto questo è appunto uscirne, facendo tutto ciò che non è previsto e non è richiesto, scardinando la logica di un mondo che comunque andrà avanti per la sua strada fino all’inevitabile autodistruzione. Gli anni del covid sono stati una chiara spia che ha creato una spartizione netta delle acque, dove nel mondo vecchio si è scatenata una guerra intestina senza precedenti tra vax e no-vax, mentre chi ha capito si è fatto da parte e con un basso profilo mimetico ha continuato facendo tesoro di quell’esperienza. Vinceremo se usciamo da questa illusione, e nessun partito potrà mai salvarci.

Credits Cinzia Tuveri

All’ingresso dell’area archeologica di Genna Maria un manifesto indicava la strada da seguire: “1409 Sa Battalla. 2023 Nuova Battalla. Contro le multinazionali delle pale eoliche”. Lo sfruttamento dei beni condivisi – in questo caso l’aria e il vento – è sempre un argomento di grande preoccupazione. Quando i beni primari come l’acqua, l’energia, la salute, l’istruzione vengono lasciati al libero mercato arrivano nelle mani delle multinazionali e iniziano le speculazioni. Una battaglia difficile che non sarà facile vincere ma assolutamente prioritaria.

Meno male che non ho visto quel cartello, non me ne vogliano i cari amici di Villanovaforru che non finirò mai di ringraziare, ma se l’avessi visto l’avrei fatto levare! Solo ai sardi poteva venire in mente di dare a tutto questo il nome di una battaglia persa! Mi viene in mente la barzelletta del paziente che prima della rettoscopia non temeva l’eventuale dolore, ma il fatto che potesse piacergli. Ecco, non è che i sardi soffrano della stessa sindrome e in realtà sperino intimamente di perderle le battaglie? Essere colonia è zona di comfort. Basta pensare alle parole “Procurade e moderare” riferite alla tirannia. Cosa devono moderare? Picchiateci ma piano? Impiccateci a uno a uno anziché a dieci a dieci? Non affamateci del tutto ma solo a metà? La tirannia moderata. E questo dovrebbe essere il nostro inno? La dice tutta. Così come ho sentito che ci vuole una nuova Pratobello… peccato che Pratobello fosse una e stavolta sono trecento… non può funzionare. Anche se personalmente candiderei piuttosto la canzone di Rubanu come nostro inno.

Credits Mara Casti

Un altro cartello a Genna Maria faceva chiarezza su alcune ambiguità emerse in questi giorni: “Sì energia pulita. No speculazione ed eolico selvaggio”. Credo che questa sia un punto cardine da tenere sempre presente per evitare facili speculazioni demagogiche. L’energia pulita – come l’eolico e il solare – ha bisogno di regole e di controlli severi. Questa cosa è sfuggita al controllo della politica (volontariamente o meno…) e va assolutamente riportata nella giusta direzione. 

RP. Si appunto, come i cappotti termici, le auto elettriche… Tutto dev’essere green ma sempre a scapito delle fasce più deboli. Siamo obbligati a smaltire a pagamento l’eternit che ci fu imposta come il futuro, ad adottare comportamenti irrilevanti mentre si continua ad inquinare a oltranza distruggendo il pianeta. Comprare plastica, una materia nata per durare in eterno e usata ed abusata per ogni piccola cosa usa e getta, e poi ripagare per smaltirla. E tutta una scusa per accumulare, accumulare e ancora accumulare denaro succhiando il sangue ai molti che non ne hanno perché è più facile. C’è differenza dalle tassazioni del medioevo e della storia antica? Io non ne vedo. Ma magari allora non erano ancora alienati del tutto, o come dice un mio amico: erano scusati.

“La memoria non si inganna. La Sardegna non si vende”. Un altro cartello, un altro monito per tenere viva l’attenzione verso la gestione delle cose pubbliche. La nostra isola è un organismo delicato e fragile e va custodito con la massima attenzione. Per anni siamo stati terreno di sfruttamento selvaggio senza nessun beneficio collettivo. Dalla petrolchimica all’occupazione militare passando per politiche di sviluppo turistiche elitarie e ad alto impatto ambientale. Insomma c’è ancora molta strada da fare.

La strada non sarebbe molta se si avesse chiaro che tutto questo è assurdo. Ma se si continua a dire che una una raffineria petrolifera in “cuddu mari chi parìat cristallu” (E. Danese) che crea 100 posti di lavoro, è una cosa positiva anche se ne ammazza 200 all’anno i conti non tornano. Ma non si lavorava per vivere? Perché in Corsica questo non accade? Finché si lasciano strade intitolate ai savoia (il minuscolo non è un refuso) e si tengono bandiere che sono l’equivalente della svastica sulla bandiera israeliana o della stella di David su quella della Palestina beh… la strada è davvero molta.

Credits Mara Casti

Parliamo di musica. Seadoor50 è stata una bella sfida anche da un punto di vista artistico. Tanti musicisti coinvolti, tante esperienze spesso di diversa estrazione e tu a fare da maestro di cerimonie e direttore d’orchestra. Una suite lunga 50 ore pensata prima dell’evento ma che si è evoluta in corso d’opera. Immagino che nella fase compositiva tu abbia trovato ispirazione nel vento, nell’aria, nei luoghi che avrebbero ospitato l’evento. Raccontaci un po’ di questa bella storia di suoni e di idee.

L’ispirazione mi è venuta durante una visita guidata al nuraxi (lo dico come lo diciamo noi del sud) seguita da un’osservazione notturna del cielo guidata da un’astrofisica sarda molto simpatica. La notte stessa rientrato a casa ho cominciato ad imbastire la suite, 50 paesaggi sonori della durata di un’ora ciascuno, molto elastici e modificabili in tempo reale che sarebbero serviti da spunto per le performance e mi avrebbero permesso di tirare il fiato per qualche oretta quando non avevo a disposizione altri performer oltre me. Nessuno l’ha mai saputo, ma ciascuno di questi blocchi porta il nome di una stella, poiché l’idea originaria era appunto quella di un viaggio astrale, e credo che in parte sia stato proprio così.

Immagino che questa esperienza avrà forti risvolti sulla tua attività di musicista. Cosa ci dobbiamo aspettare nel futuro, a quali progetti ti dedicherai superata la soglia dei 50 anni?

Magari! Ma ti giuro che non l’ho fatto con quell’intenzione. Ho creato finalmente una rete forte che volevo e dovevo fare da tanto tempo. Sicuramente vorrò documentarlo con tutti loro, in una bella riduzione di 50 minuti. Poi devo terminare il mio disco in solo e partire con altri progetti spericolati altrimenti non mi diverto! Sorprese in serbo (in tutti i sensi) ne ho tante.